Dall’Africa ci divide il mare. Ci unisce la Storia, pure quella troppo non gloriosa di un Impero che sapeva solo di retorica e di massacri, e la cronaca degli ultimi trent’anni, dove dall’Africa arriva la meglio gioventù di quelle terre, in cerca di un futuro che spesso si arena su una spiaggia prima di finire in un centro di accoglienza che sembra talvolta un carcere se non peggio, oppure negli abissi del mare, sprofondati come la nostra coscienza intermittente, che un po’ si indigna e tanto dimentica. In tutto questo è infilato, nella sua ennesima prova, il magistrato minorile Salvatore Malavoglia, protagonista di questo Fronte Sud scritto da Ennio Tommaselli per Manni editore. Ennio Tomaselli è nato nel 1950, vive a Torino. È stato magistrato, sia giudice sia pubblico ministero, in particolare nell’ambito minorile. Collabora con riviste del settore. Il magistrato Salvatore Malavoglia è il protagonista di un ciclo di libri: Messa alla prova pubblicato nel 2018 e Un anno strano uscito nel 2020, di cui questo Fronte Sud, pubblicato da Manni editore come tutti gli altri, è solo l’ultimo capitolo. A cavallo tra passato e presente il magistrato Salvatore Malavoglia si immerge in una realtà che spesso non vogliamo vedere. Come scrive Paola Cereda nella prefazione a questo libro: «In Fronte Sud ci sono i sentimenti: l’amore per Elettra, l’affetto per la carabiniera Terry e per i ragazzi che, nel corso degli anni, ha incontrato nelle aule del Tribunale e che ha continuato a frequentare anche fuori, diventando per loro un amico e un riferimento. Nel romanzo c’è l’Italia. Dal racconto del passato coloniale e fascista, immesso nella narrazione attraverso le pagine del diario di Pietro Malavoglia, padre di Salvatore, arriviamo ai giorni nostri per incontrare i giovani e gli adolescenti africani che arrivano nel nostro Paese in cerca di lavoro e che, spesso, si ritrovano in situazioni di illegalità e sfruttamento. In Fronte Sud ci sono domande che interrogano lettori e lettrici sulla possibilità che la Giustizia, con la maiuscola, sia un percorso che apre alla riparazione del danno e alla tutela della vittima, in una visione che mette al centro le persone e la loro capacità di dialogo. Malavoglia non vive nel mondo delle favole ma in quello che tutti conosciamo, e ci assomiglia perché, come noi, è fallibile e disordinato, a volte ironico, a volte troppo invischiato. Ci piace perché non divide il mondo in buoni e cattivi, ma riconosce il buono e il cattivo che c’è in ognuno di noi e ci suggerisce, con il suo stile così particolare, che la vita è un cammino in divenire, fatto di delusioni e inciampi, possibilità e rivincite». Fabio Poletti
Ennio Tomaselli Fronte Sud 2022 Manni editori pagine 304 euro 17,50Per gentile concessione dell’autore Ennio Tomaselli e dell’editore Manni pubblichiamo un estratto dal libro Fronte Sud.
I primi ad arrivare erano stati Alex e Margherita. Adesso erano lì che, mentre raccoglievano delle pietre, pensavano a quel signore e alla sua proposta, che li aveva convinti e, anzitutto, commossi. Lui, così distinto anche nell’aspetto, era effettivamente il magistrato autore di Procuratore che farne. Chi altri se non l’autore poteva essere così informato su un libro che aveva circolato così poco, di cui nemmeno loro avevano mai sentito parlare e che pure esisteva davvero, come confermato da Internet? Che fosse uno di cultura lo confermava, invece, il fatto che era stato sempre lui ad avere l’idea dell’Eneide, di cui per fortuna avevano una copia. Però, adesso che mancava poco alle sette e il sole, appena riapparso, si avviava già al tramonto, più che ai libri bisognava ripensare a quel ragazzo. Chissà, come avevano detto alla marescialla e anche al giudice Malavoglia, se era stata una disgrazia o, piuttosto, un suicidio. Loro, che erano andati a guardarsi dall’alto un tramonto sul mare per lasciarsi alle spalle una giornata nera nonostante il loro entusiasmo di neo librai, ce l’avevano ancora davanti agli occhi quel giovane di colore che – appena arrivato, a torso nudo e urlando, sulla spiaggetta là sotto – si era tolto i jeans e buttato in acqua come una furia, mettendosi a nuotare come se avesse voluto arrivare in Sardegna. Forse era un modo per sfogarsi, forse era la voglia di farla finita nel modo meno peggiore, in tutt’uno con le cose più belle: il mare, il sole, la terra quando la guardi che sei già lontano, in mezzo al mare, e vorresti, prima di andare sotto, farti un selfie con lei senza vedere le porcherie degli uomini e non pensarci almeno in quel momento. Non l’avevano mai notato prima e, quella volta, l’avevano visto da così lontano da non poterlo riconoscere su una piccola foto. Però, se non era stata una disgrazia, quel ragazzo doveva aver pensato, più o meno, così, che fosse africano o di qualsiasi altra parte del mondo. E comunque una preghiera gli era dovuta e da parte di tutti, anche se, fra loro e quegli altri che forse sarebbero venuti, non rappresentavano che se stessi: due librai di provincia e alle prime armi, un magistrato anziano, un professore giunto dall’Etiopia, un ragazzo parente o comunque amico di Kofi. Se il morto era effettivamente questo Kofi. Perché, come aveva detto la marescialla, a rigore non era sicuro nemmeno quello. Arrivò Malavoglia, che li abbracciò e poi raccolse anche lui delle pietre. Quando si stava facendo ormai tardi e forse nemmeno Malavoglia ci sperava più, giunsero Amadi e Yunus. Quel ragazzino, che nel fisico non dimostrava certo più dei suoi quindici anni, aveva pianto, anzi stava ancora piangendo; però era forse, dentro, il più sereno di tutti perché quegli occhi, lavati dalle lacrime, avevano una luce particolare. Quale, forse, può avere solo chi è ancora un ragazzo e come tale guarda la vita. Anche loro due, silenziosamente, raccolsero delle pietre che andarono a sistemare in cima al piccolo cippo. Fra di esse Malavoglia pose, curando che fosse ben bloccato, un cartoncino con scritto sopra qualcosa. Mentre Amadi e Yunus stendevano a terra le loro stuoie e vi si inginocchiavano, Malavoglia fece la sua orazione: «Parlo io perché sono il più vecchio e quindi quello che dovrebbe raggiungere per primo il ragazzo che è morto qui. In questo senso, e solo in esso, il più vicino a lui. Il cuore ci dice, anche se la legge non può dimostrarlo, che era Kofi, però la nostra preghiera è per tutti quei ragazzi che, come lui, sono morti in mare o, comunque, in Italia o per raggiungerla. Tutti sono stati vittime d’ingiustizia, degli uomini o della vita. Teniamolo fermo nella testa e nel cuore, anche perché quel cartoncino presto volerà via comunque o verrà strappato da qualcuno senza capirne il senso o capendolo fin troppo. Appena più a nord di qui c’è capo Palinuro e Palinuro, come dicono i libri con il loro linguaggio, era il nocchiero della flotta di Enea. Si era salvato dal naufragio, ma fu ucciso da gente ignorante e crudele e il corpo venne gettato in mare. Doveva morire lui perché fossero salvati gli altri. Una vittima sacrificale, per la quale Virgilio scrisse un verso famoso: Unum pro multis dabitur caput. Ciascuno di noi, adesso, preghi o pensi ciò che vuole». Il sole si stava, ormai, gettando nel mare, come aveva fatto quel ragazzo a quella stessa ora. Nel pomeriggio la pioggia era finalmente cessata e adesso, nel silenzio, il vento lieve sembra accarezzare, confortandoli, quei cinque, piccoli, uomini. © 2022 Piero Manni s.r.l.