Il mito della frontiera, dell’epopea del Far West americano, a guardar bene è ancora sotto i nostri occhi. Là c’erano le praterie i bisonti gli indiani e la voglia di andare a Ovest. Qui ci sono mari e deserti e un intero popolo di derelitti in fuga da guerre e miseria per raggiungere l’Europa, il Nord, le moderne città dell’oro agli occhi di chi migra o si fa profugo. La similitudine, quantomai azzeccata, in questo Quanto oro c’è sulle colline, che la scrittrice C Pam Zhang pubblica in Italia per 66thand2nd. Ambientata ai tempi della corsa all’oro la storia, con quel che di magico che permea la narrativa di questa pluripremiata scrittrice nata a Pechino ma approdata sin da giovanissima nel Kentucky, segue l’odissea di due giovanissimi fratelli Lucy e Sam, rimasti orfani. Figli della misconosciuta fatica dei cinesi impegnati nella costruzione delle linee ferroviarie verso Ovest, Lucy e Sam nel loro cammino incontreranno cercatori d’oro e speculatori, un sinistro cacciatore di pellicce, la proprietaria di un bordello, una ricca ragazza di città che offrirà loro aiuto ma solo alle sue condizioni. Nell’ombra del ricordo del padre violento, per cui nutrono sentimenti contrastanti, Lucy e Sam dovranno cercare la loro strada in mezzo a paesaggi brutali e incantati, anche a costo di separarsi, e scoprire a poco a poco i segreti del loro passato familiare insieme a quelli del loro Paese, l’America. Fabio Poletti
C Pam Zhang
Quanto oro c’è in queste colline
traduzione di Martina Testa
2021 66thand2nd
pagine 352 euro 18
Per gentile concessione dell’autrice C Pam Zhang e dell’editore 66thand2nd pubblichiamo un estratto dal libro Quanto oro c’è in queste colline.
Ba muore durante la notte, e loro devono mettersi in cerca di due dollari d’argento.
Al mattino Sam già batte il piede impaziente, ma Lucy prima di andare sente il bisogno di dire qualcosa. Quel silenzio su di lei pesa di più, la schiaccia finché non cede.
«Scusa» dice a Ba, steso sul letto. Il lenzuolo che lo copre è l’unico tratto pulito di questa baracca buia e polverosa, dove ogni superficie è nera di carbone. Quando era vivo, Ba non si curava di quello squallore, e anche nella morte il suo sguardo sghembo e cattivo lo oltrepassa senza vederlo. Così come oltrepassa Lucy, per puntare dritto su Sam. Sam, il suo orgoglio, un fagotto inquieto che gira in tondo davanti alla soglia con un paio di stivali troppo grandi per lui. Sam che un tempo pendeva dalle labbra di Ba e adesso non vuole guardarlo negli occhi. È allora che Lucy se ne rende conto: Ba se n’è andato davvero.
Struscia un alluce nudo sul pavimento di terra, scava in cerca delle parole giuste per farsi ascoltare da Sam. Per abbracciare con una benedizione anni di dolore. Nella luce che entra dall’unica finestra, la polvere rimane sospesa come un fantasma. Senza un alito di vento a smuoverla.
Poi qualcosa tocca la schiena di Lucy.
«Bang» dice Sam. Undici anni contro i dodici di Lucy, legno mentre la sorella è acqua, come diceva sempre Ma, a Sam mancano comunque una trentina di centimetri per raggiungerla in altezza. Ha l’aria infantile, una delicatezza solo apparente. «Troppo lenta. Sei morta». Sam tira su le dita fra due pugnetti tozzi e soffia sulla canna di una pistola immaginaria. Come faceva Ba. È il modo giusto, diceva, si fa così, e quando Lucy gli aveva spiegato che stando al maestro Leigh i nuovi modelli di pistola non si inceppavano e non c’era bisogno di soffiarci sopra, Ba aveva concluso che fosse giusto darle anche uno schiaffone. Lei aveva visto esplodere le stelle dietro gli occhi, e sentito una scheggia di dolore trafiggerle il naso.
Il naso di Lucy non è più tornato dritto. Se lo tocca, rimuginando. Il modo più giusto, aveva detto Ba, era lasciarlo guarire da solo. Guardando in faccia Lucy, una volta scomparso il bocciolo del livido, aveva rapidamente annuito. Come se ce l’avesse avuto in programma da sempre. È giusto se ti resta un memorìo della tua arroganza.
Il viso scuro di Sam è sporco di terra, striato di polvere da sparo in modo da assomigliare (pensa Sam) a quello di un in- diano coi colori di guerra, ma dietro quella maschera è un viso perfetto.
Una volta tanto, visto che i pugni di Ba sono inoffensivi sotto il lenzuolo – e siccome lei è brava, è sveglia, pensa che magari provocare Ba potrebbe farlo alzare dal letto per darle una sberla –, Lucy fa quello che non fa mai. Carica le mani anche lei, puntando le dita. Tocca il mento di Sam dove il trucco lascia spazio al grasso infantile. Sulla mascella che qualcuno potrebbe chiamare delicata, se non fosse per il modo in cui Sam la contrae.
«Bang pure a te» dice Lucy, spingendo Sam verso la porta come fosse un fuorilegge.
Al sole si sentono prosciugare. È il culmine della stagione secca, la pioggia ormai un ricordo lontano. La loro vallata è fatta di terra nuda, divisa a metà dallo zigzagare di un torrente. Su questo lato ci sono le fragili baracche dei minatori, sull’altro le case dei ricchi, con i muri fatti come si deve, i vetri alle finestre. E intorno, a circondare tutto quanto, le colline infinite dorate dalla vampa del sole; e nascosti in mezzo alle distese d’erba assetata, accampamenti raffazzonati di cercatori d’oro e indiani, grappoli di vaccari, viandanti e fuorilegge, e la miniera, e poi ancora miniere, e altre terre a perdita d’occhio.
Sam raddrizza le spalle esili e si incammina verso l’altro lato del torrente, la sua camicia rossa è un urlo in mezzo alla desolazione.
Quando erano arrivati tutta la vallata era coperta di erba alta e gialla, c’erano piccole querce sulle alture, i papaveri dopo la pioggia. L’inondazione di tre anni e mezzo fa ha sradicato le querce, fatto annegare o scappare metà della gente. La loro famiglia però è rimasta, da sola al margine estremo della vallata. Ba come uno di quegli alberi spaccati in due da un fulmine: morto al centro, ma con le radici ancora aggrappate alla terra.
E adesso che Ba non c’è più?
Lucy mette i piedi nudi nelle orme lasciate da Sam e resta in silenzio, risparmia saliva. L’acqua dell’inondazione se n’è andata da un pezzo, lasciando il mondo se possibile ancora più assetato.
E anche Ma ormai se n’è andata da un pezzo.
© C Pam Zhang, 2020
© 66THAND2ND 2021