Con la finale tra Senegal ed Egitto si è conclusa la 33ª edizione della Coppa d’Africa. Dopo lo 0-0 dei tempi supplementari, ai rigori l’ha spuntata il Senegal, che ha vinto così per la prima volta nella propria storia la massima competizione africana per nazionali. È stato il torneo del primo arbitro donna, ma è stato anche quello della tragedia allo stadio Olembe, dove sono morte otto persone. Un’edizione concitata, piena di protagonisti inaspettati ed eventi bizzarri. Tra luci e ombre, ecco il riassunto della Coppa d’Africa 2021.

 

La tragedia dello stadio Olembe in Coppa d’Africa

Il momento più buio della competizione è stato sicuramente la tragedia avvenuta a Yaoundé – allo stadio Olembe – durante gli ottavi di finale tra Camerun e Comore.

Il 24 gennaio, all’esterno dello stadio, una calca all’ingresso dell’impianto ha causato la morte di otto persone (tra cui un bambino di otto anni), rovinando la festa di quei giorni

La ressa è stata generata dal fatto che la gente – per paura di perdere i primi minuti di partita – ha forzato i cancelli per entrare. A quel punto, le forze dell’ordine hanno cercato di disperdere la folla, ma durante la fuga molte persone sono rimaste intrappolate e schiacciate: oltre ai morti, ci sono stati anche numerosi feriti. La causa della tragedia è sicuramente la disorganizzazione dell’evento, con responsabilità da dividere tra il comitato organizzativo locale e la CAF (Confederazione Calcistica Africana). Una tragedia che rimarrà sempre impressa nella storia di questa edizione di Coppa d’Africa.

Il disastro in Tunisia-Mali e l’inno… che non c’è

Un’altra ombra sul torneo l’ha gettata il caso creato da Janny Sikazwe, arbitro della partita tra Tunisia e Mali, gara inaugurale del gruppo F della fase a gironi.

L’arbitro ha fischiato per ben due volte anticipatamente la fine del match: la prima, al minuto 85 e con il punteggio fermo sullo 0-1 per il Mali, tra l’incredulità e la furia dei calciatori in campo

Dopo essersi accorto dell’errore, Sikazwe si è corretto e ha ordinato di proseguire. Tutto risolto? In realtà no, perché al minuto 89 e 44 secondi il direttore di gara ha fischiato ancora la fine dell’incontro, senza assegnare recupero e con il tempo regolamentare ancora non terminato. I calciatori tunisini hanno protestato, l’allenatore pure, ma l’arbitro ha sancito la fine della partita e il rientro negli spogliatoi. Con le conferenze in corso degli allenatori, la CAF ha poi richiamato le squadre per giocare altri tre minuti ma senza l’arbitro Sikazwe: la Tunisia però ha deciso di non rientrare e di presentare ricorso. Ma solo pochi giorno dopo, il reclamo è stato respinto e la vittoria data Mali.

Quel giorno, però, non è stato tutto. Dopo la partita tra Tunisia e Mali, è toccato a Gambia e Mauritania. Schierate in campo e in attesa degli inni nazionali, non c’è stato alcun problema per quello gambiano, ma non per quello della Mauritania. Per ben tre volte infatti è partito l’inno sbagliato (una vecchia versione) e alla quarta lo speaker ci ha rinunciato, destando nervosismo e incredulità tra i giocatori ancor prima di iniziare la partita.

Il primo arbitro donna e Gabaski: le luci della Coppa d’Africa

L’edizione appena terminata della Coppa d’Africa non ha però regalato soltanto tragedie o strafalcioni: è stata anche la competizione di protagonisti inaspettati e di storie incredibili. Di Salima Mukansanga – primo arbitro donna a dirigere un match maschile di Coppa d’Africa – abbiamo già parlato ampiamente.

Adesso speriamo che non rimanga un episodio sporadico, ma il trampolino di lancio per una donna di 33 anni che sognava di diventare un arbitro professionista e ce l’ha fatta

Chi invece è diventato un inatteso protagonista è Gabaski. Ma chi è esattamente? Mohamed Abou Gabal – meglio noto come Gabaskiè il secondo portiere dell’Egitto che, dopo l’infortunio di El Shenawy, ha trascinato i suoi fino alla finale con ben tre rigori parati contro Costa d’Avorio e Camerun. Il suo segreto? Una bottiglietta dove appuntava il lato scelto dai tiratori avversari nei precedenti tiri dagli undici metri. In finale ne ha anche parati altri due – uno a Manè in partita, uno a Sarr durante la lotteria finale – ma non sono bastati per far vincere la Coppa d’Africa alla nazionale egiziana.

 

Un difensore portiere e un sosia a sostenere gli esami universitari

Tra gli eventi più bizzarri in tutta la competizione, ne abbiamo raccolti due davvero incredibili. Il primo riguarda la nazionale delle Comore che – dopo aver centrato una storica qualificazione agli ottavi – si è arresa al Camerun: in porta però ha giocato Chaker Alhadur, che di ruolo fa il difensore. Il motivo? Sabato 22 gennaio, dopo il consueto giro di tamponi rapidi, i due portieri delle Comore sono risultati positivi al Covid. Il lunedì per fortuna si sono negativizzati, ma il regolamento parla chiaro: per poter tornare a giocare, devono passare almeno cinque giorni dal primo tampone positivo. A corto di portieri, l’allenatore comoriano è stato costretto a schierare un difensore tra i pali. Inizialmente aveva anche tenuto bene, facendo qualche parata e non subendo gol nella prima mezz’ora: poi purtroppo la partita è terminata 2-1 per il Camerun e la sua squadra è stata eliminata.

La storia che invece ha davvero dell’incredibile è quella che riguarda Mostafa Mohamed, attaccante dell’Egitto. Il calciatore, impegnato in Coppa d’Africa ma iscritto all’università del Cairo, ha inviato un suo sosia a sostenere un esame universitario a suo nome

Tutto sembrava filare per il verso giusto, quando un dipendente dell’istituto se n’è accorto e ha chiesto spiegazioni. A quel punto, il giovane sosia non ha potuto far altro che ammettere di non essere il calciatore egiziano. In seguito, spinto a parlare, ha anche dichiarato di aver già sostenuto ben tre esami con l’identità di Mostafa Mohamed.

Una Coppa d’Africa che sarà ricordata probabilmente come la più pazza e movimentata di sempre, ma questo si era già capito dal doppio rinvio. Il primo causa Covid, il secondo a causa delle proibitive condizioni climatiche in Camerun d’estate. Alla fine ha vinto il Senegal, per la prima volta nella propria storia. E non poteva essere altrimenti.