Si chiama infibulazione. È l’escissione del clitoride, delle piccole labbra e talvolta delle grandi labbra dell’apparato genitale femminile. Nei casi più radicali si arriva alla cucitura della vulva, lasciando libero solo un piccolo spazio per urinare o per far scorrere il sangue mestruale. Un rituale tribale, illegale in quasi tutto il mondo, che ancora viene praticato sulle ragazzine in età puberale, per renderle illibate fino al matrimonio, per negarle ogni tipo di piacere, destinato unicamente al futuro marito padrone. Basta un rasoio, nei villaggi sperduti della savana spesso basta un coccio di vetro. Non c’è anestesia, solo dolore. Talvolta con conseguenze tragiche fino alla morte per dissanguamento o setticemia. Di questo parla Sangue, il libro pubblicato dall’editore Piemme. A scriverlo Nice Leng’ete, una donna keniota di origini Masai, scappata da ragazzina dal suo villaggio al confine con la Tanzania per non essere sottoposta a questa pratica crudele. Aiutata solo dalla sorella, Nice Leng’ete è stata a lungo ripudiata dalla comunità e considerata una reietta. Per il suo impegno contro l’infibulazione, è diventata un’attivista di Amref Health Africa, ed è stata nominata dalla prestigiosa rivista statunitense Time una delle 100 donne più influenti al mondo. «In fondo al cuore mi vedo ancora come una semplice bambina di campagna, ma è vero, ho dedicato la vita a salvare le ragazze dalle mutilazioni genitali femminili, una procedura crudele e a volte letale. Ho girato il mondo intero, incontrato re e celebrità, tenuto discorsi e ricevuto premi. Ma, soprattutto, ho aiutato migliaia di bambine».parlato in passato qui a NuoveRadici.world, pionieri della lotta contro l’infibulazione nel nostro Paese. Fabio Poletti Nice Leng’ete Sangue La storia della ragazza Masai che lotta contro le infibulazioni traduzione di Elena Cantoni 2022 Piemme pagine 256 euro 18,90
L’infibulazione e l’escissione del clitoride contrariamente a quanto si pensi, anche se viene citata, non è uno dei precetti del Corano. «Narrò Abu Huraira: ho sentito il profeta dire “Cinque pratiche sono caratteristiche della fitra: circoncisione, rasarsi i peli pubici, accorciare i baffi, tagliarsi le unghie e depilare i peli delle ascelle” (Sahih al-Bukhari, Volume 7, Libro 72, Numero 779)». E non è vero che a questa pratica siano sottoposte solo le musulmane. In Niger si calcola che al 55% delle donne di fede cristiana sia stata praticata una qualsiasi forma di mutilazione genitale, il 20% di loro fino all’escissione del clitoride. In Somalia si ritiene che il 95% delle donne abbia subito e continui a subire l’infibulazione. In Nigeria l’infibulazione è stata ufficialmente proibita nel 2015, in Sudan appena due anni fa. Anche in Italia si è parlato di infibulazione, soprattutto grazie a due medici di origini straniere, i camerunensi Omar Abdulcadir e sua figlia Jasmine Abdulcadir, con i quali abbiamoPer gentile concessione dell’autrice Nice Leng’ete e della casa editrice Piemme pubblichiamo un estratto dal libro Sangue.
Una mattina, quando avevo tre o quattro anni, mia madre mi svegliò prima dell’alba e camminando nel buio silenzioso mi portò a una casetta ai margini della città. Dalla soglia vidi una ragazza di quattordici anni, seduta su una pelle di vacca, circondata da un gruppo di donne. Quelle cantavano, dicendole di essere forte, perché presto sarebbe diventata donna. Sentivo anche le voci degli uomini, che cantavano da qualche parte fuori dalla mia vista. Stavano bevendo birra fermentata in casa. Non potevano assistere a una cerimonia tra donne, ma cantavano per incoraggiarle, incitandole a essere forti e coraggiose. L’intera comunità era in festa. Uomini e donne si alternavano nel canto, a volte chiamandosi e rispondendosi a vicenda. La luce era ancora fioca e rosata quando ebbe inizio la cerimonia del taglio. La ragazza strinse forte le labbra e irrigidì i muscoli. Chiuse gli occhi e deglutì a fatica. Tutte noi ci avvicinammo, radunandoci in cerchio intorno a lei. Una zia si accovacciò da una parte, una nonna dall’altra, poi le aprirono le gambe. La madre sedette alle sue spalle e la fece sdraiare. Per un lungo istante restarono tutte immobili e in silenzio nella prima luce del giorno, come se non dovesse accadere proprio niente. Poi una donna anziana, una levatrice venuta da un’altra cittadina, si fece avanti e con un rasoio colpì la ragazza tra le gambe. Il sangue cominciò a uscire a fiotti, imbrattando le mani della levatrice e la pelle di vacca, ma non era ancora finita. «Toglilo tutto, recidilo alla radice» intonarono le donne. La ragazza si irrigidì, cercando di non urlare. La levatrice le afferrò il clitoride, tenendolo teso, e continuò a tagliare, mentre la ragazza stringeva i denti e sudava. Sentivo il rumore della carne lacerata, l’odore di ferro nell’aria. Il sangue gocciolava dai polsi della levatrice. Finalmente la donna si rialzò. La giovane continuava a tremare; la madre la tenne stretta finché non riprese a respirare. Poi le donne la aiutarono ad alzarsi. Barcollando, entrò in casa e si lasciò cadere su un pagliericcio. Aggrappata alla mano di mia madre, io restai a fissarla mentre gridava, contorcendosi per il dolore. Quel pomeriggio rimasi in silenzio. Non tartassai Soila di domande e non mi lamentai nemmeno delle faccende. «Ma che ti prende oggi?» mi chiese mia sorella. «Cosa succederà a quella ragazza?» Soila restò immobile. «Guarirà» rispose, dopo un momento. «Il taglio tocca a tutte.» Ma la ragazza non guarì. Dopo la cerimonia le venne la febbre, e pochi giorni dopo morì. La gente diceva che qualcuno aveva fatto il malocchio alla sua famiglia. Quella notte io mi rannicchiai nel letto accanto a Soila. «E se qualcuno fa il malocchio anche a noi?» «Non accadrà, Nice. Adesso dormi.» Mi accarezzava la schiena. Dopo qualche minuto il suo respiro diventò lento e regolare, e si addormentò. Io restai sveglia a fissare il muro. Ero stata disobbediente anche troppo spesso, e la prima moglie di mio padre detestava la mamma. Un mucchio di gente avrebbe potuto farci il malocchio. Non eravamo al sicuro. E poi il taglio doveva essere dolorosissimo. Avevo sentito le urla della ragazza, l’avevo vista tremare e sudare. Come poteva essere una cosa buona, se faceva tanto male? Molti ricordi della mia infanzia sono indistinti, sfocati, ma mi basta chiudere gli occhi per rivedere ogni dettaglio di quella cerimonia. E vorrei tanto riuscire a dimenticarla. Negli anni seguenti assistetti ad almeno altre dieci cerimonie del taglio. Ognuna peggiore della precedente. Mia madre mi aveva portata a vedere quella prima circoncisione femminile perché lei e mio padre credevano nelle tradizioni. C’è una storia che le madri e le nonne Masai raccontano alle bambine per spiegare l’origine del taglio. Un tempo i Masai erano in guerra con un popolo confinante. I vicini erano cacciatori, ma erano diventati avidi e pigri, e per mangiare si erano messi a rubare il bestiame dei Masai, costringendoli a combattere per proteggere le proprie mandrie. Un giorno una giovane Masai vide un bellissimo guerriero che apparteneva al popolo dei cacciatori e perse la testa per lui. Non le importava che la gente del ragazzo derubasse il suo popolo: le interessava soltanto soddisfare la propria lussuria, perciò andò a letto con lui. Quando i famigliari lo scoprirono, capirono che bisognava impedire alla lussuria di decidere per lei. Fu così che le tagliarono il clitoride. Da quel giorno la ragazza restò fedele al suo popolo e i Masai rimasero così colpiti dal cambiamento che da allora recisero il clitoride a tutte le loro donne. Da quel giorno il taglio diventò un tratto distintivo della nostra identità. Parlarne alle bambine piccole e accompagnarle ad assistere alla cerimonia era un modo per prepararle alla vita nella comunità. Anche mia madre lo aveva subito. Come pure sua madre, sua nonna, e tutte le donne delle generazioni precedenti. Era doloroso, ma loro erano Masai, e avevano affrontato il supplizio con coraggio. Era una prova che bisognava superare, per diventare donne e appartenere al popolo. Mia madre era consapevole dei rischi, aveva sperimentato lei stessa il dolore, sapeva cosa comportava per quella ragazza, eppure mi aveva presa per mano e mi aveva accompagnata alla cerimonia. Il taglio era parte di noi. © 2021 Mondadori Libri S.p.A. per il marchio Piemme Copyright © 2021 by Nice Leng’ete Per gentile concessione di Mondadori Libri S.p.A.