Il dispositivo di controllo della fascia confinaria messo in atto dalle Forze di polizia viene rimodellato in vista del progressivo allentamento delle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID – 19 nei Paesi attraversati dalla cd. “rotta balcanica” e in relazione all’andamento dei rintracci di migranti che utilizzano quella direttrice per arrivare illegalmente in territorio nazionale. Inizia così un comunicato della prefettura di Trieste, datato 15 maggio, nel quale si comunica che si darà nuovo impulso alle procedure di riammissione informale secondo le vigenti disposizioni pattizie con la Slovenia e in sintonia con la normativa europea in tema di protezione internazionale.

Le “riammissioni”

I comunicati ufficiali, si sa, possono suonare oscuri. Cosa sia un rintraccio di migranti e cosa significhi riammissione informale lo spiega Gianfranco Schiavone, vicepresidente di Asgi, Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione: «Da metà maggio 2020 il ministero dell’Interno ha annunciato di voler incrementare le riammissioni di migranti in Slovenia che, nei giorni successivi, si sono susseguite con effettiva intensità ed hanno riguardato molti cittadini afgani, iracheni, siriani e pakistani».

È una parola confortevole, “riammissione”, quando la si ascolta. Dà un’idea di accoglienza, di braccia aperte per far rientrare qualcuno che si è allontanato per sbaglio. «Di fatto, è un respingimento definito in modo edulcorato. Dalle testimonianze che abbiamo raccolto, nelle ultime tre settimane molti migranti sono stati fermati dalle forze di polizia e dall’esercito, che ora pattuglia le zone di confine del carso triestino. In poche ore li portano in Slovenia; da li, in una rapida catena, in Croazia e infine vengono respinti in Bosnia, fuori dall’Unione Europea».

Asgi, spiega Schiavone, si era accorta che qualcosa stava succedendo: la rotta balcanica aveva ripreso a scorrere eppure i numeri degli arrivi a Trieste, negli ultimi giorni, sono stati di gran lunga inferiori alle attese. Poi, hanno iniziato a trapelare i racconti dei primi migranti rientrati ad uno dei punti di partenza della lunga traversata, la Bosnia.

Dall’Italia alla Bosnia

«Dal punto di vista giuridico, viene invocata l’applicazione dell’accordo di riammissione del lontano 1997 tra Italia e Slovenia. La validità di tale accordo è discutibile perché va valutata l’evoluzione del diritto europeo da allora e comunque la sua applicazione è tassativamente esclusa ai richiedenti asilo» spiega l’esperto. La stessa validità della nozione di “riammissione” tra frontiere interne tra due paesi dell’Unione è alquanto dubbia, prosegue Schiavone, ricordando che il Codice frontiere Schengen prevede solo respingimenti alle frontiere esterne o misure di espulsione: «In ogni caso trattenere una persona, identificarla e trasportarla in un altro Paese, come comprende chiunque, è atto che incide sulla libertà personale e sull’esercizio di diritti fondamentali e come tale deve avvenire all’interno di una procedura che prevede l’adozione di un provvedimento motivato che va notificato all’interessato e che deve potere essere impugnabile (anche a misura avvenuta). Sono convinto che occorra una convalida da parte dell’autorità giudiziaria di detto provvedimento, ma in questa sede non serve approfondire oltre.

Ciò che va detto con la massima chiarezza è che, se non c’è un provvedimento, siamo di fronte a un respingimento illegittimo o a una deportazione in quanto l’azione è compiuta dalle stesse autorità, con il trasporto fisico della persona in altro Stato. Ebbene non risulta che siano emessi mai provvedimenti di riammissione; le persone non hanno in mano nulla. Uno scenario da brivido per uno stato di Diritto.

Schiavone scoppia a ridere solo quando gli si chiede del riferimento all’emergenza Covid-19: «Prima di tutto, nei Balcani non c’è nessuna emergenza. Secondo, anche se ci fosse, il diritto interno e internazionale non va mica in quarantena, durante le epidemie».

Secondo le informazioni raccolte da Asgi, che ha inviato una lettera al ministero dell’Interno, alla questura e alla prefettura di Trieste, oltre che alla sede per l’Italia dell’UNHCR, le persone riammesse si sono ritrovate respinte in Slovenia, portate in Croazia, e da lì direttamente in Serbia o in Bosnia: «Anche in Slovenia e in Croazia i migranti vengono trasportati coattivamente, senza che venga loro notificato nulla. Di tutta l’operazione non rimane traccia in mano alla persona. I profili di illegalità sono molti di violazione di norme interne, del diritto dell’Unione e del diritto internazionale sui rifugiati sono molteplici».

Diritto d’asilo

Non solo i migranti con cui hanno parlato Asgi e la rete di volontari presenti sulla rotta Balcanica, non hanno mai ricevuto alcun provvedimento pur attraversando 3 stati europei (Italia, Slovenia, Croazia) ma «dalle prime testimonianze sta emergendo che si tratta di persone che intendevano presentare domanda di protezione e che ciò non sia stato possibile, in violazione del divieto di non respingimento sancito dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati, della stessa Costituzione Italiana e del diritto dell’Unione, in particolare del Regolamento Dublino III» denuncia Schiavone.

Secondo le prime ricostruzioni di Asgi, nel giro di due settimane sarebbero oltre un centinaio i soggetti che, dall’Italia, sono stati portati fuori dal confine europeo: «Il come questo sia avvenuto io spero diventi oggetto di un’inchiesta. Qualcuno deve rispondere a molte domande: dove i provvedimenti e come sono motivati? Come funziona questo “riammissione”, nella pratica? Quali mezzi, quale personale di polizia vi è impiegato e come funziona la catena di comando? Le autorità italiane sono consapevoli che i migranti consegnati alla Slovenia da lì verranno deportati in Bosnia? Vogliamo sapere se ci sono direttive impartite dal ministero dell’Interno e, in ogni caso, chiediamo che si metta fine a queste pratiche illegittime. Immediatamente».

Nel frattempo, Asgi sta valutando di intraprendere azioni legali:

Stiamo raccogliendo il maggior numero di testimonianze possibile, pur operando in condizioni difficili. Parliamo di persone senza una casa, che sulla rotta sono state malmenate, hanno superato un viaggio tremendo, sono deboli e impegnate a sopravvivere. Mai avremmo pensato di dover far fronte anche a questa emergenza.

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