La primavera dello sconcerto o, al contrario, della spensieratezza consapevole della generazione Fru, l’ho incontrata a Foggia. Nella città considerata ai confini del nostro Paese, dove i rampolli della quarta mafia non studiano alla Bocconi per scalare la finanza ma restano a custodire il territorio e dove tanti mi hanno chiesto cosa andassi a fare in una città “così brutta” nello scorso weekend. E invece è stato istruttivo partecipare al festival nazionale delle radio universitarie Fru. Alla facoltà di Economia sono arrivati studenti da tutta Italia per mescolare le loro sperimentazioni radiofoniche e digitali e accrescere le loro conoscenze sulla comunicazione con esperti, docenti, giornalisti. E Foggia non mi è sembrata brutta, anzi. Forse perché sono stufa della Milano sovraffollata da ogni punto di vista. Certo, non ho visitato i quartieri “problematici” o i ghetti dei lavoratori stranieri, ma nel borgo storico ci sono squarci suggestivi e mi è parsa una cittadina vivace per la presenza degli studenti universitari, accogliente per la gentilezza dei suoi abitanti e frizzante per uno dei quattro venti che soffiano sulla città al centro del Tavoliere: l’Autino che dal levante porta la brezza del mare.
Innanzitutto le radio universitarie, ovviamente digitali, sono numerosissime e qui potete scoprire la mappa in tutta Italia. Servono a veicolare le informazioni interne alla comunità universitaria ma anche ad affrontare i temi sociali, a parlare di sostenibilità, Europa, guerra e pace attraverso la musica o i podcast e sopratutto a connettere le nuove generazioni di tutte le facoltà. Hanno nomi talvolta bizzarri, come Urca ad esempio, e i loro speaker sono interessati a comprendere i meccanismi della comunicazione per potenziare lo strumento radiofonico che continua ad essere il più coinvolgente.
Al festival Fru hanno partecipato 20 radio universitarie, 250 studenti e numerosi operatori della comunicazione. All’inaugurazione è intervenuto anche un genio della radio italiana, foggiano doc, Renzo Arbore
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Festival Fru e la radio ponte fra le generazioni
Giusi Antonia Toto, ordinaria di Didattica e Pedagogia Speciale dell’Università di Foggia e coordinatrice scientifica dell’evento, ha spiegato cosi lo spirito della kermesse della generazione Fru: “Il FRU 2025 è stato molto più di un semplice evento: è stato un laboratorio di idee, un luogo di incontro e confronto dove le giovani generazioni hanno potuto esprimere il loro potenziale e la loro creatività. La radio universitaria rappresenta un potente strumento di comunicazione, capace di abbattere barriere e creare ponti tra le persone”.
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Io ho parlato di come costruire un romanzo orale e corale, del nostro podacst Radici ma ne ho approfittato anche per parlare di un altro podcast che i partecipanti non conoscevano: Gen Soli- Italiani senza cittadinanza: all’università c’erano diversi studenti anche delle scuole foggiane di origini straniere. E ne ho approfittato per spiegare l’importanza di andare a votare il referendum sulla cittadinanza l’8 e il 9 giugno. Non ho trovato resistenze né diffidenze perché anche la generazione Fru sa bene quanto sia importante l’inclusione che le loro esperienze radiofoniche promuovono ogni giorno. Poi è finito tutto in taranta, concerti, l’ottimo cibo foggiano e consapevole spensieratezza.
Ho fatto incontri interessanti e la generazione Fru ha portato da tutta Italia storie e idee su come leggere il mondo attraverso il racconto orale. E ho anche scoperto tante storie di inclusione che mi hanno fatto riflettere sugli stereotipi.
Nella provincia maglia nera per il caporalato, si trova l’unica donna di origini straniere, immigrata dal Senegal, a guidare la Caritas: Khady Sene. Una scelta coraggiosa da parte dell’arcivescovo Monsignor Giorgio Ferretti che nella Milano europea o nella Roma cosmopolita verrebbe considerata un atto eversivo. Viva dunque la generazione Fru che mi ha permesso di uscire dagli schemi.
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