Inseguito da un mandato di cattura della Corte Penale Internazionale dell’Aja Vladimir Vladimirovič Putin è il primo criminale politico del XXI secolo. Occhi gelidi come il sorriso, un passato nel KGB – di stanza a Berlino nel 1989 quando stava venendo giù tutto, chiamava Mosca per chiedere se doveva sparare sulla folla – ha la phisique du role perfetta per finire come coprotagonista in un romanzo che sembra mica troppo inventato. Come se fosse uno dei cattivi di 007, per capirci. L’idea è venuta a Michail Ševelëv, autore di questo Russo no pubblicato dalle Edizioni e/o. Il plot narrativo inchioda sin dall’inizio. Una sera del 2015 il giornalista Pavel Volodin e sua moglie Tat’jana sono a casa quando viene diffusa la notizia che c’è stato un attacco terroristico. Oltre un centinaio di persone sono state prese in ostaggio nella chiesa dell’Epifania del villaggio di Nikol’skoe, vicino Mosca. Sullo schermo della tv appare il volto di uno dei terroristi: è Vadim Petrovic Seregin, detto Vadik, un vecchio amico di Pavel. L’amicizia tra i due uomini attraversa un’epoca di conflitti, guerre, pace, migrazioni e fughe. Pavel è forse l’unico amico di Vadik, e infatti è lui che Vadik vuole come negoziatore. Quando Pavel entra in chiesa c’è un terribile silenzio. Vadik lo accoglie ma si rifiuta di cedere. Man mano che la posta in gioco diventa sempre più alta, veniamo a conoscenza della storia di Vadik, incluso il suo legame con le guerre in Cecenia e in Ucraina, e diventa chiaro che il primo incontro tra i due uomini non era solo ciò che pensava Pavel. Tornato in chiesa, Pavel capisce che i terroristi hanno un’unica richiesta, che ha a che fare con il Presidente della Federazione russa Vladimir Putin. La memoria corre alla strage nel Teatro Dobrovka di Mosca nel 2002, quando un gruppo di indipendentisti ceceni prese in ostaggio 850 spettatori. Senza alcun margine di trattativa l’allora Primo Ministro Vladimir Vladimirovic Putin decise di passare all’azione. Dopo un assedio durato oltre due giorni, le forze speciali russe Specnaz pomparono un misterioso agente chimico all’interno del sistema di ventilazione dell’edificio, provocando la morte di 129 ostaggi e di 39 combattenti ceceni e facendo poi irruzione. Altre stime portarono invece la morte dei civili ad un numero superiore alle 200 unità proprio dovute all’irroramento del Fentanyl, un potente analgesico oppioide sintetico. E così realtà e narrazione romanzesca sembrano sovrapporsi in questo libro. Nato nel 1959, Michail Ševelëv si laurea in lingue all’Università di Mosca. Traduttore e interprete, collabora con il settimanale Moskovskie novosti, di cui diventa vicedirettore. Ha lavorato anche per Radio Svoboda (Radio Free Europe, Radio Liberty). È autore di due romanzi e di diverse raccolte di racconti, tradotti in varie lingue. Nel 2021 gli è stato conferito in Ucraina il Premio Isaac Babel’. A cavallo tra realtà e fiction, Michail Ševelëv racconta così la genesi del suo romanzo: «La voglia di scrivere queste pagine mi è venuta dopo che è stato chiaro a tutti che il giornalismo non era più un modo efficace di influenzare la realtà, ma che qualche speranza la dava ancora la letteratura». Fabio Poletti
pagine 144 euro 17
Per gentile concessione dell’autore Michail Ševelëv e delle Edizioni e/o pubblichiamo un estratto dal libro Russo no.
Non era sparito, quindi. Ecco dov’era. Smettila di tremare, Tanja, cerchiamo di capire cosa succede. Il panico dopo, prima capiamo. Io guardo chi ha chiamato, tu cerca il video di Vadik su internet, veloce che voglio vederlo per intero. Svelta, dài, svelta… Dodici chiamate in tre minuti. Questo ovvio che chiami… questo pure… questo è un numero che non conosco e pure con uno strano prefisso… Iniziamo da quello più importante, poi gli altri. No, mamma, ancora non lo so cosa sta succedendo. È Vadik, sì. No no, niente rischi, stai tranquilla. Non mi passare papà, no, vi richiamo io appena so qualcosa in più. Baci. Miša, piccoletto, ciao. Ma no, non preoccuparti, è una sciocchezza. No no, non ci pensare, vedrai che non è niente… Domani hai la partita, pensa a quello, non a me. Ok. Baci, e ricordati che sei il piccoletto migliore del mondo! Certo che ti chiamo prima che vai a dormire… Bene. Retrovie sistemate. Ho trovato il video! strilla Tanja dall’altra stanza. Faccio partire? Il telefono squilla di nuovo. Guardo lo schermo: di nuovo il numero sconosciuto con il prefisso strano. Un attimo, rispondo a questa e arrivo… «Pavel Vladimirovič?». «Sì?». «Colonnello Semënov, Servizio federale di protezione. Sa già tutto?». «Ho visto il TG e sto cercando di capire». «Posso salire? Sono sotto casa sua». «Scendo io. Mi dia un quarto d’ora». «No, assolutamente. Mi richiami a questo numero quando è pronto. Vengo io da lei al piano». Ostaggi… Negoziatori… Un colonnello che mi aspetta in strada… Sembra la peggiore delle serie poliziesche… Che casino… Vadik, brutto stronzo, che cazzo mi combini? In cosa cazzo mi hai coinvolto? Fammi vedere il video. È lui, non c’è dubbio. È sempre uguale. Prima era pallidino, però, mentre ora… Però è decisamente più magro, ed è nervoso. E non sta più curvo, con la testa insaccata fra le spalle. Schiena dritta e occhi fissi nella telecamera, Vadik annuncia al mondo quanto segue: lui e i suoi compagni hanno occupato la chiesa di Nikol’skoe. Gli ostaggi sono più di cento. Per ogni movimento sospetto nei dintorni uccideranno tre persone. In caso di attacco diretto, la chiesa salta in aria. Parleranno solo coi negoziatori, aggiunge: i giornalisti Evgenij Stëpin (ecco Žen’ka) e Pavel Volodin (questo sono io), appena arriveranno sul posto. Fine del comunicato. A presto su questi stessi schermi. Non ha detto “elimineremo”, ha detto proprio “li uccidiamo”. Sbrigativo, efficiente come chi ha fretta e teme di dimenticare qualcosa, e per questo resta concentratissimo. Chiaro. Anzi no, di chiaro non c’è proprio niente. Che sia impazzito?… Io so solo che devo chiamare il colonnello Semënov e partire. Vedremo laggiù. Che faccio, avverto Žen’ka? No, meglio parlare a quattr’occhi. Colonnello, sono pronto. Aspetta. Solo un momento. No no, tutto bene… sto bene… è stato solo un giramento di testa… Ascolta… stai attento, ok? Se ti succede qualcosa, non sopravvivo… Per viuzze secondarie e zone industriali fino a Bibirevo (vent’anni che guido per Mosca e mai mi sarebbe venuto in mente un tragitto simile), in sette minuti siamo sull’anello delle tangenziali. Tra l’altro, che c’entra il Servizio federale di protezione? Cosa diavolo sta succedendo a Nikol’skoe me lo dice? Io ho l’ordine di portarla là, essendo com’è lei ora sotto protezione. Quanto al resto, non ho l’autorità per risponderle. Accendo la radio? Grazie, mi cerca Golos, per favore? C’è una diretta con tre giornalisti: i soliti due e il direttore in persona. Bravo Lëša: un vero professionista sa quando rinunciare al whisky serale per correre in redazione e mettersi al microfono. E comunque, con certe notizie dovrebbe essere lui a condurre. La voce gli trema, è nervoso. La conosco bene anch’io – uh, se la conosco! – l’eccitazione da sciacallo che ti prende in certi casi. Da un lato c’è l’orrore della tragedia. Dall’altro, il lavoro vero comincia quando gli altri scappano a testa bassa, tutto intorno è un caos infernale, un assillo continuo, ma tu scoppi di felicità perché non devi più ruminare il bolo noioso delle solite notizie. Allora, cos’avete scoperto? Poca roba, hanno scoperto: le stesse cose del telegiornale, ma senza le immagini. Data l’ora, l’unico opinionista che hanno saputo stanare è Belkovskij, il solito tappabuchi che non trova di meglio da dire – sai che novità – che il regime odierno non regge alle sfide della contingenza e in special modo alle minacce del terrorismo. Quanto alle persone che gli autori dell’attacco hanno chiesto come negoziatori… Eccoci: sono pronto ad ascoltare la mia biografia. E già so, non ho dubbi, dove andrà a parare… Infatti. I negoziati saranno appannaggio di due colleghi giornalisti; uno lo cono-sciamo bene, ha partecipato a diverse nostre trasmissioni, ci legano anni e anni di lavoro condiviso, ha anche condotto qualcosa per noi… Ecco, se avesse perso l’occasione per farsi un po’ di pubblicità avrei pensato che stesse male… Non si sa ancora perché abbiano scelto proprio loro, aggiunge, ma chia- meremo sicuramente Stëpin e Volodin perché intervengano in diretta e voi ascoltatori, come sempre, possiate essere i primi a sapere cosa bolle in pentola… E lì me lo immagino che esce dallo studio e strilla come un’aquila ai suoi dipendenti: allora?! ve li ho dati o no i loro numeri di telefono?! se non rispondono chiamate Tanja Vasina, no?, che lei sa tutto di sicuro! chiamate, accidenti, forza! li voglio in diretta! © Mikhail Shevelev, all rights reserved © 2023 by Edizioni e/o