Tra le giovanissime generazioni, lo abbiamo verificato sin da quando esiste NuoveRadici.world, le differenze, di ogni tipo, non sono più un problema. Certo a scuola c’è un fenomeno di bullismo, che preoccupa, va denunciato e stroncato il prima possibile. Il razzismo che affiora talvolta sui banchi, è spesso retaggio di discussioni in famiglia, dove sono i genitori, più ignoranti che razzisti, a non tenere a freno la lingua, riproducendo un modello culturale retrivo che fa purtroppo presa sui figli. Per non parlare dei social, spesso un flagello. A cercare di rimettere le cose a posto ci provano Viviana Mazza e Kibra Sebath, autrici di questo Io dico no al razzismo pubblicato da Mondadori. Viviana Mazza è una giornalista della redazione Esteri del Corriere della Sera. Kibra Sebath, nata in Italia e di origini eritree, collabora da tempo con la stessa redazione. Scritto nel modo più semplice, sotto forma di dieci parole chiave, questo libro è rivolto ai ragazzi, ma non sarebbe male che lo leggessero pure i loro genitori. Così anche loro capirebbero bene cos’è un privilegio, cosa voglia dire nascere con la pelle bianca, oppure nera, cos’è stato il colonialismo di cui non si parla mai abbastanza, che l’immigrato è prima di tutto una persona, che la cittadinanza è un diritto, che Black Lives Matter combatte per giuste rivendicazioni, cosa voglia dire essere prime (ma non ultime), che la bellezza non dipende dal colore della pelle e quanto sia importante l’antirazzismo. Un libro apparentemente elementare ma profondo, quello scritto da Viviana Mazza Kibra Sebath di cui, nell’era dei social che non sempra raccontano correttamente la nostra società multiculturale, ce n’era un gran bisogno. Fabio Poletti

Viviana Mazza Kibra Sebath
Io dico no al razzismo
10 parole per capire il mondo
2022 Mondadori
pagine 144 euro 14,90 ebook euro 8,99

Per gentile concessione delle autrici Viviana Mazza Kibra Sebath e dell’editore Mondadori pubblichiamo un estratto dal libro Io dico no al razzismo

Facciamo un salto indietro nel tempo. La violenza è lo strumento grazie al quale è stato possibile convincere una parte del mondo di essere superiore e un’altra parte del mondo di essere inferiore. La violenza è stata lo strumento tramite il quale, nei secoli, i regnanti del continente europeo si sono appropriati di terre e risorse che non appartenevano loro. È stato necessario, sempre attraverso la violenza, costruire un modello culturale in grado di giustificare questa condotta. BISOGNAVA FARE SÌ CHE PER LE PERSONE FOSSE NATURALE CONSIDERARE IL MONDO DIVISO TRA “BIANCHI” E “TUTTI GLI ALTRI”.
Doveva essere naturale pensare che da una parte c’erano persone colte, in grado di valorizzare le risorse distribuite sulla Terra, e che per questo avevano il diritto di spogliare interi territori dei loro beni, società della propria cultura e persone della propria libertà. Dall’altra parte vi erano individui incolti e inadatti a valorizzare i frutti della Terra, che basavano la propria esistenza su “riti” arcaici e premoderni. E questa loro “incapacità” andava corretta con la sottomissione.
È da questo momento che la cultura della violenza detta le sue regole: il concetto delle razze umane, la supremazia della cultura bianca, la libertà di soggiogare rimanendo impuniti.

Per questo motivo sentiamo ancora dire che è “necessario difendere la razza bianca”, anche se questa non esiste. La biologia riconosce solo la razza umana.
L’ideologia della razza ha creato la categoria “bianca” da innalzare rispetto alle altre, e a cascata ne è nata una serie di privilegi di cui beneficiano le persone che di volta in volta riescono a farsi riconoscere il pregio della bianchezza.
Osserviamo alcuni degli esempi più classici del privilegio: poter entrare in un negozio e girare tra gli espositori, senza generare sospetto; prendere i mezzi pubblici e non essere tra i primi a cui i controllori chiedono il biglietto; rispondere all’appello a scuola e non sentire il proprio nome storpiato; dire che si è italiani senza vedersi rivolgere smorfie incredule. Questi atteggiamenti hanno un nome specifico: SI CHIAMANO “MICRO-AGGRESSIONI” E CHI LE DEVE SOPPORTARE ACCUMULA MORTIFICAZIONI UNA DOPO L’ALTRA, che incrinano la sua sicurezza. Coloro che invece non vengono colpiti da questi “incidenti” quotidiani godono del privilegio di poter irrobustire la propria autostima.
Quando si discute di razzismo si tende a puntare lo sguardo sulla vittima. Da una parte c’è chi pensa che, in fondo, se la sia andata a cercare: sarebbe bastato che que- sta persona fosse rimasta “al suo Paese”; che non avesse avuto aspirazioni più grandi del colore della sua pelle; che non avesse criticato il Paese che l’ha accolta. Dall’altra parte c’è chi mostra pena e compassione. L’esercizio che ci permette di ragionare sul privilegio è spostare l’at- tenzione sui convincimenti sbagliati di chi pratica il razzismo, perché certo della propria superiorità e del fatto che non verrà punito.
ALLENATE LA VOSTRA SENSIBILITÀ e impegnatevi a riconoscere quali sono le situazioni in cui i privilegiati siete voi, perché avete la possibilità di vivere con i vostri genitori, nel Paese in cui siete nati e nel quale nessuno mette in dubbio la vostra identità. Oppure pensate a quali sono state le occasioni in cui siete stati bersaglio delle discriminazioni altrui. Ricordare quella sensazione di disagio e ingiustizia vi fa sentire più empatia e vicinanza verso le persone che quotidianamente vengono maltrattate?

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