Terzo Mondo, in senso spregiativo. Ribaltando la prospettiva si dovrebbe chiamare Primo Mondo, non fosse altro perché da lì arrivano i primi esseri umani, che hanno poi popolato l’intera Terra. Una migrazione infinita e mai terminata, che ha disseminato nel mondo cultura e saperi. In cambio, l’Occidente ha depredato l’Africa in ogni modo, deportando 30 milioni di schiavi, colonizzando territori e rubando materie prime, che potrebbero tranquillamente mettere il Continente Nero al primo posto delle economie mondiali. Della centralità del continente nella storia dell’umanità si occupa la poderosa raccolta di saggi L’Africa e il mondo, curata da François-Xavier Fauvelle e Anne Lafont e pubblicata da Add Editore. Il volume raccoglie storie e analisi dei più importanti africanisti come Ana Lucia Araujo, Pascale Barthélémy, Jean Godefroy Bidima, Guillaume Blanc, François Bon, Marie-Laure Derat, Souleymane Bachir Diagne, Sarah Fila-Bakabadio, Erika Nimis, Marian Nur Goni e Anne Ruderman. Il libro vuole essere una storia mondiale dell’Africa ma pure una storia africana del mondo. Portando alla luce il dialogo che le società del continente hanno sempre intrattenuto con il resto del mondo, da Lucy al jazz a Black Lives Matter, questo libro lancia una doppia sfida. Non solo l’Africa ha una storia, ma – a volte suo malgrado – è stata al centro delle vicende del mondo, dall’Antico Egitto alle guerre mondiali, dal traffico di oro e avorio allo sfruttamento di coltan e cobalto. Per superare gli stereotipi culturali di “culla dell’umanità”, di serbatoio di milioni di uomini incatenati nelle navi negriere, François-Xavier Fauvelle e Anne Lafont orchestrano i contributi di autori e autrici che raccontano un’Africa pienamente partecipe alla formazione della civiltà contemporanea. Sotto la lente dell’arte, della natura, delle religioni, delle resistenze e diaspore si compone un continente in movimento da cui non hanno mai smesso di irradiarsi culture, economie, estetiche. Riannodare queste storie, un capitolo dopo l’altro, costruisce la nuova storia tra l’Africa e il mondo, dall’antichità al futuro. Fabio Poletti
a cura di François-Xavier Fauvelle e Anne Lafont
L’Africa e il mondo
Riannodare le storie dall’antichità al futuro
traduzioni dal francese di Marco Aime, Andrea de Georgio, Giulia De Marco, Anna Donà
2024 Add Editore
pagine 488 euro 35
Per gentile concessione dei curatori François-Xavier Fauvelle e Anne Lafont, degli autori e dell’editore Add pubblichiamo un estratto dal libro L’Africa e il mondo
Riparare
Il tempo delle restituzioni è cominciato. In modo esemplare per l’Africa ma anche su scala mondiale, il 6 dicembre 2021 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato all’unanimità una delibera relativa al rientro o alla restituzione di beni culturali nel Paese di origine. Esempi di tali restituzioni si stanno moltiplicando in tutto il mondo e sono il segno di uno slancio che crediamo non si fermerà, soprattutto poiché diversi Paesi africani, come Senegal e Benin, sono impegnati in politiche patrimoniali proattive che non si possono più ignorare. Più complessa e delicata è la questione delle riparazioni, perché divide tanto gli studiosi quanto la società, almeno quella parte di società che è interessata. Non è però l’aspetto politico della questione che vogliamo affrontare, ma mostrare come la ricerca possa e debba alimentare il dibattito rafforzando le conoscenze di cui dispone per permettere ai cittadini di partecipare alla riflessione.
Kwame Anthony Appiah11 e Magali Bessone hanno aperto il cantiere sul piano filosofico per definire cosa significhi riparazione e quali tipi di filosofia giuridica e politica possano intervenire. Prendiamo in esame alcune azioni che si trovano all’incrocio di una serie di fattori: l’impossibilità di cancellare fatti storici passati e di valutarne in termini precisi il costo; la necessaria conoscenza di determinati fatti storici attraverso la scrittura della storia e un grande lavoro d’archivio, compresi quelli di banche e armatori protagonisti del traffico di esseri umani, sistema schiavista e impero coloniale; e infine l’ambizione politica di una maggiore inclusività delle composite società odierne. Su quest’ultimo punto, lottare contro la persistenza dell’ideologia razzista come avatar della schiavitù coloniale implica misure lungimiranti per sopperire alla mancanza di opportunità (economiche, professionali, educative, culturali, sociali) accumulata dalle generazioni di afrodiscendenti. Il cantiere è gigantesco e dà le vertigini, ma non per questo dobbiamo allontanarci, perché questo processo, con le sue conseguenze concrete, fa parte del passaggio a un progetto politico globale più equo, mentre finora l’Africa e la diaspora afrodiscendente sono state partner minori nelle relazioni internazionali.
Da questo punto di vista, la storia del debito haitiano è emblematica, poiché si basa su indennizzi finanziari versati agli ex coloni che possedevano schiavi per compensare la perdita delle loro proprietà, ossia manodopera servile e piantagioni. Nel 1848, dopo la seconda abolizione della schiavitù, ad esempio, la Repubblica francese ha pagato un risarcimento agli ex proprietari di schiavi delle sue colonie schiaviste: Réunion, Martinica, Guadalupa, Guyana, Senegal, Nosy-Be e Sainte-Marie (Madagascar). La questione è stata magistralmente evidenziata nel maggio 2022 dal «New York Times», che le ha dedicato cinque articoli. I giornalisti spiegavano nei dettagli come, dopo l’indipendenza di Santo Domingo nel 1804, il riconoscimento di Haiti fu condizionato dall’obbligo imposto dagli emissari militari di Carlo X (nel 1825) di pagare un risarcimento agli ex proprietari di schiavi per il mancato guadagno causato dall’indipendenza del Paese proclamata con 21 anni di anticipo. Per guadagnarsi un posto nel consesso delle nazioni libere, le autorità di Haiti non avevano altra scelta che cedere e pagare il risarcimento in 125 anni. La portata dell’inchiesta giornalistica e la presentazione dei suoi risultati a un panel di esperti consentono di stimare, in valuta attuale, il totale rimborsato da Haiti nella cifra astronomica di 115 miliardi di dollari. Tale indennità, corrisposta da una nazione libera a ex proprietari di schiavi, ha generato un doppio debito, che ha fatto sprofondare il Paese nella miseria spingendolo sotto la supervisione internazionale: in primo luogo mediante l’acquisizione della Banca Nazionale di Haiti da parte del Credito industriale e commerciale (CIC) di Parigi alla fine del XIX secolo; poi con l’occupazione americana nella prima metà del XX secolo; infine, nel 2004, con la deposizione del presidente Jean-Bertrand Aristide – che chiedeva risarcimenti alla Francia – attraverso un colpo di Stato orchestrato da Parigi e Washington (secondo l’espressione del «New York Times»).
L’inchiesta, apparsa sulla stampa internazionale in inglese, francese e creolo haitiano, ebbe echi immediati. Tre giorni dopo la pubblicazione, il presidente del gruppo Crédit Mutuel (oggi proprietario del CIC) si è impegnato a finanziare una ricerca indipendente per indagare i collegamenti del CIC con la Banca nazionale di Haiti. Non è ancora chiaro come questa notizia sarà accolta nel mondo, ma sappiamo che nel 2015, quando, all’inaugurazione del Memorial aCTe (dedicato alla memoria della tratta degli schiavi e della schiavitù nelle Antille) a Pointe-à-Pitre in Guadalupa, il presidente francese François Hollande aveva accennato al «riscatto dell’indipendenza» imposto dalla Francia ad Haiti, Michaëlle Jean, ex governatrice generale del Canada ed ex segretaria generale dell’Organizzazione internazionale della Francophonie, di origine haitiana, aveva notato che le personalità presenti, tra cui diversi capi di Stato africani, erano sorpresi ed emozionati, specificando che «qualcuno piangeva». Prova che esiste un effetto domino nell’Atlantico nero, che persiste e unisce la storia dell’Africa continentale e la storia dell’Africa diasporica.
Non è possibile sapere quali saranno le politiche riparatrici di domani riguardo all’Africa, ai Paesi africani, alle società africane, alle comunità afrodiscendenti nella diaspora. Forse siamo arrivati a un punto della storia che corrisponde a una raffinata oggettivazione della lunga durata delle disuguaglianze, oggettivazione che guiderà la riflessione futura su ciò che il passato sta facendo al presente. E la conoscenza storica, sempre verificata, sempre approfondita, è la strada più sicura per la nuova negoziazione del presente, e in ogni caso ne è l’essenziale punto di partenza.
titolo originale: L’Afrique et le monde: histoires renouées. De la Préhistoire au XXI siècle
© Éditions La Découverte, 2022
L’Africa e il mondo. Riannodare le storie dall’antichità al futuro
© 2024 Add Editore