Cheikh Diattara e Valeria Zanoni ricorderanno il 2020 come l’anno in cui hanno deciso di credere nel loro progetto sartoriale, KeChic (anagramma di Cheikh), in cui la produzione ruota intorno al wax, il tessuto di cotone dai colori brillanti che veste l’Africa occidentale e in particolare il Senegal. Accolgono NRW nel loro laboratorio e mostrano alle grucce i modelli degli abiti per la vendita: «I nostri sono capi su misura, quelli appesi sono solo prototipi: scegli la foggia, poi il tessuto», spiega Valeria Zanoni, indicando le pile di stampe sullo scaffale, sotto lo sguardo benevolo del suo socio, che, tra i due, è quello che sa usare la macchina da cucire.

L’incontro a Milano

Raccontano di essersi conosciuti due anni fa, al Parco Sempione: lei stava volantinando per pubblicizzare un world market che si sarebbe tenuto la settimana dopo e ha incrociato il capannello della comunità senegalese che si trova al parco ogni domenica. Sono diventati amici, ma ancora non immaginavano come avrebbero potuto lavorare insieme. Lui sarto, oltre che un giocatore di basket in carrozzina, prima a Cantù poi nel Basket Seregno Gelsia, militando in serie B, lei da sempre nel settore della comunicazione e nell’organizzazione di eventi.

Cheikh Diattara produceva già abiti ma vendeva poco, poi l’idea: unire il tessuto wax a tessuti e forme più europee, per tutti i giorni. «Mi sono iscritto a un corso di modellista sartoriale della Scuola di Sartoria Teatro della moda, diretta da Alessandro D’Ambra, che ha creduto nel nostro progetto, e a uno di lingua italiana per stranieri», racconta.

So io le difficoltà che ho affrontato, ma quello che ho imparato nella vita è che bisogna sempre andare avanti: mostrare agli altri ciò che si sa fare e fare di più

KeChic nasce in lockdown

Nel novembre 2019, la svolta: il Politecnico di Milano contatta KeChic per inserirli in un percorso di formazione dedicato all’imprenditoria straniera in Italia della durata di sette mesi promosso dalla Singa Business Lab, con inizio il 3 marzo 2020. Valeria Zanoni si accalora raccontando le difficoltà pratiche – connessioni traballanti, compagnie telefoniche che si negavano al telefono – a cui sono andati incontro non potendo più seguire le lezioni insieme a causa del lockdown, pur abitando nella stessa città, ma, conclude, non hanno desistito, favoriti, se così si può dire, da una situazione in cui il campionato era stato sospeso e l’organizzazione di eventi era impensabile.

Verso la fine del corso, questo autunno, ci siamo trovati sul trampolino di lancio: si trattava di decidere se KeChic fosse un hobby o un lavoro e abbiamo scelto di crederci. Cercavamo uno spazio per farne il nostro atelier e, altra coincidenza fortunata, abbiamo incontrato chi ci ha affittato il posto giusto

Ma la base della sartoria sociale KeChic non è solo l’atelier-laboratorio di via Arese a Milano. A Dakar hanno coinvolto il Centre Handicapé, dove Cheikh Diattara ha imparato il mestiere di sarto dopo aver perso l’uso delle gambe a causa della poliomelite, e l’associazione Des handicapès moteurs de Guèdiawaye. Ed è prevalentemente dal Senegal che provengono le stoffe wax (benché la produzione vera e propria sia olandese) con cui KeChic lavora.

A chi come loro ha avuto il coraggio di aprire bottega nel 2020, il futuro non spaventa. Conclude Valeria Zanoni: «Ora che abbiamo idea delle voci da riempire in un business plan, non resta che darci una struttura e puntare, per ora, sull’e-commerce. Lo scorso capodanno eravamo insieme a Dakar e io avevo detto che sarebbe stato un anno meraviglioso. Non lo è stato affatto ma qualcosa di buono è successo: è nato KeChic».