Da suo padre, autore di rilievo della letteratura argentina e spirito cosmopolita, ha imparato che l’identità non ha solo radici ma anche ali che la portano lontano. E Betina Lilián Prenz, che oltre a essere traduttrice di narrativa e poesia, scrittrice e insegnante, è anche velocista, di strada è abituata a farne parecchia. Nata in Argentina da genitori di origine istriana, è stata ricondotta da questa parte del globo dalle vicissitudini della vita, prima in Jugoslavia e poi a Trieste, dove vive e insegna alla facoltà di Scienze politiche. Ora è alle prese con la seconda indagine di Sara Katz, seguito del suo esordio narrativo del 2019 Morte con Lode, edito da Baldini+Castoldi.
L’identità è un progetto del futuro
«Sono nata a La Plata, in Argentina, come tutta la mia famiglia, ma mio padre era figlio di genitori istriani emigrati negli anni Venti. Poi la vita ci ha riportati nel luogo delle nostre origini, con tante traversie di mezzo». È noto il forte legame tra Italia e Argentina per via dell’emigrazione, soprattutto dei primi del Novecento, ma alla storia della famiglia Prenz si aggiunge un sapore mitteleuropeo. «Negli anni Settanta, durante la dittatura, mio padre insegnava all’università e per questioni politiche ha dovuto lasciare il Paese prima del golpe. Stranamente siamo finiti a Belgrado, dove mio padre ha insegnato, e abbiamo vissuto un po’ di anni nella ex Jugoslavia prima di spostarci in Italia. Ma questa migrazione non è mai stata percepita come una forzatura».
Già i miei nonni avevano vissuto la condizione di stranieri che si sono integrati e mio padre si definiva argentino eppure sia in Jugoslavia sia in Italia si è sempre sentito a casa. Insomma, le radici della mia famiglia sono svolazzanti. Mio padre amava dire che quando si parla di identità di solito si pensa al passato, invece l’identità dovrebbe essere anche un progetto comune proiettato nel futuro
La polemica sulle traduzioni
La storia familiare di Prenz è segnata dalle migrazioni. E l’opera letteraria di suo padre, Juan Octavio Prenz, è incentrata sulla questione delle radici. Lo testimonia anche il suo ultimo libro Solo gli alberi hanno radici, tradotto da Betina che lavora con l’italiano, lo spagnolo e il serbo. «La mia prima scrittura è stato il cirillico ancora prima dell’alfabeto latino perché ho fatto le scuole elementari a Belgrado», spiega a NRW mentre ci fa strada lungo i percorsi della sua vita, trascorsa costantemente a contatto con culture e lingue diverse. Il ruolo di traduttrice le sembra cucito addosso. «La traduzione è talmente semplice e complicata al tempo stesso. È comunque un’interpretazione, per quanto si cerchi il profilo più giusto per il testo e la traduzione più fedele» dice Betina di questo mestiere, anche alla luce delle recenti polemiche sorte attorno alle versioni europee della poesia della giovane afroamericana Amanda Gorman. «È una diatriba che da un punto di vista teorico lascia un po’ il tempo che trova» precisa. «Poi, in pratica, il traduttore può scegliere tra due strade: l’addomesticamento del testo, per renderlo più comprensibile a chi legge, o lo straniamento, per valorizzare le differenze. Per esempio, lavorando con i sottotitoli dei film, quando ho a che fare con una pellicola jugoslava, la mia visione è dall’interno, perché la lingua la conosco personalmente molto bene. Ma un film cinese o pakistano non fa parte del mio universo culturale».
Le indagini di Sara Katz
Dopo diversi anni passati a ritrarsi dalla scrittura, Betina Lilián Prenz ha finalmente ceduto e nel 2019 ha pubblicato il suo primo romanzo Morte con Lode, un giallo che prende forma tra i corridoi di un ateneo e vede protagonista la docente Sara Katz.
Essendo figlia di un grande autore per me scrivere è una cosa molto seria, con la quale si può giocare ma senza, però, definirsi scrittori. Ho sempre scritto per conto mio e ho tradotto molto, soprattutto poesie, ma non avevo mai pensato di pubblicare. Il mio primo libro è nato quasi per scherzo giocando con mio padre. Poi mi ci sono messa davvero e mi sono divertita
La seconda indagine di Sara Katz è già pronta e in attesa di arrivare in libreria. Avrà come scenario un campionato di atletica, mondo che Prenz conosce da vicino in quanto atleta. «In questi libri ci sono molti elementi del mio vissuto, anche io insegno all’università e faccio atletica. Penso che la scrittura, in qualche modo, sia sempre autobiografica».
Migranti buoni e cattivi
Le attività di Prenz in materia di identità e radici hanno molteplici declinazioni. Tra queste, anche una collaborazione con il Concorso letterario nazionale Lingua Madre, ideato nel 2005 per dare voce alla narrazione delle donne migranti: «Studiamo l’argomento donne e immigrazione. La cosa interessante che ne emerge è che le culture diverse, pur essendo un arricchimento, vengono percepite in modo diverso. Gli stranieri non sono tutti uguali. Nei posti in cui sono stata sono sempre stata considerata quella diversa ma in chiave positiva, come un elemento curioso ed esotico, e sono sempre stata accolta a braccia aperte» ci racconta l’autrice evidenziando la disparità di trattamento in base all’area di provenienza. «L’incontro culturale è un arricchimento ma spesso è uno scontro che si paga caro». Però ci si può lavorare, secondo Prenz, partendo da un livello fondativo come quello scolastico.
Nelle scuole c’è un’alta presenza di ragazzi migranti, non possiamo non tenerne conto. Si può intervenire sui programmi scolastici, per esempio, perché noi siamo troppo eurocentrici e i testi che leggiamo sono sempre gli stessi. È importante, invece, dare letture diverse, allargare gli orizzonti, studiare autori di altri Paesi. Bisogna convivere su una base di parità, senza la deriva del noi e voi. È questo il rischio che deve evitare il multiculturalismo