La guerra che infiamma la Palestina, Israele e di conseguenza tutto il Medio Oriente ci lascia inorriditi per i crimini di guerra commessi contro i civili. Tutto accade così velocemente che ogni strage ci porta a dimenticare quella precedente. Le ferite sono ormai così profonde che ci vorranno diverse generazioni per curarle. Ammesso che ci si riesca. Nessuno sembra in grado di stabilire chi abbia lanciato il razzo contro l’ospedale a Gaza City, ma nel frattempo ci sono centinaia di morti, di persone private di tutto – acqua, cibo ed elettricità, una via di fuga – che interrogano le nostre coscienze sul dialogo e sulla pace che nessuno è mai riuscito a creare. La striscia di Gaza è una prigione a cielo aperto ? Sì. Il terrorismo di Hamas che ha ucciso, torturato e rapito civili (non solo israeliani) è da condannare senza se e senza ma? Sì.

E cosa possiamo fare in Europa, dove è scattata l’allerta terrorismo? L’immagine più simbolica per me è lo stadio rimasto vuoto, dopo la sospensione della partita Belgio-Svezia in seguito all’attentato avvenuto a Bruxelles. La capitale del Governo europeo è tornata ad essere il teatro di un attacco ancora una volta in nome dell’Isis. Abdesalem Lassoued, 45enne di origine tunisina, l’uomo che ha ammazzato a colpi di kalashnikov due cittadini svedesi arrivati in Belgio per vedere la propria nazionale, è stato fermato e ucciso, ma le sue tracce lasciate nei luoghi di passaggio e soprattutto di detenzione di migranti meriterebbero una profonda riflessione perché si tratta di “non luoghi” che privano i migranti detenuti di ogni diritto, di ogni umanità. E creano rabbia, rancore e anche radicalizzazione.

Ma quello che mi preme sottolineare oggi è che non basta invocare il dialogo e la pace o chiedere di tornare all’ipotesi “Due popoli, due stati”. Quello che mi preme rimarcare è che deve ancora crescere una generazione ponte che si metta in mezzo fra i due opposti estremismi, che vada in piazza ad urlare che la Palestina non è Hamas e Israele non è il suo Governo. Manca chi sappia guardare al dopo, a quel dopo che non è mai stato costruito. Per questo motivo al Festival sull’Europa solidale del Mediterraneo organizzato dall’associazione Generazione Ponte, ho apprezzato molto il coraggio della deputata Ouidad Bakkali che ha lanciato un monito per non lasciare i piedi solo i piloni del ponte.

Non devo farmelo dire da nessuno cosa accade e cosa è accaduto in Palestina per decenni, mi ha detto, ma se vogliamo immaginare un futuro dobbiamo avere il coraggio di affermare che Hamas non rappresenta la popolazione palestinese. E pensare come creare una diversa leadership per creare il dialogo e la pace

Purtroppo sono pochi i giovani di seconda generazione con origini arabe che hanno preso posizioni riflessive, condannando gli estremismi opposti, perché, come ha sostenuto la parlamentare Ouidad Bakkali, il pensiero si è polarizzato ulteriormente e manca una capacità di lettura critica della complessità. Eppure sono loro, che vanno in piazza a chiedere giustamente libertà e giustizia per i palestinesi, che possono costruire un ponte per riannodare un dialogo anche in Europa, dove tutte le intelligence si aspettano una nuova stagione di terrore islamista. E lo ha ricordato Ouidad Bakkali che durante l’intervista pubblicata da Gariwo ha detto senza paura di essere smentita:

In questa fase storica, noi che rappresentiamo le seconde generazioni dobbiamo essere un ponte per collegare l’Italia, l’Europa e i nostri Paesi di origine, ma anche alimentare un pensiero attento sia ai diritti dei palestinesi sia a quelli degli israeliani. Altrimenti non arriveremo da nessuna parte. E se fra i due piloni non esiste nulla, il ponte lo dobbiamo costruire noi con le nostre storie, con il nostro coraggio

Parlando con lei, mi è venuta un’idea: perché non cerchiamo di aggregare tutte le persone che rifiutano la polarizzazione, l’odio, la guerra per lanciare una grande iniziativa per il dialogo? Non sarà facile, se non addirittura impossibile finché saranno le armi a parlare, finché si continueranno a uccidere bambini e civili, ma ci dobbiamo provare perché al netto delle tante parole di circostanza, la generazione ponte che sappia farlo deve ancora crescere. E lo dico con profonda amarezza. E invece bisogna lavorare per la pace, il dialogo. E bisogna farlo ora. Dobbiamo chiedere di fermare la guerra nella Striscia di Gaza, la liberazione degli ostaggi israeliani, ma anche iniziare subito a creare un ponte in Europa. E soprattutto dobbiamo isolare chi inneggia alla violenza in nome della propria religione che viene distorta. Perché se è vero che non ci può essere pace senza giustizia, è anche vero che non ci può essere giustizia senza pace.