Vi portiamo in volo con noi fra suggestioni, immagini, video, storie, dati e scenari sull’integrazione.

Dona a chi ami ali per volare, radici per tornare e motivi per rimanere

(Dalai Lama Tenzin Gyatso)

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Amelia Earhart. Wikimedia Commons/Library of Congress

 

Ho la pelle bianca, gli occhi verdi e sono figlia di genitori bergamaschi. Eppure mi è successo questo episodio significativo. Un giorno stavo attraversando la strada a piedi. Il semaforo era ancora rosso e questa imperdonabile violazione del codice della strada ha infastidito un giovane maghrebino. In sella a una bicicletta, ha strepitato con livore: “Torna a casa tua!”. Basta questa immagine per capire da dove siamo partiti per costruire il progetto di Radici. Il virus della demagogia, basata sul rifiuto della presenza di stranieri, ha contagiato tutti. Ci sentiamo accerchiati, sempre in pericolo, vulnerabili. E abbiamo interiorizzato gli slogan astiosi, come quello usato contro gli stranieri. Al punto da usarli in contesti inconsulti. Al punto che ad usarli sono gli stessi immigrati. Ecco perché è urgente cambiare narrazione e provare a concentrarci sul tema poco esplorato dell’integrazione. Ecco perché ogni settimana vi proporremo con la newsletter uno sguardo diverso su un tema che sta trasformando velocemente la nostra società. Conoscere meglio il tema dell’integrazione servirà a cogliere l’embrione delle classi dirigenti che in futuro non saranno più solo native. Ed essere preparati a cambiamenti. Radici vuole essere un contributo laico per accendere i riflettori sull’integrazione e offrire spunti di riflessione a chi ci legge, prende decisioni, amministra un territorio, gestisce un’azienda o condiziona l’opinione pubblica. E avere un quadro più nitido dei 6 milioni di stranieri che vivono in Italia. Un obiettivo semplice e al contempo maledettamente complicato perché remeremo controcorrente, dopo anni di informazioni e di politiche basate solo su un approccio emergenziale. Ogni settimana vi offriremo delle suggestioni per descrivere la trasformazione sociale attraverso cifre, storie, immagini e scenari per mettere insieme i tasselli che compongono il puzzle di una società multietnica e multiculturale. Perché? Semplicemente perché non si può più affrontare il tema dell’immigrazione in modo scomposto, altrimenti continueremo a ripetere stanchi slogan, come dei mantra recitati male. Senza riuscire a distinguere fra un migrante, uno straniero e un nuovo cittadino, aumenteranno i conflitti e le aggressioni. Il viaggio di Radici permetterà a tutti di essere più informati e meno lapidari. Non ignoreremo i problemi, ma proveremo a fare scouting delle eccellenze. E il nostro metodo di procedere non sarà neanche quello di considerare gli stranieri esclusivamente come vittime. Al contrario, cercheremo di far diventare i nuovi cittadini italiani protagonisti della narrazione sull’integrazione. Se quel giovane maghrebino che mi ha urlato “Torna a casa tua”, non fosse andato via velocemente con la sua rabbia, gli avrei consigliato di ascoltare la bellissima canzone del rapper italo-tunisino Ghali che, in Cara Italia, canta questo ritornello diventato un tormentone per i suoi fan : “Oh eh oh, quando mi dicon va’ a casa/ Oh eh oh, rispondo sono già qua”. Per la newsletter di Radici ho scelto (con una massiccia dose di autoironia) come alter ego la prima donna aviatrice che ha attraversato l’Atlantico: Amelia Earhart. Non ha fatto una bella fine, lo so, ma ha avuto molto coraggio. E parlare di integrazione, quando tutti urlano a sproposito “Torna a casa tua”, mi sembra un’operazione culturale responsabile quanto audace.

Una fotografia complessiva e la crescita dei nuovi italian

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Rapporto ISMU 2017 (Franco Angeli editore)

I dati più aggiornati sugli stranieri che abbiamo trovato grazie al contributo fornito a Radici da Gian Carlo Blangiardo, docente di demografia dell’università Bicocca di Milano e coordinatore dell’osservatorio Immigrazione della fondazione Ismu, spiegano bene i trend più significativi. Al primo gennaio del 2018, gli stranieri residenti in Italia erano 5 milioni e 65 mila persone, 18 mila in più rispetto al 2017. Gli stranieri che invece hanno un permesso di soggiorno e per diversi motivi non hanno preso la residenza oscillano fra i 200/300 mila. Gli irregolari sono circa 500 mila, anche se si tratta di una stima provvisoria. Fra loro ci sono anche quelli entrati in Italia illegalmente, che non hanno fatto richiesta di asilo o di protezione umanitaria. Oppure chi, una volta ricevuto il rifiuto di asilo, è rimasto in Italia, senza permesso di soggiorno. Un dato, questo, che non può essere fissato perché non sappiamo quanti dei 500 mila immigrati irregolari siano transitati dal nostro Paese e ora si trovino altrove. Questa cifra però non comprende i nuovi italiani, che hanno ottenuto la cittadinanza. Nel 2017 sono stati 224 mila: una cifra record comparata agli anni precedenti. “Dal 2002 ad oggi, nell’arco di 7 anni i neo italiani che, grazie alla legge in vigore, sono stati naturalizzati sono complessivamente un milione e 292 mila. Secondo le nostre stime incrociate, quelli che hanno meno di 20 anni superano il 40%. Erano il 41% nel 2016, il 42% nel 2017. Quindi quasi la metà. Questo è il dato più rilevante su cui concentrarsi”, ci ha spiegato Blangiardo. Secondo le proiezioni, con questo tasso di crescita si arriverà ad avere più di 2 milioni di italiani che non saranno nativi entro 2026. Radici focalizzerà la propria attenzione soprattutto su di loro: i nuovi italiani, per scoprire come vivono e raccontarvi le eccellenze destinate ad emergere in ogni settore, come già si può notare, una volta accesi i radar.

I nuovi cittadini cominciano a raccontarsi. Una nuova narrazione.

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Due volontari della Croce Verde A.P.M.

Televisione, cinema, università, letteratura, imprese, volontariato. Fra danze e romanzi; fra studi e aziende (che danno anche lavoro agli italiani); fra forze dell’ordine e impegno civile, i nuovi cittadini, anche coloro che ancora non hanno ottenuto la cittadinanza, avanzano. La Lega, piaccia o meno, ha portato il primo senatore di origini africane in Parlamento. Toni Iwobi, nato in Nigeria, è stato deriso e denigrato per la sua appartenenza politica da Fiorello (video) e dal calciatore Mario Balotelli, a cui il senatore ha risposto con ironia.

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Dal profilo Instagram di Mario Balotelli

Fiero di essere arrivato da un piccolo comune della bergamasca, dove dirige una ditta informatica, fino allo scranno di Palazzo Madama. La sua elezione ha scatenato una polemica e gli immigrati di seconda generazione si sono arrovellati una volta di più sulla differenza fra l’assimilazione e l’integrazione. Eppure si tratta di una tema trasversale che riguarda tutti. Infatti alle elezioni politiche e regionali ci sono stati molti candidati di prima e seconda generazione. Come Bruna Kole Mece, giovane italo-albanese, candidata per Leu, o Maryan Ismail , italo-somala che ha corso nella competizione regionale lombarda con Energie per la Lombardia. O ancora Kaoter El Bhumi. Italo-marocchina, ha 27 anni ed è nata in Italia, ha studiato in Olanda. Specializzata in strategie di mercato internazionale e business development, insegna alla IFDA Italian Fashion & Design Academy, è stata candidata (non eletta) per il Pd. Cosa distingue la sua storia da quella dei giovani di seconda generazione che si radicalizzano, come Halili El Mahdi, arrestato prima di Pasqua perché sognava di immolarsi per il jihad? Qual è il punto di rottura che divide alcuni giovani 2G, che si arroccano e cedono alla deriva identitaria, dai molti che invece diventano icone di successo e di inserimento sociale? Eppure iniziano il loro percorso dalla stessa linea di partenza. El Mahdi è stato salvato dalla morte in Siria dai suoi genitori. Certo, Halili studiava e giocava a pallone, che era la sua passione prima della devozione alla guerra santa. Eppure, altri come lui avevano vite apparentemente normali e tuttavia hanno rifiutato ogni opportunità di inserimento per abbracciare il fondamentalismo islamico. Sono una minoranza, ovvio, e Radici approfondirà le loro storie per capire meglio come si creano i confini invisibili che dividono i diversi destini degli immigrati di seconda generazione.

Per demolire gli stereotipi bisogna cambiare narrazione. Questo è il mantra di Radici. Ecco perché fra le tante storie che abbiamo ricevuto, raccolto o cercato, per la prima newsletter abbiamo scelto questa dal blog http://www.imille.org. Una storia tanto semplice, quanto edificante. Roberto Isibor, nato a Pescara da genitori nigeriani, laureato in Giurisprudenza presso l’università di Bologna – con un master in Diritto dell’Unione Europea al King’s College di Londra – oggi lavora per lo studio legale Baker McKenzie. http://www.imille.org/2017/10/14/io-mi-sento-italiano-profili-e-storie-della-seconda-generazione-roberto-isibor/. E ogni settimana vi proporremo altre storie simili. Utili a percepire la mutazione sociale in corso.

MAI PIÙ SOLI: l’accoglienza in famiglia per i neo maggiorenni arrivati in Italia da minori soli

L’immigrazione non è sinonimo di sbarchi, è vero. Nel 2017 sono arrivati coi barconi, attraverso il Mediterraneo 119 mila migranti, un numero minore rispetto a quelli che hanno preso la cittadinanza: 240 mila. Eppure non si può ignorare il problema dell’accoglienza, che va ripensata per favorire l’integrazione. Siamo realisti: la politica dei rimpatri è stata fallimentare e quindi dovremo farci carico di chi è arrivato illegalmente in Italia. Infatti recentemente è stata introdotto un nuovo approccio, che prevede l’accoglienza diffusa. Ancora più urgente, se si tratta di minori non accompagnati. Perciò Radici vi propone il racconto di un progetto che prova a inserire i minori nelle famiglie italiane, descritto da Sara Consolato di Refugees Welcome Italia.

Sono migliaia i minorenni soli giunti in Italia: 14.579 quelli sbarcati sulle nostre coste da gennaio 2017 al 25 ottobre scorso, 18 mila quelli censiti dal sistema di accoglienza italiano. Sono ragazzi, la maggior parte di età compresa fra i quattordici e i diciassette anni, con alle spalle storie drammatiche, segnate dal distacco dai propri famigliari e dal pericoloso viaggio intrapreso per arrivare in Europa. Una fragilità che rischia di crescere col tempo, in particolare al compimento della maggiore età e questo nonostante il nostro Paese, grazie alla legge Zampa di recente approvazione, possa vantare una delle normative sulla protezione dei minori non accompagnati più avanzate in Europa. Quando compiono diciotto anni, questi ragazzi sono costretti a lasciare i centri per minori che li hanno accolti, per essere trasferiti, se nel frattempo hanno inoltrato domanda di asilo, in centri per adulti spesso poco idonei alle esigenze di un adolescente e geograficamente lontani dal posto in cui hanno vissuto sino a quel momento. Il rischio, in questo caso, è di essere nuovamente sradicati e perdere gli affetti e le abitudini faticosamente costruiti: gli amici, la scuola. Nella peggiore delle circostanze, invece, non c’è alcuna alternativa ad attenderli all’uscita dai centri per minori: si ritrovano soli, senza un posto dove andare, diventando facile preda del circuito dello sfruttamento. Per i neo-maggiorenni l’accoglienza in famiglia può essere una risposta ai loro bisogni: è una nuova modalità di cittadinanza attiva, che permette di aiutare questi ragazzi vulnerabili nel cammino verso l’autonomia e l’età adulta. Un ragazzo, una famiglia è il principio a cui si ispira il progetto Mai più soli, promosso da Refugees Welcome Italia e Cidis Onlus, assieme ad Asgi, Cooperativa Nuovo Villaggio, comune di Corigliano Calabro e comune di Mugnano, con l’obiettivo di sperimentare nuove modalità di accoglienza per i ragazzi giunti in Italia come minori soli. Ragazzi come Abdou: ha diciannove anni, viene dal Gambia ed è arrivato in Italia due anni fa, ancora diciassettenne. La sua è una storia simile a quella di tanti altri minori che intraprendono una traversata pericolosa per costruirsi una vita più dignitosa altrove e lasciarsi alle spalle violenza, povertà e persecuzioni. Un percorso scandito spesso dalle stesse tappe: il viaggio a piedi e su mezzi di fortuna fino al Niger; il tratto di rotta nel deserto – chiamato la “strada verso l’inferno” – per raggiungere la Libia, dove più del 90 per cento dei migranti subisce violenza e tortura, in particolare in luoghi di detenzione e sequestro; la traversata del Mediterraneo su un gommone, alla mercé di trafficanti senza scrupoli; l’arrivo, per i più fortunati, in Sicilia. È qui in Italia che la strada di Abdou ha preso una direzione diversa rispetto a quella dei suoi compagni di viaggio, una strada che l’ha portato ad incrociare Marianna, Marco e la loro figlia Isabella. Dopo un anno in un centro per minori, e una breve parentesi in una struttura per adulti, Abdou è stato accolto, grazie al progetto Mai più soli, dalla famiglia Mengoni, con cui vive da ottobre. Come racconta Abdou nel video: https://www.youtube.com/watch?v=7giLgAUGM0M

 

p.s Amelia Earhart, soprannominata Lady Lindy, è scomparsa durante un volo sul Pacifico nel 1937. Noi non spariremo, fatevene una ragione, vogliamo solo provare a volare alto, sia chiaro. Alla prossima settimana #StayTuned