Vivo in Sicilia e sono uno studente di Mediazione linguistica. Voglio raccontarvi una mia esperienza personale, significativa per chi ha a cuore il tema dell’integrazione. Vi parlerò di Joel, un ragazzo conosciuto grazie alla mia passione per il calcio e che da sei anni è ormai mio fratello.
L’incontro con Joel sul campo da calcio
Joel arriva in Italia nell’aprile del 2009, da solo, dalla Costa d’Avorio sul classico barcone. Non è questo, però, ciò che importa. Arriva qui perché la Costa d’Avorio vive un momento delicato dal punto di vista politico e, come molti ragazzi, ha un sogno: diventare un calciatore. Le qualità non gli mancano e infatti, ben presto, viene notato dall’allenatore di una società di calcio giovanile del mio paese, Licata, in provincia di Agrigento. Ha un anno di più rispetto a me e così cominciamo ad allenarci nello stesso gruppo. Noto fin da subito che si sente a disagio. Ha problemi con la lingua italiana (nonostante dopo tre mesi la parli già discretamente), ha difficoltà ad approcciarsi ai compagni di squadra, già affiatati da molto tempo. Sembra abbia paura di essere giudicato.
Sin da piccolo ho avuto la tendenza a cercare di aiutare chi è in difficoltà. Decido quindi, grazie alle mie reminiscenze di lingua francese, di provare ad avvicinarmi a lui porgendogli diverse domande, sia conoscitive, sia tecniche in riferimento al calcio. Inizialmente lui quasi è diffidente nei miei confronti, poiché non capisce perché io stia facendo tutto ciò. In seguito si accorge che la mia è soltanto benevolenza e allora entriamo in confidenza.
Ciò che fa definitivamente sbocciare la nostra amicizia è un evento accaduto il giorno del suo compleanno, il 23 dicembre. Avevamo appena terminato l’allenamento mattutino e mio padre, tramite il nostro allenatore, scopre che Joel aveva compiuto gli anni; di sua spontanea volontà, dunque, va in pasticceria a comprare due torte per dedicargli una piccola festa nello spogliatoio. Joel è stupito ed entusiasta poiché tutto si aspettava tranne che festeggiare il suo compleanno
Joel che entra in famiglia
Da quel momento Joel non è più solo un compagno di squadra, un amico sul campo da calcio, ma diventa parte integrante della famiglia. Già due giorni dopo, a Natale, passa l’intera giornata a casa mia. Conosce nonni, zii, cugini, ma anche qualche amico di famiglia. Per noi è emblematica la scena del suo primo arrivo a casa: dopo aver suonato il campanello, entra con un panettone (datogli gentilmente dalla comunità per minori dove viveva) e lo consegna, sorridendo, a mia mamma. Comincia a frequentare abitualmente casa mia. Prima solo nei giorni festivi, poi nel weekend, infine per intere settimane in estate finché un giorno i miei genitori, dopo circa due anni dall’inizio della storia, ci comunicano che considerano Joel come un figlio e che hanno intenzione di chiederne l’adozione. Noi accettiamo immediatamente. Joel non ha dubbi ma prima vuole dirlo alla famiglia in Costa d’Avorio: sua mamma apprende con gioia questa notizia, mostrando felicità per le sorti del figlio. Intanto la nostra decisione viene comunicata a tutti i parenti, che reagiscono con un mix di emozione e felicità.
Joel che diventa mio fratello
Non è stato un percorso semplice quello con la burocrazia, soprattutto perché eravamo inesperti in materia, ma dopo qualche anno, finalmente, Joel entra a far parte della nostra famiglia a tutti gli effetti. Il primo giugno del 2015 arriva la sentenza d’adozione e comincia un altro capitolo della nostra storia, perché vivendo insieme quotidianamente, vengono fuori pregi e difetti, sia nostri che di Joel.
Non è stato tutto rose e fiori ma i litigi e le discussioni sono stati costruttivi e ci hanno permesso di instaurare un solido rapporto familiare, basato anche sulla convivenza di culture diverse. Ciò che per Joel era normale a noi inizialmente sembrava l’esatto contrario, e viceversa. Con il tempo, però, lui ha capito noi e noi abbiamo capito lui, anche se sappiamo che questo è un processo che non finirà mai
Joel inizialmente non si fidava del mio comportamento e quasi lo studiava. Un motivo di alcune discussioni in casa è proprio stato questo: in famiglia siamo abituati a parlare tanto. Invece in Joel spesso notavamo momenti di tristezza o nervosismo e provando a parlargli o a venire a conoscenza dei suoi problemi per consigliarlo, lui era quasi infastidito, rimanendo anche più giorni in silenzio e chiuso in se stesso. Noi, ovviamente, non forzavamo la mano, ma con il tempo, notando anche come io e mia sorella facessimo tesoro dei consigli dei miei genitori, anche lui si è aperto, confidandosi non solo con me, ma anche con loro. Adesso ci rende partecipi anche di cose banali, oltre che ovviamente delle tematiche importanti, una cosa impensabile per noi fino a qualche anno fa.
Joel ha ormai una vita sociale tale e quale alla mia: esce con gli amici, va a trovare i nonni ogni settimana, ha una fidanzata italiana. Studia Mediazione linguistica come me, giochiamo a calcio nella stessa squadra da tre anni e continueremo a farlo finché ne avremo la possibilità
Ah, ma tu sei il fratello di Joel
Tra poco sarà il sesto anniversario dell’adozione di Joel e non sarà solo un giorno importante per me e la mia famiglia: lo sarà anche per il paese in cui viviamo, inizialmente quasi incredulo alla notizia dell’adozione, quasi come fosse qualcosa di anormale, ma dove adesso per identificarmi, si rivolgono a me dicendo «Ah, ma tu sei il fratello di Joel».