Al termine della quarta edizione del Festival delle Nuove Generazioni Italiane, evento organizzato da Next Generation Italy e di cui NRW è stata media partner, possiamo dire con certezza una cosa: i modelli servono. E soprattutto serve esporli e raccontarli. Noi lo abbiamo fatto e per una serata ci siamo lasciati avvolgere dal calore di giovani, e meno giovani, con esperienze e storie diverse ma accomunati dalla convinzione che essere diversi è un dono e, quando si mischiano insieme le origini più disparate e le radici più lontane, si vince.

Ne hanno parlato politici freschi di successo alle recenti elezioni amministrative, così come artisti dai volti noti e giovani talenti pronti a emergere. Lo hanno raccontato direttamente loro, perché non hanno bisogno di un portavoce, dando vita a un incontro tra e per le nuove generazioni di italiani, ma non solo. Perché lì nel pubblico c’erano anche italianissimi, ed è giusto che sia così. Nel momento in cui si parla di rappresentanza, non ci si può limitare al rappresentare una minoranza, ed è la sintesi perfetta di questo Festival.

Ve lo raccontiamo anche noi di NRW, che da tempo ci facciamo promotori di progetti mirati ai giovani talenti, ai leader del domani con un background migratorio. Lo facciamo con i nostri workshop sulla diversity leadership, con le nostre penne, e collaborando con progetti innovativi come quelli di Next Generation Italy.

Il Festival della pluriversità

In un Festival che nelle scorse edizioni si è contraddistinto per una netta attenzione al panorama artistico, quest’anno la politica si riappropria legittimamente dei suoi spazi. Sintomo di tempi cambiati e di una politica che finalmente sembra accorgersi della rapida evoluzione sociale, sempre più orientata a un mondo multiculturale e fluidamente multietnico, in cui anche il linguaggio sente il bisogno di essere riadattato. Ouidad Bakkali, presidente del Consiglio comunale di Ravenna, parla infatti di «pluriversità, una parola che quasi magicamente sottrae alla diversità quell’accezione negativa che spaventa molti: il noi e loro che crea distanza». Un discorso, quello sulla necessità di variare il linguaggio in modo che non sia percepito come discriminatorio, che Bakkali pone tra le priorità ora che da ex assessora si trova ad essere punto di riferimento istituzionale non solo dei tanti italiani che l’hanno votata, ma anche di coloro che hanno un background migratorio e che sono spesso lasciati al margine ed esclusi dalla vita attiva della città.

In quasi tutti i documenti, i report e gli studi che utilizziamo in Comune si parla di bambini stranieri. Niente di improprio in teoria, ma in pratica con una parola si marginalizza una grande fetta di popolazione

I modelli della nuova politica

Non marginalizzare è lo sguardo al futuro, e al Festival si respira nell’aria. Rendere la politica un punto di convergenza in cui un rappresentante con background migratorio sia il candidato votato da tutti, anche dai famosi italianissimi, e non solo dalla sua comunità d’origine. E se i partiti li sfruttano come vetrine? Ci pensa Antonella Bundu a rispondere, lei che oltre ad essere tra i protagonisti del talk è anche capogruppo consiliare di Sinistra Progetto Comune a Firenze: «Mi usano? Ben venga. Il fatto che io donna, nera, di sinistra fossi tra i candidati sindaco era una istanza. Tra i candidati c’era anche un rappresentante della Lega, che a Firenze ha mietuto vittime».

Non importa tanto il fine, e non ha senso focalizzarsi su quello. Quel che è importante è la presa di posizione. È importante che in quelle liste ci fosse una come me, nera, di sinistra e donna

Rappresentare chi?

«Rappresentare chi? Rappresentare tutti», spiega Siid Negash dal palco, lui che è stato eletto consigliere comunale a Bologna e che ha preso più voti in assoluto nella lista Lepore. Alle spalle ha una grande esperienza di attivismo, è stato il presidente di Next Generation Italy e dimostra a tutti che questo genere di intervento sociale non è visibile solo a chi si sente parte di una minoranza. «Non si può pretendere di entrare solo con i voti di chi ha origini straniere. Prima di tutto non è possibile, spesso chi migra proviene da Paesi in cui la cultura del voto non c’è, né l’abitudine alla democrazia. È un nostro dovere avvicinare loro alla politica, ma bisogna anche rappresentare una varietà di istanze che soddisfino tutti, che ci liberino dal vincolo di una stretta cerchia di elettori».

Questo è uno degli obiettivi primari di moltissimi neo eletti, ma rimane comunque uno scoglio legislativo che di fatto esilia e allontana molti cittadini di origini straniere. Cittadini perché vivono il nostro stesso Paese, seppure privi di cittadinanza. E Siid Negash porta avanti questa battaglia anche da dentro al sistema:

A Bologna abbiamo istituito lo ius soli nello Statuto del Comune. È un gesto simbolico ma di forte impatto. Vuol dire che noi a Bologna siamo favorevoli. Se ci seguissero in tanti allora le leggi avrebbero più possibilità di essere cambiate

 

Il Festival dei giovani leader

A sfilare sul palco del Festival delle Nuove Generazioni Italiane anche moltissimi giovani talenti di origini straniere. Pamela Noutcho Sawa è una di loro. Lei che oltre ad essere infermiera all’Ospedale Maggiore di Bologna è anche campionessa italiana di boxe nella categoria 64 chili: «Mi sento rappresentata quando i miei diritti vengono garantiti nel rispetto di quelli che possono essere i miei limiti, valorizzando quelli che sono i miei pregi». Racconta, Pamela Noutcho Sawa, di un fil rouge che attraversa le storie dei giovani con background migratorio e che ricorre inesorabilmente. Il dover dimostrare di più dei loro coetanei italianissimi, eppure rimanendo sempre nei bordi di una narrazione che, inconsciamente, è l’unica ritenuta accettabile. È così anche per Sumaia Saiboub, content creator e digital specialist, nota sui social grazie al suo profilo Instagram coveredinlayers. Sumaia Saiboub oggi sfoggia fiera una personalità sicura e determinata, la stessa che racconta di aver avuto fin da piccola, anche se tante volte questo è stato visto come un problema:

A scuola ero la prima della classe, parlavo e mi esponevo con sicurezza. Come me anche un mio compagno di classe italiano. Lui era “bravo Alessandro”, io ero “Sumaia comportati bene”. In questo mondo una Sumaia deve essere la vittima da salvare, deve essere spaurita. Una Sumaia esuberante sconvolge, strappa i confini di un ordine precostituito, ma che oggi non c’è più

E infine, la festa

Non mancano di certo i volti noti, in quello che è a tutti gli effetti il Festival della pluriversità. Dopo talk, cena, banchetti di henné e storytelling, il rapper Tommy Kuti si scatena, e con lui il pubblico, che gli fa coro e urla: «Non sono straniero, sono solo stranero». Tutto molto nero, tutto molto vero, come l’insofferenza di queste giovani generazioni piene di carica e stufe di rientrare in schemi ormai stantii, personalità sempre più definite in un mondo in cui la provenienza assume un ruolo sempre più sfumato. Il Festival delle Nuove Generazioni Italiane è un’iniziativa florida da imitare, in un panorama ogni giorno più disposto ad accogliere e ampliare. Sembra di capire che il messaggio finale da far passare, in conclusione della serata, sia quello di creare collegamenti. Tra mondi diversi, tra professioni distanti, tra il dentro della politica e il fuori di chi lo abita, questo Paese.

Lo sintetizza Siid Negash: oltre a dare voce, bisogna creare collegamenti. Non basta eleggere rappresentanti, bisogna creare un network tra loro, ed eventi come questo servono per creare coordinamento e progetto comune

Foto//Next Generation Italy