Un peto è un peto. La volgarità a poco prezzo in battute di bassa lega o il raffinato spunto di uno dei più originali film di Ugo Tognazzi, Il petomane, regia di Pasquale Festa Campanile, anno 1983. Declinare la parola non basta.
Ci hanno provato venerdì sera su Canale5 i comici Pio e Amedeo, nel corso della terza e infelice puntata di “Felicissima Sera”, in un monologo all’insegna del non politicamente corretto che volevo essere autoironico. Diciassette minuti visti da cinque milioni di spettatori che hanno scosso il web, molte più le critiche che gli apprezzamenti.
L’esordio era da prontuario delle banalità: «Il politically correct ha rutt’o cazzo». E giù battutine su «negri, terroni, ebrei, ricchioni, Hitler e Cristiano Malgioglio»
Fino all’apoteosi del luogo comune, con Amedeo il cattivo che prende di mira Pio il pio: «Dire che i negri ce l’hanno più grande del tuo, è razzismo al contrario». Risate, applausi, e tanto sconforto. Siamo ancora alla televisione dove bisogna dire «cacca» per far ridere. Nessuna riflessione, nessun pensiero in cui riconoscersi o su cui almeno riflettere. Il vuoto pneumatico che riesce a oltraggiare anche una verità: «L’ironia salverà il mondo».
Nel maggio francese risuonava un grido di battaglia contro gli stereotipi borghesi: «Sarà una risata che vi seppellirà». Oltre cinquanta anni dopo, siamo noi a essere seppelliti da uno degli sketch più inutili e insulsi della televisione degli ultimi anni. Nessun messaggio: quello che rimane, alla fine, è solo un peto nell’etere.