Editoriale NuoveRadici.world

Eccoci di nuovo (quasi) allo stesso punto. Mascherati, distanziati, storditi e già furiosi per le limitazioni imposte alla nostra libertà di circolazione. La politica cerca compromessi, gli scienziati dibattono e lanciano appelli angosciosi, mancano medici ed infermieri per far fronte a una nuova emergenza. Ancora una volta non abbiamo imparato la lezione. In memoria dei medici di origine straniera che hanno lottato nelle terapie intensive, sacrificando la vita quando scarseggiavano i dispositivi di sicurezza, è doveroso dare spazio alle richieste di Foad Aodi, presidente dell’Amsi, l’Associazione dei medici di origine straniera in Italia, che torna alla carica: «Più di 77mila operatori sanitari non accettano più l’etichetta “invisibile” o “professionisti della sanità di serie B” e vengono chiamati solo per tappare i buchi o quando c’è carenza di medici». È stato il nostro refrain durante il lockdown e purtroppo ora ci tocca ribadirlo: in Italia il 65% dei medici stranieri senza la cittadinanza non sono stati presi in considerazione per assistere e curare i malati. Sebbene, tra medici e infermieri, manchino 56mila camici bianchi per sostenere il sistema sanitario che sta subendo di nuovo la pressione dei contagi da Covid.

Siamo mortificati, spiega Foad Aodi, perché nonostante il loro impegno e la disponibilità durante la prima fase della pandemia, gli specialisti e i medici stranieri non sono stati valorizzati. Nel decreto Cura Italia doveva essere previsto un articolo di legge per favorire l’accesso dei medici senza cittadinanza ma purtroppo poi non se ne è fatto nulla

Eccoci di nuovo quasi allo stesso punto. Mascherati, distanziati, storditi e già furiosi per le limitazioni imposte alla nostra libertà di circolazione. A chiederci se guarderemo lo stesso film horror. A vivere il giorno della marmotta. A vedere medici che vengono dall’Albania, da Cuba, persino dal Venezuela senza un provvedimento per favorire l’accesso a quelli che vivono e lavorano in Italia, soprattutto in strutture private, spesso precari. Un’altra stortura che mostra l’incapacità di programmazione e preparazione della politica davanti alla pandemia.

Torneremo a raccontare storie come quella della famiglia italosiriana, tutti medici, che ha creato un ambulatorio privato a Mira, dove a portarlo avanti ora è Rafi El Mazloum, 35 anni, medico legale, dopo che il Covid ha ucciso sua madre Samar Sinjab? O quella di Manuel Perez, rianimatore anestesista che ha perso suo padre Manuel Efrain Perez, stroncato dal virus mentre prestava assistenza volontaria, anche lui privo di dispositivi necessari a proteggersi? Gli infermieri di origine straniera torneranno ad essere determinanti in corsia, soprattutto nei posti più pericolosi, come le Rsa, dove molti di loro si sono ammalati? E dopo essere stati glorificati, incensati, sono stati poi ignorati quando hanno chiesto di avere maggiori tutele? Eccoci di nuovo qua, mascherati, distanziati, storditi e già furiosi a dover raccontare la stessa storia. Obbligati a chiedere a medici ed infermieri stranieri senza cittadinanza se è cambiato qualcosa, pur sapendo in anticipo la risposta.

Mentre ci prepariamo a raccontare di nuovo l’emergenza Covid attraverso il loro sguardo, vi segnaliamo qualcuno dei nostri articoli più recenti. Giulia Parini Bruno si è occupata della mixité sentimentale del nuovo millennio che combatte il razzismo anche sul web. Elisa Mariani ci ha raccontato la storia dell’orafo Mor Gueye e delle imprese artigiane che resistono al Covid nella Milano spaventata dai focolai e dall’eventualità di un nuovo blocco delle attività, mentre la nostra music editor, Mariarosa Porcelli, ha scritto del musicista italotunisino Marzouk Mejri del trio Fanfara Station. E sopratutto ha creato una nuova playlist sul nostro canale Spotify dove potete ascoltare le canzoni consigliate dai musicisti che intervista per essere mascherati, distanziati, storditi ma magari meno furiosi.

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