Il prossimo 9 febbraio si terrà a Los Angeles la 92° edizione degli Oscar, l’appuntamento per i più importanti premi del cinema americano, che anche quest’anno sta facendo parlare di sé per la poca presenza di nominati appartenenti a minoranze etniche.
La polemica sulle nomination
Cynthia Erivo è l’unica attrice non bianca ad aver ricevuto una nomination (è nata a Londra da genitori nigeriani), precisamente nella categoria miglior attrice non protagonista per il film Harriet. Non va meglio nemmeno in termini di uguaglianza di genere: Greta Gerwig di Piccole Donne è l’unica regista donna ad aver ricevuto una nomination.
La storia degli Oscar d’altronde la dice lunga sulla mancata propensione dell’Academy nei confronti della diversità. Nei suoi 92 anni solamente 5 donne sono state candidate nella categoria miglior regista e solo 13 nella sezione miglior fotografia. E ancora, negli ultimi 10 anni su 200 nomination nelle categorie attori, solo 26 sono stati non bianchi, 7 dei quali hanno vinto una statuetta.
La storia dell’hashtag
Ma quella di quest’anno non è una polemica nuova: la discussione si è aperta nel 2015, anno in cui nessun attore o regista nero fu nominato in alcuna categoria della premiazione, così come nel 2016. Ed è proprio in quel biennio che l’hashtag #OscarsSoWhite divenne endemico, tanto che nel 2016 diverse celebrity afroamericane annunciarono che non avrebbero presenziato alla premiazione. Fra questi l’attrice Jada Pinkett Smith, moglie di Will Smith e il regista Spike Lee, recentemente nominato presidente della giuria di Cannes 2020.
Promotore di un accesso più equo nell’establishment di Hollywood, Spike Lee nel 2016, indignato per la mancanza di attori neri fra i candidati agli Oscar scrisse un lungo post sul suo profilo Instagram, nel quale diceva: «Com’è possibile che per il secondo anno consecutivo tutti i venti attori candidati per le categorie attori siano bianchi? E non entriamo neppure nelle altre categorie: 40 attori bianchi in due anni e nessun altro genere. Noi non sappiamo recitare?!»
Quell’anno infatti furono esclusi Will Smith per Zona d’ombra, Michael B. Jordan per Nato per combattere, Idris Elba per Beasts Of No Nation e Samuel L. Jackson per The Hateful Eight.
L’iniziativa dell’Academy
Per far fronte all’ondata di critiche nel 2016 l’Academy, ovvero l’organo che decide le nomination per le varie categorie ed infine i vincitori, promosse l’iniziativa di raddoppiare la presenza nella giuria di donne e appartenenti a minoranze entro il 2020. Secondo il New York Times nel 2015 l’Academy era composta al 25% da donne e solo all’8% da appartenenti a minoranze etniche.
Le cose sembravano essere migliorate: il 2019 è stato l’anno record delle statuette vinte ad attori e registi non-white: Rami Malek per Bohemian Rhapsody, Spike Lee per BlacKkKlansman, Regina King per Se la strada potesse parlare e Mahershala Ali per the Green Book. Ma contro ogni pronostico, nonostante l’ampliamento della giuria in seno alla diversity e lo straordinario numero di film, attori e registi non-white in produzioni di successo, gli Oscar 2020 sono tornati ad essere dominati dai bianchi.
Le nomination mancate
Inaspettate numerose mancate nomination, tra queste Il diritto di opporsi di Destin Daniel Cretton, film incentrato sugli errori del sistema giudiziario americano, che vede le grandi interpretazioni del già premio Oscar Jamie Foxx e di Michael B. Jordan, divenuto celebre con il film Black Panther.
Meritevole anche l’interpretazione di Lupita Nyong’o, protagonista dell’horror Noi, che avrebbe potuto essere candidata sia come miglior attrice che come miglior attrice non protagonista avendo recitato alternandosi tra il suo personaggio e quello del suo doppio. Degno di nota anche il regista dello stesso film, Jordan Peele, al suo secondo film dopo il pluripremiato Get Out. E non da meno nemmeno la performance di Eddy Murphy in Dolomite is my Name, commedia musicale prodotta da Netflix e candidato ai Golden Globes come miglior film musicale e Jennifer Lopez nelle vesti di una stripper affarista ne Le ragazze di Wall street, anch’essa candidata ai Golden Globes come miglior attrice non protagonista e infine l’attrice Awkwafina per The Farewell – Una buona bugia.
Vincitori contro
Quest’anno la statuetta per il miglior film sarà contesa da registi importanti: Scorsese con il suo The Irishmen che vanta attori come De Niro e Al Pacino, Tarantino con C’era una volta a… Hollywood nella quale troviamo Di Caprio e Brad Pitt e il plurinominato Joker di Todd Phillips.
E sempre nella stessa categoria concorrono 1917, Jojo Rabbit, Storia di un matrimonio, Le Mans ’66 – La grande sfida, Piccole Donne e Parasite. Una disparità evidenziata pochi giorni fa nel corso degli “Oscar britannici”, i Bafta, da Joaquin Phoenix, vincitore della statuetta al miglior attore per Joker: «Penso che inviamo un messaggio molto chiaro alle persone di colore: non sei il benvenuto qui», ha annunciato Phoenix, sottolineando le nomination quasi esclusivamente di attori bianchi e accusando l’industria del cinema di “razzismo sistemico” e “oppressione”.
Unica nota fuori dal coro, per questi Oscar, è Parasite, film del regista coreano Bong Joon-ho, unico film dal cast e dal regista non-white, candidato come miglior film. Un thriller che tratta la diversità delle classi sociali di due famiglie sud coreane. Senza dubbio uno dei film favoriti di quest’anno. Sintomatica, poi, anche l’assenza totale di donne nella categoria miglior regista. Eppure anche in questo caso di nomi ce n’erano diversi: Lulu Wang per The Farewell – Una buona bugia, Lorena Scafaria per Le ragazze di Wall Street e la stessa Greta Gerwig per Piccole Donne.
Insomma, se da un lato Cannes elegge a presidente della giuria un regista come Spike Lee dal pensiero politico molto esplicito, Hollywood rimane incastrata in atavici problemi di inclusione, con il Regno Unito che segue a ruota. Il risultato di tutto questo? La produzione di film sempre meno rappresentanti realtà diverse da quelle della cultura dominante, bianca, maschia e etero. L’ennesimo #OscarsSoWhite.