“Io mi candido perché” è l’incipit che connota ogni elezione e svela l’impegno di molte persone, che di politica si intendono e non. Ma quest’anno, ancor più di altri anni, vediamo liste di partiti e movimenti civici assumere “colori” diversi perché la trasversalità è anche rappresentatività delle tante sfumature delle nostre città, del nostro Paese.
“Io mi candido” quest’anno però è soprattutto il manifesto politico dei tanti italiani con background migratorio, che si lanciano in una doppia sfida: convincere gli elettori a votarli e convincere i partiti che li candidano a dare concretezza alle promesse di una partecipazione sostenibile.

Io mi candido: Abdullahi Ahmed

A Torino per esempio, dove i cittadini di origine straniera aventi diritto di voto sono oltre quarantamila, in consiglio comunale da vent’anni non vi è un rappresentante di questa fetta di popolazione. Abdullahi Ahmed, cittadino italiano di origini somale, attivista dalla carriera “fulminea”, perché nel giro di 10 anni, dopo avere attraversato il deserto e il Mar Mediterraneo, ha fondato un’associazione e avviato progetti, ha deciso che un’altra traversata impegnativa è da farsi: diventare protagonista politico nel capoluogo piemontese, candidandosi con la lista del Partito Democratico al consiglio comunale.

Con la stessa determinazione, a Milano, Sana El Gosairi, italiana di origini marocchine, anche lei candidata al consiglio comunale con il PD, ha deciso di portare all’attenzione di una città che si definisce “internazionale” la carenza di rappresentatività dei molti cittadini di origine straniera e non solo. Una donna che si è fatta da sola verrebbe da dire e che ha conosciuto l’Italia seguendo la corrente che porta da Sud, precisamente in Calabria, dove è approdata a 18 anni per finire i propri studi universitari, verso il Nord, a Milano dove oggi gestisce una rete di Caf e un’associazione che si occupa di donne maltrattate e bambini.

Io mi candido: Maali Atila Sarih e Awa Diack

A scorrere le liste nei vari municipi si può notare però che il numero di candidati e candidate di origine straniera è davvero alto. Ancor più di quelli che hanno trovato spazio nelle liste dei consigli comunali. Questo è un segnale da cogliere con attenzione e le motivazioni si ritrovano nelle parole di alcune candidate a Torino. Maali Atila Sarih è una giovane italiana, nata e cresciuta nel quartiere Aurora, e che nonostante l’opportunità di correre per un seggio in consiglio comunale ha deciso di proseguire il lavoro con il quartiere che cura da anni. Maali considera la relazione con il prossimo fondamentale per scoprire e valorizzare la bellezza che si nasconde nelle pieghe delle difficoltà quotidiane della circoscrizione 7. In questo percorso Maali non è da sola, nella stessa associazione a prendere parola in questa campagna elettorale è una giovanissima italosenegalese, Awa Diack, candidata nella circoscrizione 6 con la lista Demos.

Awa e Maali

 

Io mi candido: Diana Paulescu e Ireneo Spencer

A differenza di altri anni, le campagne elettorali in tempo di pandemia sono sottotono, ma non è di certo il distanziamento sociale la causa. Le conseguenze della disaffezione politica sono evidenti e Roma è uno di quei laboratori civici e politici dove è tangibile la frammentazione. Sono ben 22 i candidati sindaco seppur i media ci propongono i soliti che tengono banco. E in questo marasma due candidati al municipio si sono fatti spazio per portare competenze e rappresentatività delle nuove generazioni italiane. Lei è Diana Paulescu, italiana di origine rumene e lui, Ireneo Spencer, è un italiano di origini capoverdiane. Entrambi romani, dall’orgoglio e accento marcato, sono impegnati da anni con il CoNNGI nell’associazionismo a livello locale e nazionale. Diana è una manager nel mondo della ristorazione, conosciuta soprattutto a Trastevere dove lavora, è candidata di punta nella lista PD al municipio I. Il suo impegno politico mira a rappresentare i tanti lavoratori della ristorazione, ma non rinuncia alle sue battaglie sociali, quelle che hanno dato origine anche al suo attivismo: la riforma della cittadinanza e il protagonismo politico degli italiani con background migratorio. Ireneo Spencer invece è candidato consigliere al municipio V con la lista Demos.

Othmane Yassine e Kaotar Garaoui

La nostra attenzione però non può essere riservata solo alle grandi città perché è in quelle piccole che il cambiamento ha già preso piede da anni. A Fermignano, piccolo comune nelle Marche, a sedere nel consiglio comunale già da cinque anni troviamo il neoavvocato Othmane Yassine, ideatore e promotore della carta dei sindaci sull’inclusione sociale, firmata da decine di sindaci, che si ricandida nella lista Fermignano Futura.
A Peschiera Borromeo, Kaotar Garaoui, studentessa universitaria e attivista, ha deciso di scendere in campo candidandosi al consiglio comunale con la lista Peschiera Riparte.

Una puntuale riflessione su tutto questo impegno e tutti questi candidati è doverosa, perché chiaramente è il tentativo di dare risposta ad una richiesta disattesa da anni. E non si tratta solo dei nuovi italiani, ma di tutta la cittadinanza. La voglia di partecipare al processo decisionale è viva, ma sono i percorsi e i modi che ad oggi fanno la differenza, includendo o escludendo i cittadini

Non è un caso che tutti i candidati citati fanno parte di una rete nazionale IDEM network, laboratorio civico e politico che mette insieme attivisti con background diversi accomunati dal bisogno di colmare il vuoto creatosi tra società civile e politica partitica. IDEM network risponde a questa esigenza ricomponendo interessi diversi ed abilitando energie nuove offrendo un percorso di formazione politica con un approccio “glocale” se si vuole dare sostanza all’essere ponti tra culture, comunità. D’altronde ad ogni elezione dobbiamo fare i conti con il solito spauracchio: essere “nota di colore” in una lista di partito privo di attenzione. Il rischio tocca tutti, perché basta essere giovane, donna, disabile o di origine straniera perché questa condizione diventi gabbia di una lettura politica correttamente strumentalizzante che riduce le potenzialità delle persone coinvolte.
Ma di certo non può generare quella distanza dove echeggia “la politica non mi interessa”. Al contrario, a costo del rischio, bisogna prendersi il proprio spazio politico-mediatico e farsi promotore di istanze che sicuramente danno voce ai tanti in attesa di essere ascoltati e riconosciuti. E intanto “io mi candido” è la scelta giusta perché è ora di essere protagonisti come ripete da settimane Siid Negash, candidato consigliere a Bologna. Siid, come tanti, è figlio di quella lunga storia italiana fatta di tira e molla di una legge – la riforma della cittadinanza – che stenta ad arrivare, ma lui, e noi con lui, ha deciso di dirigersi verso le istituzioni per portare le voci della strada. Le nostre voci.

Siid Bologna