L’isola Diego Garcia è un puntino nel cuore dell’Oceano Indiano. Divenne famosa al mondo nel 1991 perché dalla base militare americana, avuta in concessione dai britannici, partivano i bombardieri verso l’Iraq durante la prima Guerra del Golfo. Identiche missioni nel 2001 contro l’Afghanistan e due anni dopo ancora contro l’Iraq. Un’isola che è un paradiso, con un passato assai travagliato, finita dritta nel libro della franco-mauriziana Caroline Laurent, nata nel 1988, professoressa associata di Letteratura Moderna alla Sorbona di Parigi. Il libro dal titolo Le rive della collera, pubblicato dalle edizioni e/o, va a scavare nelle radici della scrittrice, tornata più volte a Diego Garcia, raccontando un episodio che pochi conoscono. Marzo 1967. Marie-Pierre Ladouceur vive a Diego Garcia, nelle isole Chagos, un arcipelago annesso alle Mauritius, fino a quel momento colonia britannica. Va a piedi nudi, libera e senza freni. Incontra Gabriel, un mauriziano che è venuto ad assistere l’amministratore coloniale. Un uomo di città. Un’eleganza incredibile. Nell’arco di pochi mesi, Mauritius diventa indipendente dopo centocinquantotto anni di dominazione britannica, ma le isole Chagos restano alla Gran Bretagna. A poco a poco, la vita quotidiana cambia e il buio avanza, fino al giorno in cui i soldati convocano gli abitanti dell’isola sulla spiaggia. Hanno solo un’ora per abbandonare la loro terra, i loro animali, le loro case, i loro legami. E per quale motivo? Per andare dove? Dopo lo strazio arriva la rabbia, e con essa la rivolta. Presto, arriverà anche il tempo della giustizia… Ma come abbiamo visto, il dominio coloniale britannico e americano, è tutt’altro che finito. La base Usa di Diego Garcia con il suo carico di B52 ultima versione pieni di bombe rimarrà attiva almeno fino al 2036, pronta a trascinare all’inferno chissà quali Paesi, partendo da questo paradiso. Fabio Poletti Caroline Laurent Le rive della collera traduzione dal francese di Billy Allegri 2022 Edizioni e/o pagine 384 euro 20
Per gentile concessione dell’autrice Caroline Laurent e delle Edizioni e/o pubblichiamo un estratto dal libro Le rive della collera.
Non è un granché, la speranza. Una preghiera per se stessi. Un po’ di sogno frantumato in una mano, migliaia di schegge di vetro, il palmo insanguinato. È un ritornello inventato un mattino di sole pallido. Per noi, figli delle Isole lassù, è anche una bandiera nera dai riflessi oro e turchese. Una libbra di carne asportata da così tanto tempo che ci siamo abituati a vivere con un buco nel petto. Andare avanti, quindi. Fissare l’orizzonte. Solo i morti hanno il diritto di dormire. Se abbandoni la lotta, tradisci te stesso. Se tradisci te stesso, abbandoni i tuoi. Mia madre. La rivedo sul ciglio della strada, metà volto inondato dalla luce, l’altra metà immersa nell’ombra. La mia gigante dai piedi nudi. Le mancavano le parole ma poco importa; aveva di meglio, aveva lo sguardo. In piedi, figliolo. Non ti riaddormentare. C’è da combattere. Con la fede, niente ti sarà impossibile… La fede, il suo secondo stendardo. Quattro lettere per dire Dio, e Dio mascherava la sua collera, il suo fuoco, la sua lacerazione, l’eterna gara del suo dolore. Io la fede non ce l’ho. Preferisco parlare di speranza. La speranza è normalità come dovrebbe essere: rivolta verso un altrove. Non uno scopo o un obiettivo, no, un altrove. Un luogo segreto dove, finalmente, ciascuno trovi il suo posto. Un posto giusto. Il mio esiste. Un’isola sperduta al largo dell’Oceano Indiano, una lingua di sabbia esageratamente piatta, e vuota, e calma; flutti dalla trasparenza indefinibile. Il mare come un paese. Quest’isola che nessuno conosce è casa mia, è la mia terra. Come vedi, la tua assenza non cambia niente. Anche senza di te, Mamma, vado avanti. Sono pronto. Dodici ore di volo fino a Parigi. Poi un treno per L’Aia, con cambio a Rotterdam. Non avrò tempo per visitare la torre Eiffel. Ma mi sarebbe piaciuto. Salire fino in cima e, per una volta, essere io a guardare gli altri dall’alto. Scusa. Non ci vado da turista. Non sono mai stato un turista. Cos’è un turista? Un Bianco in bermuda e infradito che viene a Mauritius per dimenticarsi i soldi che guadagna? Niente passeggiate neanche all’Aia. Dei Paesi Bassi vedrò solo la Corte internazionale di giustizia. Il mondo poserà gli occhi su di noi. Un duello. La giustizia è la sorella cattiva della speranza. Ti fa credere che ti salverà, ma da cosa verrà mai a salvarti visto che arriva sempre dopo una disgrazia. Una sentenza non ripara nulla. Non consola. A volte, tuttavia, risana il cuore. L’unico sollievo a cui punto è questo: risanare. Mandare al tappeto i colpevoli. Rovesciare l’ordine prestabilito. Tu non chiedevi tanto, Mamma. Questa collera è solo mia. Quando le persone davanti a me si meravigliano – Il coraggio che hai, davvero, la forza, dopo tutti questi anni… –, non so cosa rispondere. Il coraggio è l’arma di chi non ha altra scelta. Lo saremo tutti, nelle nostre povere vite, coraggiosi a un certo punto. Non siate impazienti. © 2020 Les Éditions Les Escales © 2023 by Edizioni e/o