Primavera araba è un termine che abbiamo imparato a conoscere da tempo. È l’incendio che ha bruciato il Nord Africa e il Medio Oriente dove una marea di giovani, soprattutto giovani, è scesa in piazza per reclamare diritti e libertà. Omar Youssef Souleimane, nato nel 1987, giornalista e scrittore, oppositore del dittatore siriano Bashar-Al-Assad, è uno di loro. In questo libro, L’ultimo siriano pubblicato da edizioni e/o, racconta della sua terra, della primavera e di quei giovani, presi dal fermento di quanto stava succedendo con sullo sfondo la guerra civile che non sembra finire mai. Ne esce un mix tra avvenimenti sociali e politici e storie individuali, che racconta il lato umano, pure quello privato, di quell’incendio che ha attraversato con furore mezzo continente. Ogni ritratto dei suoi personaggi è un pezzo di storia, un puzzle a cui mancano ancora troppe caselle per dirsi compiuto. Omar Youssef Souleimane, con tratto a volte assai delicato, racconta della sua Siria a cui ha dedicato centinaia di pagine, prima come giornalista e poi come scrittore. Mettendosi a nudo come ha ha fatto con Le petit terroriste, dove racconta quanto sia sottile il limite tra fede e integralisno, o in Loun de Damas, una madeleine sulle sue origini e sulle sue radici. Fabio Poletti

Omar Youssef Souleimane
L’ultimo siriano
traduzione di Alberto Bracci Testasecca
edizioni e/o
pagine 160 euro 16

Per gentile concessione dell’autore Omar Youssef Souleimane e di edizioni e/o pubblichiamo un estratto dal libro L’ultimo siriano.

Benché sia insolito, ha deciso di cambiarsi il nome in Joséphine. Non solo per la sua ammirazione verso Joséphine Baker, ma anche perché significa “colei che riunisce”.
Nessuno sa come si chiami davvero. Quando glielo chiedono risponde ridendo: «Non me lo ricordo più».
La sua vita è un cuore che palpita tramite le sue reti di conoscenze. Fin dal primo anno di università si è fatta amici dappertutto, ad Aleppo, Homs, Damasco, sulla costa. Si sposta continuamente da un luogo all’altro per andare a trovarli. Ogni volta che rivede qualcuno ha l’impressione di riscoprire se stessa. È felice quando riesce a risolvere i loro problemi. Ultimamente cerca di trovare una soluzione ai problemi del paese.
Abita a Damasco da tre anni, da quando ha lasciato la casa dei genitori sulla costa per andare nella capitale a studiare l’inglese. Una scusa come un’altra per sganciarsi dalla famiglia. Era l’unica ragazza, circondata da tre fratelli, soffocata in un paesino dove tutti si conoscono. Per lei Damasco era un mondo nuovo in cui respirare. Da principio il padre non voleva che partisse, ma lei era riuscita a convincerlo. «Diventerò professoressa e tu sarai fiero di me con i tuoi amici». Allora il padre le aveva messo a disposizione tutto ciò di cui aveva bisogno per i suoi studi.
Joséphine è stressata senza un motivo particolare, ma è sempre così. Entra in un negozio, sceglie dei prodotti di bellezza molto rapidamente, senza neanche guardarli, paga ed esce. Non è lontana da suo quartiere, Shaalan. Corre con lo zainetto in spalla e il cellulare in mano guardandolo in continuazione per rispondere alle decine di messaggi che riceve. Per strada un ragazzo la chiama: «Che fai stasera? Ti darei una leccata alla passera». Lei alza il dito medio verso di lui senza degnarlo di uno sguardo.
Riceve un messaggio da Khalil: Sono sotto casa tua, ti aspetto. Joséphine sorride, quel semplice messaggio le piace: sa che Khalil può salire senza di lei. Si passa la lingua sulle labbra, è incerta sulla risposta. Khalil ha la chiave, come tutti i suoi amici. «Il mio appartamento è di tutti voi» dice sempre. «La mia unica casa sono le vostre braccia». L’ha conosciuto poco dopo aver creato il Daw’, un gruppo di militanti della capitale. Era aprile, un mese dopo l’inizio della rivoluzione. «Dobbiamo radunare i giovani impegnati di tutte le regioni, concentrare le nostre energie come un laser per distruggere la mafia di Al-Assad». L’idea le proveniva dall’infanzia, quando insieme ai suoi amichetti davano fuoco alle foglie secche del giardino con una lente d’ingrandimento. Khalil è stato uno dei primi a unirsi a lei. Adora lavorare con Joséphine, se c’è lei è pronto a stare giorni interi senza dormire per preparare una manifestazione. Sali, sto arrivando gli risponde.

© Flammarion, Paris, 2020
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