La tratta degli esseri umani in Nigeria continua. Cythia Aigbe della Cooperativa Eva ha attributo un valore pari a zero all’efficacia dell’editto dell’oba Eware II, re e massima autorità religiosa di Benin City, contro la tratta. Aigbe è una delle esperte nigeriane sul tema che hanno partecipato alla tavola rotonda che si è tenuta lo scorso 16 aprile dal titolo La trasformazione delle modalità di assoggettamento delle vittime di tratta nigeriane a scopo di sfruttamento sessuale, organizzata dalla Cooperativa Dedalus, da Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), da Weavers of Hope e da Spazi circolari.

L’editto del 2018

Nel 2018 l’oba Eware II ha promulgato un editto che annullava tutti i giuramenti imposti alle vittime di tratta da parte dei trafficanti. In diverse culture della Nigeria, infatti, le organizzazioni criminali rapiscono e costringono ragazze alla schiavitù sessuale tramite un rito religioso che impone loro la sottomissione, pena maledizioni di ogni tipo. L’editto avrebbe dovuto liberare le vittime dal ricatto religioso e agevolarle nella denuncia degli sfruttatori. Ma gli esiti del provvedimento non si sono rivelati efficaci come si sperava, anzi, cinque esperte di tratta e attiviste nigeriane hanno raccontato come non sia servito ad arginare la tratta.

La situazione in Nigeria

«In Italia l’oba di Benin City è stato confuso come la carica religiosa al comando in tutta la Nigeria» spiega Blessing Okoedin, dell’associazione Weavers of Hope. «Questo non è vero. Il fenomeno della tratta in Nigeria viene associato esclusivamente all’Edo State e anche questo è un errore. L’Edo State è solo uno dei 36 Stati nigeriani e Benin City è solo una delle 18 provincie dell’Edo State. Non tutte le ragazze vittime di tratta vengono da Benin City, l’editto non è valido ovunque. La violenza sulle ragazze e sulle famiglie da parte dei gruppi occulti è aumentata». Racconta Smath Ene Emmy di Arci:

Le ragazze che qui in Italia sono inserite nei progetti di aiuto continuano a ricevere minacce

«Sono costantemente sotto pressione, raccontano di come questi uomini continuino a minacciarle, ad appiccare fuoco alle case di famigliari, ad attaccare figlie, padri e zii. C’è stata, per breve tempo, fede nell’editto dell’oba ma dato che non sono seguite conseguenze reali, poco è cambiato».

La tratta in Europa

Ad oggi il problema della tratta continua ad essere grave per il Paese. Secondo il Global Slavery Index le persone ridotte in schiavitù in Nigeria sono 1 milione e 300 mila e, secondo l’Agenzia Nazionale per la Proibizione del Traffico di Persone, solamente il 2% di loro vengono deportate fuori dal Paese. Rispetto al totale, il numero di donne trafficate all’estero è molto più piccolo, ma viene comunque considerato un’urgenza per l’Europa che ha incluso la Nigeria nel processo di esternalizzazione dei diritti dell’emigrazione delle vittime di tratta (e non solo), in barba a tutte le norme nazionali e internazionali in difesa dei diritti umani. L’esternalizzazione dei diritti dell’emigrazione viene definita dall’Asgi come «L’insieme delle azioni economiche, giuridiche, militari, culturali, prevalentemente extraterritoriali […] volte ad impedire o ad ostacolare che i migranti (e, tra essi, i richiedenti asilo) possano entrare nel territorio di uno Stato al fine di usufruire delle garanzie, anche giurisdizionali, previste in tale Stato, o comunque volte a rendere legalmente e sostanzialmente inammissibili il loro ingresso o una loro domanda di protezione sociale e/o giuridica».

I diritti negati alle vittime di tratta

In sostanza, in virtù degli accordi presi al vertice de La Valletta tra Ue ed Unione Africana del 2017 e con l’utilizzo dei Fondi fiduciari per l’Africa, in Nigeria sono state finanziate ong e rifugi anti-tratta per arginare il fenomeno e diminuire il rischio per le donne nigeriane di essere di nuovo intercettate dai trafficanti, per lo meno sulla carta.

Lo scopo è quello di garantire ai Paesi europei il via libera ai rimpatri delle vittime sul territorio

Come spiega Smath Ene Emmy, l’impegno dei rifugi finanziati resta incompiuto, dato l’alto grado di corruzione delle forze dell’ordine nigeriane, lo sfruttamento sulle donne operato dalle famiglie stesse e la resistenza dei trafficanti a qualsiasi deterrente giuridico. Tutto ciò rende quasi impossibile per le ragazze rimpatriate lasciare l’aeroporto in sicurezza verso le case rifugio. Gli sforzi europei in Nigeria combaciano con la condotta italiana nei confronti della Libia, che ignora le violazioni sistematiche dei diritti umani per negare in generale il diritto all’emigrazione.