È stato un dialogo corale quello fra la poetessa Vivian Lamarque, autrice della favola Storia con mare cielo e paura (Salani editore) , e i bambini della Scuola della Pace, sul dramma dei naufragi. Gli allievi con origini straniere della Scuola della Pace della comunità milanese di Sant’Egidio hanno letto il libro e realizzato dei brevi video con le loro riflessioni su temi cruciali: il viaggio, la solitudine, la nostalgia e, soprattutto, l’accoglienza.

L’incontro che si è tenuto il 23 ottobre nella sede della comunità di Sant’Egidio è stata la prima tappa milanese del Festival della migrazione. L’idea di fondo del Festival è stata quella di contribuire al dibattito pubblico sul tema migratorio in modo da non lasciare la discussione solo ad attori sociali o forze politiche che hanno obiettivi specifici (o di parte) ma non sono direttamente coinvolti nel processo delle migrazioni, cercando di raccontare e approfondire un tema dirimente attraverso molteplici sguardi e linguaggi diversi.

I sorrisi sono dottori

Mohamed Fofana, proveniente dalla Guinea e arrivato in Italia via mare nel 2017, ha parlato del suo tragico percorso, segnato da violenze e prigionia, sottolineando l’importanza dell’accoglienza ricevuta dalla Comunità di Sant’Egidio:
Mi hanno dato un sorriso, e sembrava poco, ma per me è stato tutto, ha raccontato Mohamed Fofana, perché ho smesso di sentirmi invisibile
“I sorrisi sono dottori” è il titolo di un capitolo  del libro di Vivian Lamarque, difficile spiegarlo in modo più chiaro di così.

Chi ha inventato la guerra ?

“Vorrei tornare nel mio Paese per rivedere i miei amici, mia nonna e i miei gatti. Immaginate se la Francia fosse in guerra con l’Italia e la vostra casa fosse distrutta”, ha detto Miron, un bambino ucraino nel video girato alla Scuola della Pace per poi concludere con una domanda a cui è difficile se non impossibile dare una risposta: ”Perché c’è la guerra, chi l’ha inventata?”
Come tutti, anche Vivian Lamarque non ha potuto replicare a un interrogativo così complesso (e terrificante): esiste il male, ma è giusto sperare che i bambini di oggi, che saranno i giovani di domani, possano riuscire a costruire il sogno di un mondo senza guerra.
La solitudine è qualcosa che si sente davvero, solo quando si lascia indietro una parte grande della propria vita”, ha detto invece Bana, una studentessa universitaria siriana, ricordando con emozione i piccoli gesti quotidiani che ora le mancano.

Quando ero in Siria era normale tornare a casa e trovare i miei genitori che mi chiedevano se avevo fame. Anche le cose che all’inizio mi davano fastidio, ora mi mancano. Ma non posso tornare: so che perderei la forza di guardare avanti, ha detto

La sua testimonianza è stata accolta dagli applausi dei bambini che conoscono bene Bana perché lei è una delle educatrici della Scuola della Pace. La poetessa Vivian Lamarque le ha voluto dedicare un passaggio del suo libro:

“Sapeva che di solito nelle case qualcuno verso sera a qualcun altro diceva ‘È pronto’. (…) Quella sera era triste perché stava per arrivare l’ora della paura; allora per incoraggiarsi fece una specie di gioco, disse lei a voce alta a sé stessa ‘È pronto’ poi rispose ‘Arrivo subito’ e corse a sedersi a tavola”.

Alla scuola della pace, non importa chi sei, sei già nostro amico

La favola  di Vivian Lamarque racconta di due bambini che a un certo punto ne accolgono una terza, di cui non sanno niente.

Gli studenti della Scuola della Pace si sono interrogati sull’accoglienza, ispirandosi alla propria esperienza.
“Cosa fate quando arriva un nuovo compagno di classe?” è stato chiesto loro. “Lo accogliamo, lo facciamo sentire come se fosse nella sua vecchia scuola, giochiamo con lui”. Queste sono state le parole dei bambini pronunciate nel video girato alla Scuola della Pace che hanno concluso dicendo: “Alla scuola della pace, non importa chi sei, sei già nostro amico”.
L’accoglienza per me è creare una nuova casa con l’ascolto, il rispetto e anche l’umanità ha sottolineato Ibrahima Ndiaye, attore senegalese arrivato in Italia nel 2022.  Ibrahima ha raccontato come il supporto e l’umanità ricevuti nella comunità di Sant’Egidio siano stati per lui di ispirazione per fare lo stesso con gli altri. Lui ora è diventato mediatore linguistico, allo sportello per i richiedenti asilo
I poeti, i bambini, i giovani e migranti esercitano così la cittadinanza: aiutando gli altri. Si tratta di tre prospettive che si ascoltano poco quando si parla di tematiche complesse come la migrazione. Prenderle sul serio pone molte domande, provare a cercare le parole giuste insieme può essere una possibilità, una strada da percorrere insieme per un dialogo su cosa significa oggi restare umani.