Rosa o azzurro. Facile ma non è più il tempo. Facebook, tanto per citare un esempio comprensibile a tutti, accetta oltre duecento definizioni di genere. Duecento. Parafrasando l’incipit di Anna Karenina ogni individuo è felicemente uguale ad un altro, ma ognuno è diverso da tutti sopportandone le conseguenze. Nemmeno uno scrittore assai acuto come Lev Nikolàevič Tolstòj, era arrivato anche solo ad ipotizzare che l’evoluzione dei costumi e dunque della società, ci avrebbe portati a una moltiplicazione di generi come stiamo assistendo oggi, dove le caselle in cui cerchiamo di infilare a forza ogni individuo, ci appaiono sempre meno adatte allo scopo. Ma dove non è arrivato il grande scrittore russo ci prova la studiosa statunitense Judith Lorber, “professor emerita” di Sociology and Women’s Studies a The Graduate School and Brooklyn College, CUNY. Lei che, a partire dagli Anni Settanta ha dato un decisivo impulso agli studi di genere, di cui è stata tra le prime docenti, in questo Oltre il gender, pubblicato da il Mulino, si interroga sulle dinamiche legate al voler incasellare ad ogni costo un individuo. Se è vero che ogni stato ha bisogno di leggi certe e sicure per poter andare avanti, non è mica detto che in tempi di gran fluidità, valgano come monolitiche le definizioni di genere. Anche perché ancora oggi, le leggi sono modulate su un carattere binario, maschile e femminile. E fa niente se, nel tramonto dei nomi e dei pronomi maschili e femminili si affaccia la schwa che si vorrebbe neutra ma di non ancora immediata declinazione. L’interrogativo che pone Judith Lorber, alla fine è assai intrigante: se vogliamo davvero essere liberi e tutti uguali, impariamo ad accettare che ognuno di noi é differente a chiunque altro. Fabio Poletti
Judith Lorber Oltre il gender I nuovi paradossi dell’identità traduzione di Andrea Asioli 2022 il Mulino pagine 192 euro 14Per gentile concessione dell’autrice Judith Lorber e dell’editore il Mulino pubblichiamo un estratto dal libro Oltre il gender.
Bagni gender-neutral Le cosiddette «guerre dei bagni» sono un caso evidente di come il moltiplicarsi dei generi vada a scontrarsi con le politiche di genere statali. La richiesta dei bagni gender-neutral era stata originariamente avanzata da donne femministe stanche di aspettare in lunghe file mentre i bagni degli uomini erano vuoti. Era parte integrante della lotta per l’uguaglianza di genere. Attualmente la richiesta di bagni gender-neutral proviene da persone che sono gender-variant. Negli Stati Uniti, le richieste di bagni gender-neutral vengono ancora considerate così estreme da continuare a dare adito a delle battaglie legali. Nella US Transgender Survey del 2015, quasi il 60% degli intervistati ha riferito di non usare le toilette pubbliche per il timore d’incontrare violenza, e il 12% ha riferito di essere stato aggredito verbalmente nell’ultimo anno mentre cercava di usufruire dei servizi igienici. I fruitori gender-variant delle toilette miste si scontrano in maniera lampante con l’ordine sociale di genere binario. Essi violano quella che per molti è l’immutabilità psicologica e biologica del proprio sesso e della propria identità di genere. In Queering Bathrooms, Sheila Cavanagh [2010] ha esaminato le reazioni scioccate all’uso dei bagni convenzionali da parte di persone il cui aspetto di genere è ambiguo. Cavanagh suggerisce che il fatto di essere in un bagno con una persona di genere apparentemente diverso dal proprio mette in discussione l’identità di genere accuratamente sviluppata dalla psiche e ottenuta in gran parte attraverso l’educazione all’uso del bagno (toilet training). Ne risulta così minata alle radici la prospettiva che tutti continuino dalla nascita in poi a essere dello stesso genere e abbiano corpi congruenti con l’a- spetto di genere. Cavanagh ha intervistato cento individui, tra studenti e laureati, normodotati e di classe media, medio-alta e alta, e altri soggetti tra i 18 e i 59 anni, che si identificavano come transessuali o transgender, come gender queer e come gay, lesbiche e bisessuali. Tre si identificavano come intersessuali. Le loro esperienze riguardavano i bagni occidentali identificati sulla base del genere. Molte delle persone intervistate, in quanto attiviste, erano in grado di analizzare la reazione provocata dal loro uso del bagno. In due hanno riferito una reazione a scoppio ritardato, altre hanno denunciato di aver subito offese verbali, di aver dovuto far fronte all’allertamento delle guardie giurate o di essere state persino arrestate. Gli utenti convenzionali dei bagni distinti per genere appoggiano il binarismo e la netta segregazione di donne e uomini in certi spazi pubblici. Nonostante si invochi la sicurezza, le donne sarebbero più sicure nei bagni dove ci sono diverse persone di ciascun genere. L’agio di stare con i «propri simili» in uno spazio privato costituisce anch’esso un problema. Non c’è un mandato ufficiale per i bagni gender-neutral suscettibile di modificare l’uso del bagno come è avvenuto negli Stati Uniti con la desegregazione razziale legale e le leggi che regolano l’accesso dei disabili. In On Not Making History, Harvey Molotch [2010] ha descritto la mancata costruzione di un bagno multi-gender nelle nuove strutture della New York University per un dipartimento di Social and Cultural Analysis. Scrive Molotch: «È andata persa l’occasione di inscrivere il cambiamento sociale nella forma architettonica e di usare la forma per facilitare la crescita intellettuale». Ma il progetto non aveva abbastanza sostenitori disposti a lottare per la sua realizzazione. Riflettendo sulla politica dei bagni gender-neutral nei campus universitari, Alexander Davis [2020] sottolinea che possono rappresentare un capitale culturale e che sono passibili di essere introdotti se migliorano la commerciabilità di un’istituzione. © Judith Lorber 2021 © 2022 by Società editrice il Mulino, Bologna