Dovevano essere gli Oscar di Zelensky invece li ricorderemo per essere stati quelli del ceffone di Will Smith a Chris Rock. Alcune indiscrezioni precerimonia lasciavano presagire che nel Dolby Theatre sarebbe stato trasmesso nientemeno che un intervento registrato del presidente ucraino. Invece la questione si è risolta nel minuto di silenzio chiamato dall’attrice Mila Kunis – che a onor del vero per il suo Paese nell’ultimo mese ha raccolto 35 milioni di dollari – e nei nastrini gialloblù che i più impegnati politicamente (tra gli altri Samuel L. Jackson, Benedict Cumberbatch, Jason Momoa e Jamie Lee Curtis) si sono graziosamente appuntati al vestito per mostrare la loro solidarietà al popolo in guerra.
Will Smith ha oscurato l’Oscar a Will Smith
Sul ceffone che Will Smith ha tirato a Chris Rock in queste 24 ore abbiamo letto di tutto. Tra chi sostiene che sia tutta una messinscena e e chi ha consumato i pollici per compitare che la violenza non è mai la risposta. C’è poi chi ha dato ragione a Smith perché dopotutto avrebbe reagito di impulso a una brutta battuta sull’alopecia della moglie e chi ha visto lo schiaffo come un gesto di paternalismo maschilista che avrebbe messo a tacere e a disagio Jada Pinkett Smith.
Quello che è certo è che il Will Smith salito sul palco per dare una sberla a mano chiusa al presentatore di turno ha oscurato il Will Smith che poco dopo è salito sul palco per ritirare l’Oscar
Best Actor in a Leading Role goes to Will Smith for his incredible performance in ‘King Richard’ Congratulations! #Oscars pic.twitter.com/y0UTX48214
— The Academy (@TheAcademy) March 28, 2022
Certo, ci sono state le scuse e il tentativo di trovare un collegamento tra quello che era appena successo e il ruolo per cui aveva appena vinto la statuetta – quello di Richard “King Richard” Williams, il padre delle campionesse di tennis Serena e Venus Williams, protagonista dell’omonimo film di Reinaldo Marcus Green. Ma affermare nel 2022 che “l’amore ti fa fare cose folli” apre a una quantità di attacchi tale da far quasi rimpiangere di non essersi limitati al ceffone.
Gli altri vincitori messi in ombra
Will Smith non ha oscurato solo se stesso. Jane Campion ha vinto come miglior regista – la terza donna in assoluto – per il suo Il potere del cane, e il delicato drama I segni del cuore – CODA sugli equilibri all’interno di una famiglia ipoudente, ha vinto miglior film, miglior sceneggiatura non originale e miglior attore non protagonista.
La statuetta come miglior attrice non protagonista se l’è aggiudicata Ariana DeBose per il ruolo di Anita nel West Side Story di Spielberg, che sul palco ha rivendicato di essere la prima donna latina, queer e bipoc a vincere nella categoria.
A chiunque abbia messo in discussione la propria identità o si sia trovato a vivere in una zona grigia, lo prometto: qui c’è spazio per voi
E a guardare gli altri vincitori non si può dire che la 94esima sia stata un’edizione poco rappresentativa della diversity. Encanto, diretto da Byron Howard e Jared Bush, insieme alla co-regista Charise Castro Smith, ha trionfato come miglior film di animazione.
Dopo averlo sfiorato già l’anno scorso, l’anglopakistano Riz Ahmed ha ottenuto l’Oscar per il suo cortometraggio The Long Goodbye, storia della preparazione di un matrimonio pakistano interrotto da una falange di suprematisti bianchi nei sobborghi di Londra. Mentre l’Oscar per il miglior documentario se lo è aggiudicato Summer of Soul (… or, when the revolution could not be televised) di Ahmir Thompson, che celebra l’Harlem Cultural Festival del 1969 e fa luce sui motivi della scarsa risonanza che gli è stata attribuita rispetto alla contemporanea Woodstock.
Tuttavia, niente che una sberla a mano chiusa e generatrice di meme non riesca a mettere in ombra.