Editoriale NuoveRadici.world

«No, Pina sono molti di più!», «Molti di meno, Mario!». Vi ricordate il quiz di Raffaella Carrà coi fagioli o il riso a Pronto, Raffaella? Davanti a quell’indecifrabile contenitore di vetro, negli anni ’80, i telespettatori impazzivano. Da una settimana media e politici ci tormentano con quiz meno innocui. Quanti sono i migranti pronti a invadere l’Italia? Un grande boh. E quanti sono combattenti e miliziani pronti a rientrare attraverso la Libia? Un tragicomico Vai-a-sapere. E allora gli islamisti radicalizzati in Italia? Nessuno indovina mai, come coi fagioli della Carrà.

Questa settimana il tema delle nuove generazioni di italiani e quello della radicalizzazione islamista si intrecciano per un episodio di cronaca.

Il fermo due giorni fa di un giovane italiano convertito all’islam quando era ancora al liceo, Giuseppe Frittitta, e di un ragazzo marocchino che ha solo 18 anni. Secondo l’indagine avviata dalla Digos di Palermo, Ossama Ghafir avrebbe cominciato a radicalizzarsi come risposta al suo mal di vivere. Dalla propaganda web entrambi sono passati alla realtà, per creare un microcellula, tutti giovanissimi — meno di 20 anni — e furiosi con la vita. Abbastanza per essere delusi dalla mancata strage di 51 studenti sul pullman dirottato a San Donato, il 20 marzo scorso. Abbastanza per voler vagheggiare di andare in Siria a vendicare i fratelli, combattenti dello Stato Islamico morti sul campo di battaglia. Abbastanza per odiare il Paese in cui sono cresciuti. E allora bisogna ragionare su quanto viene affermato nel provvedimento di fermo in cui si spiega come il diciottenne Ossama istigasse il suo compagno palermitano, Giuseppe Frittitta, per spingerlo verso il martirio. Scrivono gli investigatori nel decreto di fermo «Tale prospettiva (il Califfato) ha costituito una potente attrattiva per quella parte di musulmani di seconda e terza generazione, soprattutto se residenti in occidente e che si ritengono marginalizzati nelle società in cui vivono. Essi hanno visto nel Califfato una strada concreta per avere una rivalsa sui Paesi dove sono nati ma che non hanno mai vissuto come la loro patria».

L’età dei giovani radicalizzati si è abbassata ulteriormente. NuoveRadici.World riporta quotidianamente quanto accade nelle esistenze delle nuove generazioni: la maggioranza sembra aver superato ogni difficoltà, con ostinata tenacia, ma non va dimenticato chi resta indietro e reagisce isolandosi. Quanti sono? Una minoranza, certo. Pochi, in Italia, rispetto al resto d’Europa. Ma per intercettarli prima, per salvarli da loro stessi e difendere le potenziali vittime del loro delirio, non basta il radar sempre attivo dell’intelligence. Ci vogliono insegnanti attenti e genitori, amici e vicini che abbiano il coraggio di segnalarli. Si diffonde un male oscuro anche nelle nuove generazioni che per un po’ era rimasto silente. Non ignoriamolo, invece di giocare a chi la spara più grossa e tira a indovinare, come coi fagioli della Carrà.

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