Millenni di poesie hanno intriso la cultura cinese e non solo. In questo solco, arrivano i versi di Hei Wen, per la prima volta tradotti in italiano e pubblicati dall’Associazione Cultura il Foglio, sotto al titolo Poesia Celeste. Oltre 700 pagine, con testo cinese a seguire, in cui Hei Wen scava nel suo vissuto – e che vissuto – mettendosi a nudo. Paradiso, Purgatorio, Inferno, i tre grandi capitoli di questa raccolta. Non è Dante, è la vita vera di ognuno di noi che si espande o contorce nei diversi stati d’animo del momento. Nata a Jinan, nella provincia dello Shandong, Hei Wen attinge a piene mani dal suo vissuto tormentato e fuori dal comune, come racconta suo marito Christopher Doyle, direttore della fotografia di Hong Kong Express, nel breve ritratto introduttivo: «Vissuta, a lungo, lontano dalle metropoli, senza quasi mai interagire con i circoli poetici e artistici cittadini, ogni poesia di Hei Wen è scolpita in un clima solitario e straziante. Sin da giovanissima, la sua vita viene segnata dal dolore e dalla sofferenza: la morte prematura dei genitori, prima, e quella precoce del suo unico fratello, poi, la rendono completamente sola. Vive in clausura, in un monastero buddista, trascorrendo dieci anni di studio in una regione remota e selvaggia della Cina, cercando di indagare il rapporto tra la vita e la morte. Sfoga la sua creatività non solo nella poesia e nella pittura a olio, ma anche nelle sceneggiature cinematografiche, insieme a numerosi saggi e video. Vive attualmente a Shanghai». Più nota è invece la carriera artistica, con un palmares assai ricco di premi e onorificenze, iniziata davvero prestissimo: a 11 anni scrive il film Il terzo uomo, a 18 anni il film Quando sbocciano i fiori a primavera. Nel 2005, pubblica la prima raccolta di poesie: Ricordando polvere rossa. Nel 2009, scrive e dirige il cortometraggio indipendente Illusione. Nel 2010 tiene un’importante mostra personale di dipinti a olio intitolata Cimitero. Nel 2010 pubblica la seconda raccolta di poesie, con illustrazioni di dipinti a olio: Continua a camminare. Nel 2012 recita in numerosi cortometraggi tratti da poesie personali (Mangerò un dipinto). Nel 2014, la casa editrice Shanghai Wenhui pubblica la raccolta di poesie in prosa Memorie lunatiche. Nel 2014 organizza la mostra di poesia d’arte “Puoi dirmi?”. Nel 2018 vince il premio per il miglior nuovo regista al Shaoxing Film Festival of China per il suo film indipendente One Way Street. Nel 2019 vince il premio internazionale per il miglior nuovo attore al Tokyo International Film Festival, per il suo lungometraggio indipendente One Way Street. Nel 2021 vince il Premio di Poesia Asia-Africa-Europa. Nel 2023 pubblica la sua prima raccolta di poesie in lingua italiana: Poesia Celeste.
Le poesie di Hei Wen abbracciano l’orrore dell’Inferno, il conforto del Paradiso e la crescita del Purgatorio. L’autrice narra ai lettori come un’anima solitaria vaga nel mondo facendo uso di molte allusioni storiche, metafore e simboli. Poesia Celeste è un’opera importante che contribuirà ad aiutarci nella comprensione della complessità e della ricchezza del panorama poetico cinese contemporaneo. Fabio Poletti

Hei Wen
Poesia Celeste
traduzione di Francesco De Luca
2023 Associazione Culturale Il Foglio
pagine 707 euro 20

Per gentile concessione dell’autrice Hei Wen e dell’Associazione Culturale Il Foglio pubblichiamo un estratto dal libro Poesia Celeste

il mio attimo più bello

non oso guardarti
anche se bramo i tuoi occhi io mi vado bendando
lunga gonna fiorata
poggiata a un osmanto
ti aspetto
poggiata in una pioggerellina poggiata a una vecchia porta di legno ti aspetto
son forse sciocca?
sarà forse la mia sincerità
ad aver indurito il tuo amore per me?
ci son tanti colori
ma io amo solo il nero così tanti divieti
ma io scelgo la sazietà
e tu ci sei e non ci sei ecco il vuoto dell’esistere quando impazzisci lo sai mi tratti sempre
come un’estranea
da quel giorno
il mio corpo è teso
nuovamente insonne e sordo
come un bel sogno erotico in cui vengo crocefissa
quando ci salutiamo
vorrei allontanarmi da sola
vorrei
che mi fissassi mentre me ne vado quando mi guardavi
ancora non ti conoscevo
quando ti guardo
non credo più di poterti conoscere so cosa stai pensando
non so cosa penso io
in questa notte primaverile di festa grazie a te
ora capisco tutto
anche se
il mio attimo più bello è quando mi guardi
e io
arrossisco in viso

*****

la solitudine più grande non è aver perso la libertà, ma non poter vivere in solitudine

se diventi libero in solitudine
perderai la solitudine della libertà
vorrei solo fuggire
dalla verticalità di questo vivere e morire
così se la prega a gran voce in sogno
scuotendo di paura dio
e percorsi avanti e indietro mille anni
ausculta in ginocchio il battito del mondo
carezza ossa di anime solitarie insegnando ai demoni la reincarnazione
solitudine è quando non sei libero di star solo
libertà è quando sei libero di esserlo
infelice colui che non è libero di farlo
la più grande libertà non è quando non sei libero di star solo
ma quando non puoi star solo in libertà
così lei si stende sul tetto dello studio perch’è sola e non può andar via
non può andare da qui a lì
o venire da lì a qui
non può
non può uscire a passeggiare
non può uscire a perdersi
non può star sola in libertà
non l’è permesso stare al mondo
non l’è permesso aprire la porta e guardare i monti sentire la sua mancanza
fingere di seguire i suoi passi di danza

la solitudine una volta proibita
è come spargere mantou colorati sopra un letto nuziale
la solitudine una volta proibita
è come rapire e urlare in un incubo
la solitudine è smembrata, smembrata da cavalli
e le urne delle anime sole lanciate ai margini dell’oscurità lì dove non si sente il dialetto di casa
dove non s’incontrano vecchi amici
dove non si può tornare alle proprie radici
è
solo un modo di calpestare
le anime solitarie senza scialuppa di salvataggio
la solitudine è melodia in movimento
la solitudine è un carceriere
in questa solitudine la tua ombra non c’è perciò sarò schiava in movimento
persino con l’aiuto di dio
non supererei questa cadaverica foschia invernale
vorrei prendere in prestito una barca di paglia
attizzare le ceneri dei morti
i demoni delle epidemie temono
quando le anime fluttuano e vanno via
in una solitudine proibita
fingiamo di scalare promontori e luoghi remoti
fingiamo di viaggiare nella contea di wu o in unione sovietica ma
la solitudine non sa fingere
da allora
non c’è stata storia
niente di vero, niente di falso
di notte ti ho spedito di nascosto le mie lacrime dopo aver incrociato le dita, l’unica vista del giardino era
un mucchio

un mucchio d’ossa
la solitudine confinata
è un’ombra d’arcobaleno
e tutti i solitari hanno un cielo tondo di libertà e la solitudine li incenerisce
non lo sa il cielo
non lo sa il mondo
solo
i demoni lo sanno

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