Mentre assisto sempre più basita al frastuono sui femminicidi, con post sui social di uomini che si battono il petto e si fustigano per dire quanto sono maschilisti o, al contrario, istigano all’odio verso le donne, mi chiedo come siamo arrivati al punto di non capire che la soluzione alla violenza deve essere collettiva. E fermata con gesti concreti, al posto di affidarsi ancora una volta all’infruttuoso deterrente dell’inasprimento delle pene. Davanti ai drammi bisogna agire e reagire, invece di cercare consenso nel regime totalitario dei like. Non si può essere un giorno tutti palestinesi e il giorno dopo tutti Giulia Cecchettin. Si deve avere il coraggio di sporcarsi le mani con la realtà e costruire comunità educative che coinvolgano reti sempre più vaste per diffondere il bene da contrapporre al male. Perciò questa settimana voglio parlarvi di una delle best practice sui diritti umani. Ovvero quella di GariwoNetwork che il 24 e il 25 novembre riunirà i cittadini, i docenti, le associazioni, i giornalisti, gli intellettuali di tante nazionalità che hanno creato oltre 250 Giardini dei Giusti in tutto il mondo per valorizzare le figure eroiche che si battono per i diritti umani, l’inclusione, il dialogo, la pace, la difesa delle donne, la democrazia sostanziale.
ll Male fatto alle persone non va raccontato dalla fine, ma dal suo inizio. È importante studiare e comprendere le stazioni del Male che in ogni epoca possono, in determinate condizioni, portare all’oppressione e alla disumanità. Come aveva compreso Primo Levi, non esistono due pianeti: quello di Auschwitz e quello della nostra vita quotidiana. I semi del Male nascono e si manifestano con parole malate, con lo svuotamento della democrazia e gli attacchi al pluralismo, con il bullismo, con il disprezzo e la manipolazione dell’altro
Queste parole le hanno scritte il presidente della Fondazione Gariwo Gabriele Nissim e il suo responsabile editoriale Francesco M. Cataluccio in un documento che spiega la metodologia adottata per rispondere alle sfide della contemporaneità. In Gariwo-Il Metodo gli autori spiegano cosa è stato fatto in vent’anni per prevenire genocidi, pulizie etniche, discriminazioni politiche e sociali, leggi liberticide, prigioni, campi di reclusione, guerre in nome della religione. Ecco perché Gariwo sollecita i parlamenti a fare periodici report sui genocidi in corso e sui meccanismi dell’odio contemporaneo, per educare la società alla prevenzione
Nel mondo di oggi la diplomazia per i diritti umani non compete solo agli Stati, ma anche agli individui. E gli individui non solo possono sollecitare gli Stati, ma possono dal basso supplire alle mancanze politiche. Per farlo si devono cercare i Giusti, raccontarli, onorarli, farli conoscere soprattutto a chi educa le nuove generazioni. La riflessione di Gabriele Nissim e di Francesco M. Cataluccio serve a capire la missione di una comunità educativa che – attraverso l’informazione, la creazione dei Giardini dei Giusti di tutto il mondo, un’enciclopedia dei Giusti e le attività didattiche – ha creato una diplomazia parallela a quella istituzionale. Una diplomazia dei diritti umani che ha aperto oltre Giardini dei Giusti in tutto il mondo, anche in Medio Oriente. Come quello creato all’interno del villaggio Neve Shalom Wahat al-Salam (che significa oasi di pace in lingua araba ed ebraica), dove convivono decine di famiglie palestinesi ed israeliane a poca distanza dal confine di Gaza e dove sono stati onorati, fra gli altri, i palestinesi che hanno salvato 600 ebrei durante gli scontri del 1929 a Hebron.
La riflessione di Gabriele Nissim e di Francesco M. Cataluccio serve a capire la missione di una comunità educativa che – attraverso l’informazione, la creazione dei Giardini dei Giusti di tutto il mondo, un’enciclopedia dei Giusti e le attività didattiche – ha creato una diplomazia parallela a quella istituzionale. Una diplomazia dei diritti umani che ha aperto oltre Giardini dei Giusti in tutto il mondo, anche in Medio Oriente. Come quello creato all’interno del villaggio Neve Shalom Wahat al-Salam (che significa oasi di pace in lingua araba ed ebraica), dove convivono decine di famiglie palestinesi ed israeliane a poca distanza dal confine di Gaza e dove sono stati onorati, fra gli altri, i palestinesi che hanno salvato 600 ebrei durante gli scontri del 1929 a Hebron.
Grazie a questa vasta rete internazionale votata alla creazione di segmenti culturali di speranza (ci sarà presto anche il primo Giardino dei Giusti diplomatici alla Farnesina e nelle ambasciate in diversi Paesi), la Fondazione Gariwo riceverà un attestato di civica benemerenza all’Ambrogino d’oro il 7 dicembre. L’appuntamento annuale di GariwoNetwork il 24 e 25 novembre servirà a riflettere su come si debba agire e reagire sul fronte dei diritti umani davanti alle grandi crisi internazionali perché fra derive identitarie e nazionaliste, persecuzioni etniche e guerre sante, la crescita di democrazie illiberali e di regimi teocratici, bisogna avere gli strumenti culturali per infrangere l’indifferenza, l’apatia e l’impotenza. Invece di indignarsi e odiarsi sui social media, bisogna agire e reagire.