Non c’è spreco più grande che tenere nascosto il proprio potenziale. Lo comprendono i genitori, lo insegnano a scuola, lo ripetono coach e dirigenti d’azienda. Allora perché, in Italia, non ce ne ricordiamo?

C’è una nuova generazione di italiani che sta facendo valere il diritto a essere protagonisti nel proprio Paese, ma fatica a trovare visibilità perché si sottraggono agli stereotipi (e li demoliscono). Per questo motivo Nuove Radici World ha organizzato un incontro dal titolo “Le Nuove Radici della leadership. Come essere leader nella società multiculturale”, che si terrà alla Triennale di Milano il prossimo 2 ottobre. Durante la giornata, ci sarà anche un workshop con un gruppo di ragazzi e ragazze tra i 20 e i 30 anni, guidato da imprenditori e creativi con background migratorio che stanno ridefinendo la leadership in Italia.

La sinergia tra radici differenti funziona e dà ottimi frutti, come dimostrano i profili dei relatori che durante l’incontro porteranno testimonianza delle proprie storie

Leader di se stessi

Come portare la leadership dei nuovi italiani sotto gli occhi di tutti se non attraverso arti visive come la scenografia e la street art? Di questo si occupa Boris Veliz, nato 27 anni fa a Guayaquil, in Ecuador, e adottato da Milano dove si è laureato all’Accademia di Belle arti di Brera. «L’arte annulla le differenze sociali e culturali». È un artista eclettico che ha lavorato anche per la tv e il cinema, e come educatore in workshop sociali, focalizzando l’attenzione sulla formazione della personalità: «Per diventare un buon leader è fondamentale possedere una serie di requisiti che non sono necessariamente le competenze professionali in un determinato settore, ma essere dotati di empatia, carisma, disponibilità, umiltà. Nell’intervento del 2 ottobre farò riferimento a Ulisse da Baghdad, un libro di Éric-Emanuel Schmitt.

L’autore racconta la storia di un ragazzo in fuga dalla guerra di Iraq avendo sempre in mente i suggerimenti di suo padre che, da piccolo, gli diceva: “Quando ti troverai di fronte a una difficoltà pensa a come avrebbe fatto Ulisse nell’Odissea”

«Solo quando si diventa condottieri di se stessi si può diventare leader per qualcun altro. Ma prima di farsi seguire bisogna seguire qualcun altro ed è fondamentale imparare a scegliere i propri riferimenti».

Più leader, meno capi

Anche una pettinatura afro può essere il riferimento estetico di una leadership interculturale, come ci racconta Evelyne Sarah Afaawua, la giovane imprenditrice italoghanese che ha creato il brand Nappytalia Eco Bio Cosmetics. Nata in Francia e arrivata in Italia all’età di un anno, mentre studiava all’università Bocconi di Milano ha iniziato a maturare l’idea della sua azienda di prodotti per capelli ricci. «Volevo vedere la mia immagine riflessa e i capelli sono un mezzo per esprimere identità, autenticità e naturalezza. NappyItalia ha l’obiettivo di far emergere chi in Italia non ha ancora una rappresentanza».

Nappy vuol dire “crespo” ma anche “naturale”. Nel 2014 Afaawa ha fondato Afro Italian Nappy Girls, la prima community italiana per ragazze di nuove generazioni miste, che hanno deciso di valorizzare la propria identità attraverso i capelli dal riccio afro. «La leadership è una cosa che viene riconosciuta come rappresentativa da parte di una comunità. Leader è la persona che coglie le esigenze degli altri e sa trovare una risposta. Così è accaduto nel mio caso, perché ho iniziato facendo qualcosa che mancava a me e poi altre persone si sono identificate riconoscendomi il ruolo di guida», spiega Evelyne Afaawa. E ci tiene a sottolineare che Nappy è il frutto di un lavoro di squadra, di un gruppo di ragazze e ragazzi con lo stesso obiettivo anche prima che il brand diventasse un’azienda di successo. Ai ragazzi che parteciperanno al workshop l’imprenditrice proporrà di riflettere insieme sulla leadership in quanto rappresentazione:

Ho l’impressione che oggi viviamo un problema di ego smisurato. Ci sono persone che si svegliano la mattina e pensano di comandare, più che guidare. Invece credo che il concetto di leadership dovrebbe fare dei passi indietro per tornare a farsi voce degli altri