Africano e omosessuale. E per questo discriminato due volte. In Camerun dove è nato, come omosessuale e come ballerino. In Europa come africano. La storia vera di Ebale Zam Martino che oggi vive in Belgio dove ha potuto trovare la sua strada nel ballo e nella scrittura è tutta qui. È la storia di un giovane uomo che non si piega per rinunciare alle sue passioni e trova nel buddismo, oltre che nelle sue radici, la forza per andare avanti. Fin dalla più tenera età Ebale Zam Martino si è sentito profondamente fame-minja, cioè una natura femminile in un corpo maschile. Obbligato a scegliere l’esilio in Belgio per sfuggire alla legge omofoba del Camerun, ci espone un percorso di vita illuminante, talvolta felice, spesso difficile, invitandoci a denunciare i pregiudizi di ogni natura.Ballerino, cantante e scrittore, nato in una famiglia della borghesia camerunense, fin dall’infanzia viene in contatto con le tradizioni africane di canto e danza tramandate dalla nonna e dalla madre, tradizioni che assimila, elabora e trasforma fino a creare uno stile proprio che in breve tempo lo fa diventare celebre in Camerun. Ma Zam è omosessuale e l’omosessualità in Camerun è punita dalla legge con cinque anni di reclusione. Come conciliare l’esigenza di esprimere la sua arte con la necessità di sottrarsi alle persecuzioni della giustizia e dell’opinione pubblica? Zam troverà un grosso aiuto psicologico nel buddhismo della Soka Gakkai, che lo porterà da un lato ad accettare se stesso e dall’altro a elaborare un percorso artistico e di insegnamento aperto all’essere umano in tutte le sue sfaccettature. Fabio PolettiEbale Zam Martino
Zam
traduzione dal francese di Alberto
Birocci
2023 Edizioni e/opagine 256 euro 18

 

Per gentile concessione dell’autore Ebale Zam Martino e dell’editore e/o pubblichiamo un estratto dal libro Zam.Il progetto di questo libro è nato alla fine del 2011 in occasione della prima di Le viol d’une petite cerise noire (Lo stupro di una piccola ciliegia nera), un testo scritto da Pascal Vrebos per l’attrice belga di origine ivoriana Yves- Marina Gnahoua. Yves-Marina seguiva le mie lezioni di danza e mi aveva chiesto di creare una coreografia sul testo e sulla musica d’accompagnamento della violoncellista Claire Goldfarb per esaltare il discorso, ma anche, in certi momenti, per acquietare la tensione delle parole. L’attrice l’avrebbe interpretato insieme a uno dei miei ballerini. Lo spettacolo, con la regia di Imhotep Tshilombo, era emotivamente molto forte, duro e allo stesso tempo poetico, ispirato a un fatto reale, lo stupro collettivo in Italia di una studentessa africana data per morta, abbandonata e salvata per miracolo dopo un lungo periodo di amnesia durante il quale la famiglia l’aveva cercata invano.Dopo la rappresentazione ho parlato a lungo con il responsabile delle edizioni M.E.O. che aveva organizzato l’evento nell’ambito della Quinzaine des Femmes della città di Bruxelles. Venendo a sapere che, dopo una richiesta d’asilo che si era trascinata per sette anni tra peripezie rocambolesche, avevo ottenuto un permesso di soggiorno illimitato in Belgio per sfuggire alla persecuzione degli omosessuali in Camerun, l’uomo mi ha invitato a scrivere una testimonianza per contribuire a modificare l’ottica con cui la maggior parte della società camerunense vede l’omosessualità nonché i diffusi pregiudizi sui ballerini. Un’ottica che si materializza nella legge che condanna gli omosessuali alla prigione. Il racconto della mia vita poteva mostrare un essere umano senz’altro omosessuale, ma anche stimato cantante, ballerino, coreografo e pedagogo che mischia modernità, tradizione africana e classicismo, per giunta buddhista, belga di origine camerunense, integrato in vari ambienti, impegnato nella promozione sociale dei bambini disagiati, rappresentante del proprio paese d’accoglienza nel quadro di progetti di collaborazione artistica con l’Africa e affettivamente stabile… Non un mostro, quindi, non un orrore, soltanto forse una persona nata nel luogo sbagliato al momento sbagliato in un corpo sbagliato. In nome di quale diritto, quale morale, quali princìpi si può “condannare” qualcuno per una sfaccettatura della sua personalità, multipla come quella di qualsiasi essere umano? Una sfaccettatura che non nuoce a nessuno e che non ho scelto, per giunta protetta dalla Dichiarazione universale dei diritti umani di cui il Camerun è tra i firmatari: “Nessun individuo potrà essere sottoposto a interferenze arbitrarie nella sua vita privata […]. Ogni individuo ha diritto a essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni” (articolo 12).Ero entusiasta, ma via via che scrivevo ho avuto blocchi che più volte mi hanno fatto interrompere il lavoro, tra cui uno che è durato due interi anni. Da una parte il carico emotivo era ingente, entravo nel profondo della mia personalità, della mia sessualità e della mia spiritualità, rivivevo battaglie interiori e ridavo vita a episodi dolorosi. Dall’altra temevo l’impatto negativo che un testo del genere avrebbe potuto avere in Camerun, dove la persecuzione degli omosessuali è sempre in vigore e dove la mia popolarità sussisteva, si era anzi addirittura riattivata di recente. Mi chiedevo se non avrei irritato le autorità, inasprito la repressione e provocato reazioni violente in gente condizionata da un’omofobia che peraltro non ha niente di tradizionale. Con la potenza dei social network, capaci in tempi record di scatenare il meglio come il peggio, di innescare tanto un’infatuazione quanto un linciaggio, esisteva per i miei cari il rischio concreto del pubblico disonore se non addirittura quello di subire rappresaglie. Dal canto mio rischiavo di perdere ogni speranza di avere un impatto su un pubblico di cui almeno una parte sperava nel mio ritorno.A forza di rifletterci ho preso coscienza che questo libro doveva soprattutto combattere i pregiudizi alla base del rifiuto, di qualunque natura essi siano e quali che ne siano le vittime, gli omosessuali come i lebbrosi, gli albini, i gruppi etnici o semplicemente le donne.© Éditions M.E.O., 2018© 2023 by Edizioni e/o