La recente affermazione del ministro dell’Interno, secondo il quale «con questa legge l’Italia è già oggi il Paese che dà più cittadinanze a cittadini stranieri in tutta Europa, quindi non penso ci sia bisogno di cambiare niente», induce a chiedersi se la normativa nazionale sia più favorevole di altre per chi voglia diventare cittadino dello Stato.

Un recente fact-checking di Pagella Politica dimostra come nel 2017 l’Italia abbia concesso un numero di cittadinanze più elevato di altri Paesi Ue  poiché, rispetto a tali Paesi, essa è diventata più tardi destinazione di arrivo di immigrati e solo adesso questi ultimi stanno maturando i requisiti necessari per divenire italiani. Tuttavia, se si allarga la prospettiva a un periodo di tempo più esteso, tra il 2006 e il 2017, si osserva che Germania, Spagna, Francia e Regno Unito superano l’Italia nel numero di concessione di cittadinanze.

Ciò porta a una domanda ulteriore: se la normativa italiana possa essere considerata più restrittiva o più favorevole in confronto a quelle di altri Paesi. Innanzitutto, è opportuno rammentare che, come si legge sul sito web del ministero dell’Interno, «la cittadinanza italiana si acquista iure sanguinis, cioè se si nasce o si è adottati da cittadini italiani. (…) La cittadinanza può essere richiesta anche dagli stranieri che risiedono in Italia da almeno dieci anni e sono in possesso di determinati requisiti. In particolare il richiedente deve dimostrare di avere redditi sufficienti al sostentamento, di non avere precedenti penali, di non essere in possesso di motivi ostativi per la sicurezza della Repubblica. Si può diventare cittadini italiani anche per matrimonio». A ciò si aggiunga i nati in Italia da genitori stranieri che non siano a propria volta cittadini possono ottenere la cittadinanza italiana solo dopo il diciottesimo anno di età – su richiesta ed entro un anno dal compimento della maggiore età – e a condizione della residenza legale ininterrotta nel Paese. Ebbene, i requisiti previsti per diventare cittadini italiani possono essere reputati più rigidi rispetto a quelle di molti altri Paesi.

Ad esempio, in Francia i bambini acquisiscono la cittadinanza se almeno uno dei genitori è nato a propria volta in Francia (cosiddetto doppio ius soli). I figli di genitori stranieri acquisiscono la cittadinanza a 18 anni, in caso di residenza ininterrotta per almeno 5 anni a partire dagli 11 anni; l’acquisizione può essere anticipata a 16 anni dallo stesso interessato o può essere richiesta per lui dai suoi genitori a partire dai 13 anni e con il suo consenso, a condizione che vi sia stata la residenza abituale per 5 anni a decorrere dall’età di 8 anni. Gli stranieri maggiorenni possono fare richiesta per naturalizzazione dopo aver risieduto in Francia per 5 anni. In caso di matrimonio, l’istanza può essere avanzata dopo 4 anni.

In Germania acquisiscono automaticamente la cittadinanza per nascita non solo i figli di almeno un genitore che sia cittadino tedesco, ma anche i figli di stranieri purché almeno uno dei genitori risieda stabilmente nel Paese da almeno 8 anni e sia in possesso di permesso di soggiorno illimitato da almeno 3 anni. Per l’acquisizione della cittadinanza per naturalizzazione è richiesto un periodo di 8 anni di residenza legale, il possesso di un’autorizzazione di soggiorno di durata illimitata, la capacità di provvedere al proprio sostentamento e a quello del nucleo familiare, il rispetto dei principi della Costituzione, una buona conoscenza della lingua e dell’ordinamento giuridico e sociale tedesco, non avere condanne penali. In presenza dei requisiti fissati, la naturalizzazione non è oggetto di valutazione discrezionale, come altrove, ma deve essere concessa.

Nel Regno Unito sono cittadini britannici per nascita i figli di un genitore britannico oppure se uno dei genitori, cittadino non britannico, si sia stabilito nel Regno Unito (settled) ovvero vi risieda a tempo indeterminato e senza soggiacere ai limiti temporali previsti dalla legislazione in materia di immigrazione. Qualora al momento della nascita i genitori non siano cittadini britannici né siano stabiliti nel Regno Unito, la persona nata nel territorio nazionale ha titolo a richiedere il riconoscimento della cittadinanza – tra l’altro – nei casi seguenti: qualora uno dei genitori divenga successivamente cittadino britannico o si stabilisca nel Regno Unito, e in tal caso il figlio deve farne espressa richiesta entro i 18 anni di età; qualora il richiedente abbia vissuto nel Regno Unito per i dieci anni successivi alla nascita non assentandosi per più di 90 giorni, e in tal caso non è previsto alcun limite di tempo per la richiesta. Gli stranieri maggiorenni possono fare istanza per la cittadinanza dopo aver acquisito il diritto a risiedere senza limiti di tempo da almeno un anno e dopo 5 anni di residenza continuativa, a condizione che mantengano una buona condotta di vita intesa in termini di assenza di procedimenti penali e di situazione contributiva regolare, abbiano una buona conoscenza della lingua inglese, nonché di usi e costumi del Regno Unito. In caso di matrimonio o di unione civile con un cittadino britannico è possibile richiedere la cittadinanza dopo 3 anni di matrimonio e 3 anni di residenza.

In Spagna è previsto il doppio ius soli, per cui accede automaticamente alla cittadinanza colui che nasce nel Paese se almeno uno dei due genitori vi è a sua volta nato. Invece, per chi nasce in Spagna da entrambi i genitori nati all’estero è sufficiente un anno di residenza nel Paese per divenire cittadino. Per gli stranieri maggiorenni è, invece, necessario avere vissuto almeno per 10 anni nel Paese (salvo il caso dei rifugiati politici, per i quali servono 5 anni), e la rinuncia alla cittadinanza precedente, mentre per chi sposa un cittadino spagnolo basta un anno di matrimonio e un anno di residenza.

Dunque, in conclusione, i Paesi esaminati prevedono lo ius sanguinis, vale a dire la trasmissione della cittadinanza per discendenza diretta dai genitori ai figli, con un’equiparazione totale tra padre e madre. Circa lo ius domicilii, cioè la naturalizzazione per residenza stabile nel Paese, i requisiti sono diversi tra i diversi Paesi, ma l’Italia prevede un termine superiore rispetto ad altri, vale a dire 10 anni.

Spesso agli anni di presenza sono associati anche altri requisiti restrittivi, quali la titolarità di un permesso di soggiorno permanente, la residenza ininterrotta, la fedina penale pulita, la buona conoscenza della lingua e anche per questi requisiti ulteriori l’Italia è tra i Paesi più rigidi. Inoltre, in Italia la procedura di naturalizzazione si conclude con un provvedimento discrezionale, a differenza ad esempio di Germania e Spagna ove c’è un automatismo, una volta maturati i requisiti necessari. I tempi di attesa per le procedure di naturalizzazione variano a seconda dei Paesi, ma il termine maggiore è quello vigente in Italia che, dopo il decreto sicurezza, è stato portato da 24 a 48 mesi. Dunque, siamo così sicuri che la normativa italiana favorisca l’acquisizione della cittadinanza più che in altri stati membri, come afferma il ministro dell’Interno? Si può nutrire più di un dubbio.