In Italia sta per scoppiare un’altra tempesta sul decreto sicurezza che prevede anche dei paletti alla concessione della protezione umanitaria. E allora diciamo anche noi Merde alors, per andare oltre.

Il dibattito sulle migrazioni è sempre più simile a quello sul sesso degli angeli. Possiamo schierare pure l’esercito, ma nessuno riuscirà a impedire la libera circolazione delle persone, antica come lo è l’umanità. Si può governare meglio, ma non fermare. E allora anche Radici esclama: «Merde alors», come ha fatto il ministro degli Esteri del Lusseburgo, Jean Asselborn.

Si fermano i gommoni? E allora i trafficanti usano velieri e motoscafi. Si chiudono i confini ungheresi? E allora si passa dall’Albania, Paese di transito e crocevia su cui nessuno ha ancora acceso i riflettori, per raggiungere l’Europa (e non l’Italia). E i rimpatri? Al Festival dei Giornalisti del Mediterraneo, ho incontrato l’ambasciatore della Tunisia in Italia, Moez Eddine Sinaoui, che mi ha detto: «Quando sono arrivato in Italia, nel 2016, c’erano più rimpatri che arrivi: sono arrivate 1.200 persone, ma complessivamente ne sono state rimandate indietro 1.700. La verità è che l’unico accordo bilaterale che funziona bene è quello siglato fra Italia e Tunisia nel 2011. Chi arriva viene identificato e, se non ha motivi per restare in Italia, torna in Tunisia».

Ma il problema non è la Tunisia, da cui arrivano i media ogni anno 5.000 persone, di cui solo una minoranza si ferma in Italia. Parliamo di rimpatri? Secondo fonti Ispi, l’Italia ha sottoscritto accordi di riammissione di vario tipo (memorandum, accordi quadro o accordi di polizia) con undici Paesi africani. Eppure, fra 2013 e il 2017, nei Paesi con cui l’Italia ha in vigore accordi di riammissione, il tasso di rimpatrio non ha mai superato il 50% delle persone che hanno ricevuto il foglio di via. E per tutti i Paesi dell’Africa subsahariana la percentuale di rimpatri scende molto, e varia dal 15% della Nigeria fino al 4% del Gambia. Merde alors, e andiamo oltre le diatribe che condizionano le agende politiche e la percezione dell’opinione pubblica. Radici dedica il suo numero al suo testardo impegno per cambiare sguardo e prospettiva.

 

Taha Al-Jalal, lo sposo yemenita che è andato a Masterchef

Abbiamo incontrato Taha Al-Jalal, yemenita di trentun anni, che a Masterchef il 18 febbraio scorso ha portato la ricetta del kapsa. Domenica prossima presenta la sua nuova impresa culinaria che si chiama La cucina di Taha, mentre si prepara con un po’ di sano scetticismo a diventare cittadino italiano. La sua singolare storia è raccontata da Elisa Mariani.

Il faro musicale dei jazzisti per i migranti

Al Festival jazz di Sant’Anna Arresi, Gabriele Mitelli, Rob Mazurek, Alexander Hawkins hanno improvvisato una performance sulla spiaggia in omaggio ai migranti. Fabio Poletti scrive un reportage multimediale con suoni, parole e immagini su questo concerto, ispirato a uno sbarco fantasma avvenuto a Porto Pino. Guardateli, mentre suonano la tromba immersi nel mare. Da brividi.

Tumaranké, il film documentario girato con lo smartphone da trentotto giovani migranti

Sabato 22 settembre al Festival della Letteratura di viaggio verrà presentato Tumaranké, il film documentario interamente girato con lo smartphone da minori non accompagnati e prodotto da Dugong Films in associazione con Offf. Un’esperienza creativa raccontata da una della autrici, Camilla Paternò, durante un Ted dedicato al tema delle migrazioni.

Edoardo Albinati torna su Radici

Ne aveva già parlato su Radici, che lo aveva intervistato dopo che le sue parole («Sapete, sono arrivato a desiderare che morisse qualcuno su quella nave. Ho desiderato che morisse un bambino sull’Aquarius») avevano creato un caso mediatico. Ora quella riflessione è diventata un libro: Cronistoria di un pensiero infame, uscito in questi giorni da Baldini+Castoldi. Qui la nostra recensione.

E se creassimo una Ellis Island europea?

Si può ipotizzare un territorio neutrale, individuato in uno degli Stati membri alle porte del Mediterraneo e sotto l’egida dell’Unione Europea, in cui effettuare i controlli di coloro i quali aspirano a entrare in Europa? La giurista Vitalba Azzollini torna su Radici con un testo provocatorio per aprire un dibattito sulle procedure di accoglienza.

 

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