Con questo articolo, inizia oggi la sua collaborazione con NRW Davide Scorsa. Figlio di una coppia mista, è studente magistrale in Psicologia Sociale ed educatore professionale specializzato nell’integrazione scolastica e nei casi di fragilità familiare. Il suo obiettivo è quello di raccontare il fenomeno migratorio attraverso una visione psico-educativa, esplorando i meccanismi sociali che definiscono le nuove generazioni di migranti e aprendo prospettive di riflessione sul loro percorso di inclusione.

La Commissione Europea ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia UE a causa delle condizioni lavorative precarie e discriminatorie riservate ai dipendenti della scuola pubblica. A due anni dal suo insediamento, il Governo Meloni si è concentrato esclusivamente su questioni secondarie e ha alimentato il fuoco della discriminazione e dell’intolleranza.

A seguito degli inarrestabili processi di globalizzazione, l’Italia sta diventando sempre più multietnica. Questa trasformazione si riflette in modo significativo nelle scuole, luoghi in cui ogni membro della società trascorre anni cruciali della propria formazione e crescita.

La discriminazione degli studenti stranieri: un progetto dannoso (e impossibile)

Negli ultimi due anni, importanti esponenti del governo, a partire dal ministro Matteo Salvini, hanno proposto l’idea di stabilire un limite massimo di studenti stranieri per classe. Tuttavia, tenendo conto delle diverse distribuzioni di studenti stranieri nei territori cittadini, delle varie tipologie di istituto e della composizione delle classi, attuare un progetto di questo genere risulterebbe pressoché impossibile.

La netta maggioranza degli studi psicosociali dimostra, in contraddizione con le idee dell’esecutivo, il valore aggiunto dell’integrazione degli studenti stranieri e delle persone con disabilità nelle aule. Perciò, anziché adottare regolamenti mirati all’emarginazione degli elementi considerati disfunzionali, è fondamentale indagare i modi in cui le scuole possono favorire un’inclusione proficua, promuovendo uno spazio di apprendimento adeguato agli studenti e consentendo a ciascuno di loro di sfruttare appieno le immense potenzialità offerte da un ambiente di socializzazione multietnico.

I dati del ministero sulla presenza degli studenti stranieri

Il rapporto del ministero dell’Istruzione del 2023 rivela che gli studenti stranieri iscritti nelle scuole italiane superano la quota di 877.000. Ciò significa che costituiscono circa il 10% della popolazione studentesca complessiva. Dunque, le proposte politiche che dichiarano la necessità di fissare un tetto massimo del 20% di studenti stranieri per classe, alla luce di queste statistiche, suggeriscono una distribuzione studentesca per nulla omogenea. Per intenderci, non sarebbe necessario fissare un tetto così alto rispetto alla media nazionale se non ci fossero aree con un maggior tasso di presenza straniera accanto ad altre con un tasso molto più basso.

Un’analisi condotta nel 2018 da Tuttoscuola.com, una rivista mensile specializzata nel settore educativo scolastico, evidenzia una significativa differenza nel numero di cittadini stranieri iscritti ai diversi tipi di istituto

Dallo studio emerge che nei licei la percentuale di iscritti non cittadini italiani è del 1,5% per il liceo classico, del 3,4% per quello scientifico e del 4,3% per il liceo delle scienze umane, mentre per quanto riguarda gli istituti tecnici e professionali la percentuale varia dal circa 10% per l’istituto tecnico tecnologico al 25,2% per gli istituti e scuole per l’istruzione e la formazione professionale.

I motivi di una distribuzione eterogenea degli studenti stranieri

Questi dati confermano che la distribuzione degli studenti stranieri nelle classi italiane è fortemente eterogenea. Anche il quartiere di appartenenza è un fattore determinante: nelle periferie delle grandi città si osserva una maggiore componente multietnica, in netto contrasto con le zone centrali e quelle residenziali.

I motivi di tale eterogeneità aprono la porta a molti interrogativi, di cui la politica si dovrebbe preoccupare. I dati dimostrano una maggiore propensione degli studenti stranieri a rimanere legati alle loro realtà di quartiere e a preferire scuole professionalizzanti. Questa situazione indica, infatti, che il problema non risiede tanto nell’origine etnica dei giovani stranieri, quanto invece nella condizione socioeconomica in cui loro e le loro famiglie sono inseriti.

Cosa dicono gli studi psicosociali sull’interazione tra studenti di diversa origine

Anche gli studi psicosociali offrono un prezioso contributo riguardo l’argomento. Diverse ricerche dimostrano come il contatto e la vicinanza tra i membri del gruppo maggioritario (in questo caso, studenti italiani) e quelli del gruppo minoritario (in questo caso, studenti non italiani) possano favorire l’inclusione sociale, riducendo i fenomeni di marginalizzazione di alcuni gruppi etnici e i conflitti intergruppo che ne derivano.

Le teorie classiche e accreditate affermano che, in condizioni favorevoli, il contatto diretto tra gruppi diversi può diminuire i pregiudizi e promuovere relazioni positive. Anche studi recenti hanno confermato che interazioni frequenti e costruttive tra studenti di diversa provenienza culturale nelle scuole possono migliorare l’integrazione sociale e la qualità dell’offerta didattica.

Inoltre, ricerche condotte specificatamente nel contesto italiano hanno evidenziato che la presenza di alunni stranieri nelle classi può contribuire a sviluppare competenze interculturali tra tutti gli studenti, promuovendo un ambiente di apprendimento più inclusivo e tollerante.

Questi studi indicano chiaramente che le politiche scolastiche che favoriscono la mescolanza e l’interazione tra studenti di diversa origine possono avere effetti positivi sia sul piano accademico (miglioramento dell’8% nelle scuole che applicano pratiche di inclusione) che sociale (diminuzione dei conflitti intergruppo pari al 12%)

Anziché sottolineare le differenze etniche, che rischiano di ampliare i fenomeni discriminatori, è necessario incentivare politiche che favoriscano l’integrazione e la coesione sociale. Un approccio che non solo riduce le discriminazioni, ma contribuisce anche a costruire una società più equa, istruita e solidale.