La campagna vaccinale procede a gonfie vele, con oltre 30 milioni di persone che hanno ricevuto almeno una dose di vaccino anti Covid. Eppure c’è un popolo di invisibili che il Governo e le amministrazioni regionali sembra aver voluto, intenzionalmente o no, dimenticare.

Parliamo di quei circa 600 mila (secondo le stime Ispi) stranieri irregolari presenti sul territorio italiano che non possiedono la tessera sanitaria, ad oggi imprescindibile per la prenotazione sui portali regionali. Ma parliamo anche di quei circa 40mila richiedenti asilo, quindi in possesso di tessera sanitaria, che pur non rientrando nelle fasce prioritarie vivono in condizioni incompatibili con una pandemia mondiale, nei centri di accoglienza e nelle comunità

Una tematica complessa, oggetto di indignazione facile – vacciniamo prima gli stranieri degli italiani? – ma che non può non essere una priorità per la tutela sanitaria loro, ma anche del resto dei residenti in Italia. L’articolo 32 della nostra Costituzione garantisce il diritto alla salute in modo universale e non discriminatorio. Perché, allora, si sta privando una fetta considerevole di stranieri (e con loro i senzatetto, e le fasce più emarginate della società) di uno dei diritti fondamentali della persona?

La questione dell’STP

La prima falla della campagna vaccinale sembra essere di tipo tecnico, una dimenticanza che sta privando migliaia di persone di un diritto fondamentale e minando al tempo stesso l’efficacia della campagna vaccinale.

Chi ha ideato i sistemi di prenotazione sembra aver tralasciato di includere coloro che sono in possesso del tesserino STP (Stranieri Temporaneamente Presenti), che tutela gli stranieri non in regola con la documentazione per il soggiorno in Italia, e che garantisce il diritto di ricevere cure mediche e vaccinazioni, inclusa quella del Covid

Non si tratta esclusivamente di persone di recente arrivo in Italia, ma riguarda anche tutti quelli che nel nostro Paese vivono da anni e che per diversi motivi, incluso la perdita del posto di lavoro, realtà che ha colpito molti nell’ultimo anno, non sono stati in grado di rinnovare il permesso di soggiorno. «Molte delle persone che vengono da noi sono in possesso di un STP e rientrerebbero in almeno una delle categorie prioritarie per la vaccinazione, eppure il sistema di registrazione non riconosce l’STP. Vuol dire lasciare persone anziane, e con patologie, senza vaccino, pur vivendo spesso in condizioni abitative di sovraffollamento ed estrema povertà», spiega Fabrizio Signorelli, direttore sanitario dell’associazione Naga. Una negligenza, quella che colpisce chi è in possesso di un codice STP, che si riscontra in quasi tutte le regioni.

Contattato il centralino per le prenotazioni della Regione Lazio, un operatore risponde: So che ne avrebbero diritto, ma la Regione Lazio non sta vaccinando chi ha l’STP

Una comunicazione fallimentare e tardiva

Qualche segnale, tardivo, dalla Regione Lombardia è arrivato nei giorni scorsi, con una comunicazione pubblica e con la creazione di un’unità di crisi che punta all’imminente vaccinazione di irregolari e senzatetto. L’operazione richiederà la collaborazione di associazioni e cooperative attive sul territorio, ma poche di loro sono state effettivamente coinvolte e contattate, nonostante i numerosi solleciti fatti nei mesi scorsi. L’associazione Naga, che da anni offre assistenza sanitaria e legale agli stranieri irregolari con base a Milano, nei mesi scorsi aveva inviato due lettere alla Regione, senza mai ricevere risposta. Anche Anna Maria Lodi, presidente di Farsi Prossimo, che pure si era resa disponibile a collaborare e che gestisce diversi richiedenti asilo provenienti dal sistema di accoglienza del Comune e della Prefettura, non ha ancora ricevuto indicazioni: «Ho saputo dell’unità di crisi dalla radio, noi per ora non siamo stati contattati. Capisco molto bene le difficoltà logistiche della situazione, ma né il Comune né la Prefettura si sono interessanti agli utenti che loro stessi ci hanno affidato in carico».

Vaccinazioni nel centro di Progetto Arca

Vaccino sì? 

Comunicazioni tardive e incomplete hanno fatto sì che la rete territoriale si muovesse in modo disomogeneo, a seconda delle proprie possibilità. Da un lato associazioni come Progetto Arca, che gestisce due CAF e un centro di accoglienza (RETESAI), sono riuscite a insistere abbastanza da ottenere un ruolo chiave sia nella campagna preventiva del Covid, che in quella vaccinale. La direttrice dei servizi Costantina Regazzo racconta a NRW che «La vera differenza è avere persone accolte nei centri. Grazie a un contatto continuo con l’ATS e a una collaborazione con l’ospedale Niguarda, siamo riusciti a vaccinare circa 300 dei nostri ospiti. Il nostro team di infermieri e medici ha fatto uno sforzo enorme per fare un’anamnesi a tutti quelli che hanno ricevuto il vaccino e mettere in piedi un sistema di sorveglianza nelle 24 ore successive alla somministrazione». Tra i beneficiari del vaccino sono riusciti a far rientrare, in seguito a una valutazione fatta insieme ai medici del Niguarda, anche le fasce di persone fragili non nel senso strettamente patologico, ma anche donne incinte o in allattamento o tossicodipendenti che risiedono nelle loro strutture. Sono riusciti persino a superare lo scoglio dell’STP, segnalando all’ATS i singoli casi. Progetto Arca è anche una delle poche realtà coinvolte nell’unità di crisi formata dalla Regione, ed è pronta a scendere in campo in prima linea: «Milano ha già molte unità mobili che possono essere hub vaccinali, non penso sarà necessario crearne di nuove. Progetto Arca metterà a disposizione il suo team sanitario, ma è anche pronta a supportare la logistica».  

Vaccino no? 

Altre associazioni hanno invece assunto una posizione diversa, come il Naga, un’associazione formata principalmente da volontari e da sempre in prima linea per l’assistenza agli irregolari, ma che mira ad essere complementare e non sostitutiva al sistema sanitario pubblico.

Gli hub vaccinali non si improvvisano, e noi non abbiamo personale e strutture adatte a farlo. Siamo contrari a una ghettizzazione degli stranieri irregolari, non vedo perché il sistema pubblico non possa occuparsi anche di loro visto che i mezzi ha dimostrato di averli. Loro non sono diversi dagli altri, spiega il direttore sanitario Fabrizio Signorelli

Ricorda anche che il problema non sorge solo per chi ha un codice STP non riconosciuto, «Molti irregolari non hanno neanche l’STP. Non si fidano ad andare negli ospedali a richiederlo, non sanno di essere tutelati anche senza avere i documenti. Ci sarà sempre una fetta di sommersi che probabilmente non riceverà mai il vaccino».

Vaccino forse?

In questo panorama confuso quel che emerge con certezza è che non ci si sia mossi tempestivamente. Foad Aodi, presidente dell’ associazione Medici stranieri in Italia , spiega che «le Regioni stanno agendo in maniera autonoma, con solo l’Emilia Romagna e il Friuli Venezia Giulia ad aver superato il problema dell’STP. Si potrebbe usare lo Spid o, come suggerisce Foad Aodi, si potrebbe creare una Tessera Preventiva Covid per affrontare questa specifica emergenza e consentire a tutti di vaccinarsi». Eppure queste erano decisioni da prendere mesi fa e non a metà della campagna vaccinale. Questa negligenza politica, bipartisan, potrebbe costare cara all’Italia e rallentare gli effetti positivi che i vaccini porteranno nei prossimi mesi. Si tratta di privare migliaia di persone di un diritto fondamentale che costituisce anche un rischio per la salute di tutti gli italiani. E prima o poi qualcuno dovrà renderne conto.

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