The hill we climb: cosa dovreste sapere prima di leggere la poetessa Amanda Gorman

Esce oggi il libro della poetessa afroamericana scelta per l'insediamento di Biden che ha infiammato i dibattiti letterari in Europa. Ne abbiamo parlato con tre esperte del settore.

Oggi esce in contemporanea mondiale The Hill We Climb, libro della giovane poetessa afroamericana Amanda Gorman pubblicato in Italia da Garzanti con la traduzione di Francesca Spinelli. Proprio le traduzioni del libro sono state oggetto di forti polemiche in Europa. A scatenare il dibattito sono state in particolare le scelte editoriali fatte nei Paesi Bassi e in Spagna. Può una persona bianca e, come nel caso spagnolo un uomo, interpretare fedelmente lo scritto di una giovane donna nera? Abbiamo provato a ricostruire il quadro della controversia insieme a tre professioniste del mondo dell’editoria e dell’attivismo civile.

La lotta politica è diventata un brand

Martina Testa lavora come editor e traduttrice per le edizioni Sur e ha idee precise su questa polemica che, secondo lei, non ha tenuto conto della natura del mestiere del traduttore: «Il caso Gorman mi sembra sintomo di una tendenza che io vedo con preoccupazione, ossia una certa sudditanza economica e culturale dell’editoria europea al mercato degli Stati Uniti» spiega. «È giusto che il traduttore abbia visibilità all’interno della filiera del libro, però qui si è creato un cortocircuito. Tradurre Amanda Gorman aveva più a che vedere con il prodotto che offriva, voleva dire associare la propria identità a una campagna di marketing americana. In questo caso stiamo parlando di un prodotto commerciale, non di letteratura».

Per la traduttrice il colore della pelle non influisce sul rigoroso mestiere della traduzione: «Se qualcuno mi dicesse che non sono adatta a tradurre un libro di un autore nero perché il mio colore non mi ha permesso di vivere le stesse esperienze, sì, sentirei sminuito il mio lavoro. Il testo è come un codice, il vissuto di chi scrive e il mio si toccano solo attraverso le parole sulla pagina. Per interpretarle ci vuole una competenza linguistica, che non coincide con una comunanza di vissuto. Ammesso e non concesso che persone con lo stesso colore della pelle abbiano necessariamente un vissuto comune».

Testa vede nella vicenda un collegamento con le rivendicazioni identitarie made in USA, che considera fuori contesto in Europa

«Personalmente ho sempre vissuto le lotte per i diritti partendo da una visione marxista della società e della storia. La mia lente è quella della classe sociale e dei fenomeni economici alla base della storia delle idee» spiega. «Negli ultimi anni la sinistra italiana, invece, ha importato dalla sinistra americana un sistema di pensiero, che per semplificare chiamiamo woke, ma l’ha fatto in maniera acritica, senza contestualizzarlo. La cultura woke focalizza le sue rivendicazioni politiche sull’identità personale ed è espressione di una visione del mondo individualista. È figlia della situazione socioculturale statunitense, dove il culto dell’autodefinizione è diffuso».

Secondo la traduttrice la tendenza alla diffusione di etichette individuali è utile a creare target commerciali: «La possibilità di autodefinirsi viene fraintesa come un portato di libertà in sé e per sé, cosa che non è, specie perché viene facilmente sfruttata dalla struttura economica delle grandi aziende dei social network. Questo sistema economico, in cui esistono aziende più potenti degli Stati nazionali, si basa sull’estrarre valore dai nostri gusti, scelte e personalità, cose che non sarebbero monetizzabili».

Mass media e fake news

Ilaria Marazzina è una mediatrice, traduttrice e insegnante italonigeriana che vive a Londra. Dal suo punto di vista la questione della traduzione della poesia di Amanda Gorman serve solo a dividere: «La polemica mi è sembrata un po’ assurda, penso che sia stata inquadrata fin dall’inizio su delle premesse sbagliate. Di base la natura della traduzione è quella di andare oltre le differenze, non marcarle».

«Una parte di me vorrebbe dire che la gente ha poco da fare» dice scherzando sui motivi per cui la discussione si è scatenata, ma in realtà chiama in gioco il ruolo dei mass media.

Il tema del razzismo nell’ultimo anno è arrivato all’esasperazione, è stato facile per i media attirare l’attenzione sulla notizia, manipolandola per enfatizzare le divisioni

«Spesso i giornali attribuiscono battaglie a gruppi di minoranze solo per lucrarci sopra. Però, se vai a parlare con i diretti interessati, scopri che non gliene importa nulla. Ci deve essere la volontà dei media di cambiare modo di fare notizia».

Per quanto riguarda la traduzione, non è convinta che una persona nera europea possa avere la stessa esperienza di una afroamericana: «Io sono una ragazza italiana di origini nigeriane, dovrebbe importarmi se una poetessa afroamericana viene tradotta da una persona non afroamericana? È qualcosa che mi riguarda?» Sotto l’apparente volontà di unire realtà diverse c’è l’obiettivo di dilaniare segmenti di realtà politica, spiega Marazzina. «C’è questa idea che chiunque abbia un goccio di sangue africano debba avere grande attenzione per queste tematiche. Sì, l’esperienza di vita dovuta al razzismo può essere comune, ma ciò non ci rende uguali. E questo è vero anche per questione di genere. Le donne in quanto tali devono occuparsi di tutte le donne, a prescindere da esperienze e culture? Siamo tutti uguali o tutti diversi? La verità è nel mezzo, siamo entrambi».

Parliamo di pari opportunità

Kwanza Musi Dos Santos è un’attivista, formatrice e consulente di diversity management italobrasiliana. Secondo lei è giusto che a tradurre sia una persona che ha vissuto sulla propria pelle le stesse problematiche di chi scrive. E fa notare che la traduzione di autori neri spesso non è accurata, perché c’è poca conoscenza delle tematiche, soprattutto se sei bianco: «Questa poetessa afroamericana ha anche parlato di esperienze di razzismo, quindi deve essere tradotta da una persona che ne condivide il vissuto, altrimenti c’è il rischio che vengano usati termini sbagliati per esprimere il messaggio. Certo, qui si tratta di poesia, quindi va privilegiata la competenza. Ma, dove possibile, è meglio preferire l’apporto al lavoro di una persona con un background simile».

Dos Santos in questa polemica ha letto un invito alla riflessione politica: «Secondo me questa contrapposizione è stata istigata dai media e non dagli attivisti. Ma la questione verte sulle pari opportunità, non sulla differenza tra essere bianchi o neri. In una società razzializzata, le possibilità concesse a un nero nella vita sono ridotte» spiega. «In Olanda, Paese in cui è partita la polemica, un quarto della popolazione è nata all’estero. La traduzione della poesia di Gorman è un’occasione di risonanza che fa rabbia non cogliere».

La rappresentanza è parte integrante delle battaglie antirazziste, per l’attivista italobrasiliana

Le lotte per i diritti sono partite da piani legislativi e adesso cercano spazio nella cultura, dove ci sono ancora tanti ostacoli i cui effetti sono simili a vere e proprie prescrizioni legali

Sottolinea il valore della cultura anche per le generazioni future: «È importante per i bambini avere dei riferimenti culturali in cui rispecchiarsi. Ci sono tantissimi studi sul bisogno di essere visti e di essere rappresentati, su come vedersi replicati aiuti la formazione di un’autostima. C’è una tendenza, nella cultura occidentale, a soffocare il contributo dei neri alla storia e all’arte. Quindi penso che sia bene parlare di pari opportunità e di rappresentanza in tutti gli ambiti, anche nell’editoria».

Foto: Facebook/theamandagorman