Nominati “persone dell’anno” dall’autorevole quotidiano Financial Times, Uğur Şahin e Özlem Türeci sono probabilmente due delle figure cui dobbiamo il vaccino che promette (e, si spera, permetterà) di combattere il Covid-19. La storia della loro BioNTech dimostra come immigrazione e successo vanno a braccetto, ma anche che non sempre la forza propulsiva di tale movimento è il magnetismo del benessere.
Scienza e immigrazione
È l’amore per la scienza, come ben sa qualunque appassionato di The Big Bang Theory, a spingere il lavoro di uno scienziato. Ovunque si trovi. Tuttavia, è indubbio: l’immigrazione, ci ricordano non solo Albert Einstein e Satya Nadella, ma anche gli alberi genealogici di Jeff Bezos e Steve Jobs, è una fonte essenziale di nuova linfa e nuove idee per una società che invecchia – come quelle europee e americane.
Ma restiamo in Germania, dove Uğur Şahin e Özlem Türeci vivono e lavorano. Il Paese ha innegabilmente ottenuto uno dei più importanti riconoscimenti scientifici internazionali grazie al lavoro innovativo di due figli di immigrati, pionieri in un’area della ricerca genetica, quella utilizzata dal vaccino Pfizer, che ora promette di dare una nuova vita all’intera industria farmaceutica nazionale e, di riflesso sostengono già alcuni economisti, all’economia europea.
La coppia, la scienza e il vaccino
Dopo aver testato decine di migliaia di persone, il vaccino di BioNTech ha dimostrato di essere efficace al 95% nel fornire protezione a coloro che altrimenti sarebbero stati infettati da Covid-19. La società è stata la prima a richiedere l’autorizzazione all’uso di emergenza per un vaccino contro il coronavirus negli Stati Uniti e, successivamente, in Europa. Parliamo di studi pioneristici perché applicano un approccio allo sviluppo di farmaci basato sull’RNA, destinati a cambiare il futuro del modo con cui ci cureremo – e non solo da Coronavirus. Şahin e Türeci sono cittadini tedeschi nati da immigrati turchi giunti nel Paese decenni fa. Lui, che ha una cattedra in oncologia sperimentale all’università di Mainz, è uno dei migliori ricercatori al mondo nello studio dei vaccini personalizzati contro il cancro. Lei, nata a Iskenderun, in Turchia, si è trasferita a 4 anni a Colonia, mentre i suoi genitori hanno trovato lavoro in una fabbrica Ford: mente brillante, è presto diventata un’esperta mondiale di immunoterapia.
In un aneddoto che, se confermato, li accomunerebbe nientemeno che ai Curie (e Maria, ricordiamolo, era un’immigrata polacca, trasferitasi a Parigi per proseguire gli studi), il New York Times racconta che il giorno in cui si sono sposati, il dottor Şahin e il dottor Türeci sono tornati dritti nel laboratorio, subito dopo la cerimonia
Non solo BioNTech
A loro stessi piace sottolinearla, questa radice lontana. BioNTech ha iniziato a lavorare con Pfizer sin dal 2018 e Şahin racconta spesso, nelle interviste, di aver nel tempo sviluppato un’amicizia speciale con Albert Bourla, l’amministratore delegato di Pfizer, di origine greche: a unirli, l’esperienza condivisa di scienziati e immigrati: «Ci siamo resi conto che lui viene dalla Grecia, e io dalla Turchia. Per questo, fin dall’inizio, abbiamo avuto un rapporto molto personale».
Volendo allargare lo sguardo, tutte e tre le aziende farmaceutiche con vaccini ad un passo dalla distribuzione (BioNTech, Pfizer e Moderna) sono state fondate da immigrati: se il Ceo di Pfizer ha origini greche, il colosso è stato fondato negli Usa da un immigrato tedesco, Charles Pfizer. Tra i fondatori di Moderna ci sono un immunologo di Harvard, un medico di origini cinesi e imprenditore nato a Beirut, mentre l’amministratore delegato è francese.
L’integrazione e l’apertura mentale non si possono inoculare. Ma la speranza è che, nel 2021, qualcuno in più ne resti contagiato