Noi stiamo con Lev Tolstoj. E con Fëdor Dostoevskij. Ci piace San Pietroburgo. E pure il caviale con i blinis. E ci piace tanto anche la vodka Beluga ghiacciata, made in Russia. Non ci piace Vladimir Putin quando invade l’Ucraina. Men che meno quando si paragona allo zar Pietro il Grande. Ci piace l’Europa quando accoglie i profughi. Un po’ meno quando invia vagonate di armi in Ucraina.
Noi russofobi
Ma non ci piace per niente l’isteria collettiva che colpisce l’occidente quando oltre alle sanzioni (poi vedremo quali e come) pensa di isolare Vladimir Putin, isolando i russi. Tutti i russi. Come se avere un passaporto fosse di già per sé una macchia. Se le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, figuriamoci quelle dei governi, per lo più autocrati. Il massimo lo ha toccato il Corriere della Sera che ha pubblicato una lista di proscrizione di filorussi. Filorussi, mica spie o agenti del nemico neh. In un calderone che ha provocato qualche mal di pancia pure al governo e ai suoi organi di controllo.
Guardando la bella serie tv su Sky Una squadra, sul dream team di tennis con Adriano Panatta che nel 1976 andò a mangiarsi la Coppa Davis nel Cile di Pinochet, ci è venuto in mente che il nostro Paese ha davvero la memoria corta. Anche allora ci furono polemiche, ma la ragion di Stato e quella della politica decisero che bisognava andare a giocare in uno degli stadi dove fino a pochi minuti prima, il dittatore fascista eliminava gli oppositori al regime. Nel doppio finale che valse la coppa, Adriano Panatta e Paolo Bertolucci indossarono una maglietta rossa in segno di protesta, ma lo fecero talmente in punta di piedi che non se ne accorse nessuno, a causa pure della tv in bianco e nero.
Per coerenza, se oggi Vladimir Putin indicesse le Olimpiadi di Mosca, i nostri atleti dovrebbero andarci di corsa.
Non ci è piaciuto che il dream team di tennis fosse andato a Santiago del Cile, di fatto accettando il regime. Né vorremmo andare oggi alle Olimpiadi di Mosca. Ma diverso è bollare con infamia tutti quelli che hanno un passaporto russo
Ad un gruppo di violiniste russe che dovevano esibirsi a Gorizia è stato impedito suonare, perché non avevano voluto schierarsi pubblicamente contro la guerra e contro Putin. Poco tempo fa a Milano abbiamo assistito a un dibattito don due coraggiose giornaliste russe, oppositrici del regime, che a fatica fanno il loro lavoro. Nel corso dei loro interventi non hanno mai pronunciato la parola guerra. Chi lo fa in Russia rischia quindici anni di carcere. Nessuno ha chiesto di farlo alle giornaliste russe. Allora perché chiederlo alle violiniste a Gorizia?
Vodka no, gas sì
Anche sulle sanzioni andiamo in ordine sparso. Noi comuni mortali non possiamo più comperare la vodka Beluga che ci piace tanto.
In compenso paghiamo 700 milioni di euro al giorno per continuare ad avere il gas russo. L’Europa dice che non possiamo farne a meno per ora. Qualche Paese non vorrebbe smettere proprio. Una confusione che mostra quelli che siamo. Crediamo con gran sollievo di Vladimir Putin che, grazie alla nostra cialtroneria. potrà andare avanti anni a combattere la sua guerra in Ucraina
Preoccupato delle reazioni internazionali ma non troppo. Perché alla fine ci sarà sempre un John Fitzgerald Kennedy che impose l’embargo a Cuba, garantendosi però una regolare fornitura di sigari Avana di cui era accanito fumatore.