Ci vuole orecchio per capire l’Italia che cambia oltre lo scontro sullo ius scholae. Questa parafrasi della canzone di Enzo Jannacci mi suona in testa da giorni. E il prevedibile duello sullo ius scholae, con una Lega stremata e un’opposizione che si sta giocando tutte le sue carte, non cambia la mia musica. Veronica Atitsogbe, la più votata della lista civica Damiano Tommasi Sindaco a Verona, sembra aver sorpreso tutti. Ma prima di lei è stato eletto da poco, a Genova, SiMOhamed Kaabour, come indipendente nelle liste del Pd. Nell’ottobre scorso è stato il turno per la seconda volta di Ouidad Bakkali, che è stata pure assessora a Ravenna e ora guida il Consiglio comunale. E ancora: Abdullahi Ahmed a Torino, Siid Negash a Bologna, Othmane Yassine a Fermignano, Marwa Mahmoud a Reggio Emilia, solo per citare gli esempi più noti. Potete rivedere il nostro workshop sulla Diversity leadership a Genova per capire quanto gli “apripista” siano andati avanti, almeno nelle amministrazioni locali da cui si parte sempre per entrare in politica. Ma se Veronica Atitsogbe, per spiegare la sua elezione “simbolica” (perché ogni volta, davanti al successo di qualcuno con background migratorio, si  ricorre all’aggettivo simbolica/o?), è costretta a dire «Sono una ragazza di seconda generazione, a Verona non c’è rappresentanza di questo tipo persone, possiamo definirle così?», allora bisogna avere più orecchio per capire l’Italia che cambia e soprattutto si deve trovare un linguaggio adeguato.

Perché ci vuole orecchio per capire l’Italia che cambia oltre lo scontro sullo ius scholae

Ieri sera mi sono divertita a scherzare con gusto insieme a quelli che sono stati prima intervistati da NRW, poi diventati compagni di viaggio, partner, autori e infine amici. Giornalisti, startupper, lobbysti per l’inclusione. Sono simbolici anche i loro successi? La loro autoironia su tutti i cliché che li riguardano è un altro degli esempi lampanti di come la diversità stia diventando un patrimonio comune.  E di come le differenze siano soprattutto ai blocchi di partenza, cioè se ci sono o meno troppe diseguaglianze sociali ed economiche per farcela. Ora bisognerebbe infatti avere più orecchio per percepire cosa accade nelle periferie. Nel frattempo assisto allo scontro in Parlamento sullo ius scholae che il presidente della commissione Affari Costituzionali, Giuseppe Brescia, è riuscito (quasi) a far arrivare in Aula. Anche se un anno fa ci aveva detto che la riforma della cittadinanza era un tema troppo divisivo . Ieri ha illustrato la legge con queste parole

In molti casi non hanno mai visto il Paese di origine dei loro genitori, hanno sempre vissuto qui in Italia, studiano con i nostri figli, parlano solo in italiano, pensano e sognano in italiano, e ai quali, di fatto, non viene riconosciuto il sacrosanto diritto di far parte al 100 per cento di quella che a tutti gli effetti è la loro comunità

Il mantra della Lega invece non cambia timbro: l’Italia ha altre priorità, rispetto alla “cittadinanza facile per gli immigrati”, ma il mondo va veloce e alla prossima elezione di una giovane con background migratorio -anche se è nata qui e magari non conosce il Paese dei suoi genitori-, mi auguro che non si usi più il termine simbolico e si pensi piuttosto alla formazione politica che ci vuole per far crescere il numero degli eletti fra le nuove generazioni.

Ci vuole orecchio per capire l’Italia che cambia oltre lo scontro sullo ius scholae

Martedì scorso in piazza Capranica, a Roma, è stato simulato un matrimonio dalla Rete per la Riforma della Cittadinanza: una rete composta da oltre trenta associazioni che promuovono la campagna #Italiadimmidisì per ottenere una nuova legge sulla cittadinanza entro la fine dell’attuale legislatura.

Il flash mob ha messo in scena un vero e proprio matrimonio in una piazza festosa con il red carpet, fiori, archetti e abiti nuziali donati da designer di punta della Fashion Week milanese. A prestarsi a fare la sposa, è stata la nostra social media manager Michela Fantozzi che non si ferma davanti a nulla, quando si tratta di difendere i diritti civili

I numeri per far approvare la legge sullo ius scholae a Montecitorio ci sono, con buona pace della Lega. Anche se i guardiani del passato la aspettano al varco al Senato per farla affondare. Nel frattempo riflettiamo sui cambiamenti che sono profondi e non “simbolici” perché ci vuole orecchio anche per apprezzare la performance di Asterio (al nostro ultimo workshop a Torino)  con cui ha spiegato bene quanto l’Italia sia cambiata oltre lo scontro sullo ius scholae.

Foto del flashmob a Roma di Gabriele Colafranceschi