E va bene, parliamo di Sanremo. Dello spettacolo dove tutti cantano e presentano i concorrenti e dove quest’anno si porta la protesta per la Palestina e la richiesta del cessate il fuoco. Ecco le nostre pagelle: Ghali, icona delle seconde generazioni o meglio detto delle nuove generazioni con background migratorio, è stato un po’ deludente. Fra il compagno alieno e il vestito di paillettes, è stato paragonato alla fata turchina e ha cantato una canzone facile che riprende alcuni temi di quella più autentica e convincente Cara Italia. E anche se avevo scritto che per noi aveva già vinto lui, ora posso dire “Ops, mi sono sbagliata”. La sua strofa “Ma, come fate a dire che qui è tutto normale. Per tracciare un confine. Con linee immaginarie bombardate un ospedale. Per un pezzo di terra o per un pezzo di pane. Non c’è mai pace” ha suscitato la protesta della comunità ebraica di Milano e il fatto che lui che un po’ rinculi e un po’ avanzi non mi pare una cosa seria. Del resto siamo a Sanremo. Ghali prende solo la sufficienza.

Più convincente per virtuosismo canoro e presenza scenica Mahmood, due volte vincitore del Festival, che non è stato capace di andare dritto al cuore come con Soldi e Brividi ma nel testo di Tuta Gold ci trasmette qualcosa di più sul tema delle nuove generazioni con background migratorio. Come quando canta

Mi hanno fatto bene le offese. Quando fuori dalle medie le ho prese e ho pianto, dicevi: Ritornatene al tuo paese. Lo sai che non porto rancore anche se papà mi richiederà di cambiare cognome

Per Mahmood, voto 8.

Ma la migliore fra i rapper è stata la cantante queer Big Mama che ha pianto lacrime autentiche e con la sua canzone La Rabbia non ti basta ha portato sul palco dell’Ariston la sua storia, il bullismo, la malattia, il body shaming, l’omosessualità, la forza delle donne. Per Big Mama, voto 9.

«Big Mama, in licenza da un quadro di Botero, sbatte in faccia al pubblico vetusto di Sanremo le sue natiche di Venere Callipigia. Natiche perfette, natiche intersezionali», osserva sagace Matteo Matteini che sabato organizza una serata di Vitality Social per spiegare le canzoni di Sanremo ai cittadini stranieri e boomer.

Poi io darei 10 cum laude a Marco Mengoni anche se non è in gara ma è una perversione personale che non riesco neanche a spiegare. Rispetto al tema della diversità ha vinto (e non cambierò idea, lo giuro) Big Mama che in un’intervista ha confidato

Non parlo solo a minoranze specifiche, tipo le persone grasse, è un messaggio universale: parlo a chi è effeminato, basso, proviene da brutti quartieri o da un contesto sociale povero: è un brano per tutti, non parlo solo di corpo ma di quello che ci è successo. Devi essere il primo a credere in quello che vuoi

Big Mama aka Marianna Mammone, classe 2000, invera la diversità e a Sanremo, dove ha cantato un dialogo coinvolgente con sé stessa adolescente, ha trovato oltre a un palcoscenico, forse anche il suo riscatto. In nome della libertà delle donne💪