Ciao a tutti e a tutte, avete letto la storia poetica quanto drammatica del piccolo comune montano di Ceresole Reale, in provincia di Torino, dove in classe ci sono solo due bimbi? A prendersi cura di loro ci sarà Noemi, giovanissima maestra di 22 anni. La riapertura della scuola è stata segnata dalla diminuzione degli alunni sia per ragioni demografiche che per l’annoso problema della dispersione scolastica. In questo anno appena iniziato sono previsti in tutte le scuole (escluse quelle della Val d’Aosta e del Trentino-Alto Adige) 8.016.288 alunni, di cui 7.300.014 iscritti in scuole statali e 716.274 nelle scuole paritarie.

Il decremento complessivo è stato di 858.311 alunni, pari al 9,7%, di cui 558.063 nelle statali (-7,1%) e 300.348 nelle paritarie (-29,5%).

La ripresa dell’anno scolastico, il primo dalla fine ufficiale dell’emergenza sanitaria, non ha superato l’impoverimento educativo generato dalla pandemia rispetto all’apprendimento e al benessere psicologico delle studentesse e degli studenti, soprattutto tra i minori svantaggiati.

Cosa succede invece agli studenti con background migratorio? Ne parla in modo esaustivo il rapporto Il Mondo in una classe. Un’indagine sul pluralismo culturale nelle scuole italiane di Save the Children.

In uno scenario in cui la scuola italiana è alle prese con un numero sempre minore di studenti, il rapporto annuale mette a fuoco i percorsi educativi di quelli con background migratorio, evidenziando l’opportunità per il nostro Paese di riconoscere e valorizzare le diversità a scuola e superare gli stereotipi legati al percorso migratorio con proposte capaci di sostenere una scuola inclusiva e multiculturale.

Stiamo parlando di più di 800 mila minori, pari ad oltre 1 su 10 (10,6%) tra gli iscritti nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie nel nostro Paese. Il mancato riconoscimento della cittadinanza italiana ha un impatto sul successo scolastico e segna il loro percorso di crescita e di formazione rispetto ai coetanei

Molti studenti con background migratorio, pur nascendo o crescendo in Italia, hanno meno opportunità rispetto ai loro compagni di scuola, a partire dall’inserimento alla scuola dell’infanzia, al ritardo scolastico dovuto alla collocazione in classi inferiori a quelle corrispondenti all’età anagrafica o alla mancata ammissione all’anno successivo, fino all’abbandono precoce. Senza dimenticare il fenomeno del white flight. Ossia lo spostamento, da parte delle famiglie italiane, di bambini e adolescenti verso scuole situate in aree urbane centrali, con il conseguente aumento della concentrazione di alunni stranieri nelle scuole periferiche. Un tema complesso e ancora poco conosciuto che avevo cercato di fotografare a Milano, già nel 2021.

Ecco perché vi consiglio di leggere il rapporto di Save the Children, che offre alcuni spunti per comprendere la relazione tra educazione e cittadinanza.Varie ricerche europee mostrano che esiste una correlazione positiva tra il successo formativo e il riconoscimento dello status di cittadino ai minori con background migratorio.

Nel nostro Paese, solo il 77,9% dei bambini con cittadinanza non italiana è iscritto e frequenta la scuola dell’infanzia (percentuale che sale all’83,1% per i nati in Italia) contro il 95,1% degli italiani, sperimentando così, fin dai primi anni di vita, percorsi scolastici e educativi diversi, che incidono sui risultati e sulle opportunità future. Con le dovute eccezioni perché empiricamente noi di NRW abbiamo sempre constatato la diffusa presenza di eccellenze dovute alla necessità di superare gli svantaggi ai punti di partenza (e la pressione da parte delle famiglie che in alcune comunità è davvero forte), tra gli studenti con background migratorio si registrano maggiori ritardi scolastici, casi di dispersione e abbandono.

Le disuguaglianze si rilevano anche nell’ apprendimento: al termine del primo ciclo di istruzione, la percentuale degli studenti che non raggiungono le competenze adeguate in italiano, matematica e inglese (secondo i dati INVALSI del 2023) tra gli immigrati di prima generazione è doppia (26%) rispetto agli studenti italiani o stranieri di seconda generazione. Insomma fra diseguaglianze, nuove povertà e conseguenze della pandemia, la scuola pare aver abdicato al suo ruolo di ascensore sociale. Spiega Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia Europa di Save the Children.

Il superamento delle disuguaglianze educative va messo al centro degli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, così come dei fondi ordinari e della nuova programmazione europea. Un intervento organico e strutturale a sostegno delle scuole e dei territori che affrontano questa sfida è la strada per assicurare davvero una scuola ‘aperta a tutti‘, come recita la nostra Costituzione.

Tra i minori con background migratorio che hanno risposto di aver smesso di frequentare la scuola per periodi prolungati e che non hanno cittadinanza italiana, l’8,3% indica tra le motivazioni principali il fatto che non ci fossero posti disponibili a scuola, il 3,2% la conoscenza limitata della lingua italiana, il 2,2% la necessità di aiutare i genitori a casa e il 2,5% il fatto che la scuola non sia utile. Queste percentuali scendono nettamente tra i minori con background migratorio che hanno la cittadinanza italiana: solo l’1,5% afferma di non aver trovato posto a scuola, mentre quasi nessuno sostiene di non conoscere la lingua italiana o di dover restare a casa per aiutare la famiglia o ancora ritiene che frequentare la scuola sia inutile.

Secondo il rapporto Il Mondo in una classe. Un’indagine sul pluralismo culturale nelle scuole italiane di Save the Children, la cittadinanza italiana sembra influire positivamente sul livello di istruzione più alto che gli studenti si aspettano di raggiungere.

l 45,5% degli studenti italiani (43,2% per quelli con background migratorio) intervistati ritiene di poter ottenere un diploma di laurea, un master o un dottorato, dato che scende al 35,7% per gli studenti con background migratorio senza cittadinanza. Questi risultati mostrano come i minori con background migratorio, se cittadini del Paese ospitante, tendono a maturare aspettative e aspirazioni equivalenti a quelle dei coetanei nati in Italia.

Per questo e molto altro (il rapporto è lungo e dettagliato), Save the Children ha lanciato una campagna per la cittadinanza. Con la petizione Cittadinanza italiana per i bambini nati o cresciuti in Italia. È il momento di riconoscere i loro diritti.

Si sta parlando tanto di Carriere Alias per gli studenti che hanno deciso di affrontare un percorso di transizione verso diverse identità di genere (sacrosanto) ma sugli studenti con origini straniere siamo ancora all’anno 0. Ragioniamoci perché è a scuola che si previene il disagio e la devianza delle nuove generazioni (tutte), ma ancora di più per gli studenti stranieri che devono essere supportati, soprattutto all’interno dell’attuale contesto di arrivi straordinari dal Mediterraneo di tanti minori.