La mostra Art against violence Vitaru apre le porte al pubblico dal 7 al 30 novembre a Venezia, presso Palazzo Zenobio. Un evento organizzato da Vitaru, associazione fondata da Natasha Siassina e impegnata nella tutela delle donne vittime di violenza. La missione di Vitaru è aiutarle a dire basta e incoraggiarle a ricominciare una nuova vita, fornendo supporto psicologico e legale.
Alla mostra partecipano più di trenta artiste, professioniste e non, che attraverso l’arte hanno trovato un modo per esprimersi e avviare un percorso di guarigione. Ci sono donne che si sono avvicinate all’arte dopo le violenze subite, altre che lo erano già da prima, altre ancora che hanno scelto di mettere il loro lavoro al servizio delle vittime.
L’arte per l’avvocata che sostiene le donne
È il caso di Aleksandra Sasha Phillips, avvocata di Pittsburgh ma originaria di Mosca. Phillips ha dedicato parte della sua carriera alla tutela pro bono di vittime di violenza ed è promotrice dell’importanza che l’arte ricopre anche per il suo mestiere. Gestire situazioni di grande carico emotivo mette il professionista in una situazione di profondo stress, che è spesso difficile incanalare e controllare. Phillips, che esporrà la sua opera Alina’s light, ha trovato il modo di affrontarlo prendendo in mano un pennello e dando così sfogo alle proprie emozioni.
L’unione fa la moltitudine
Malù Cruz Piani è invece un’artista, una pittrice e scultrice nata a San Paolo, in Brasile, e ormai da molti anni vive in Italia con la famiglia. Con le sue creazioni ama sperimentare e utilizzare diversi materiali, e alla mostra presenta Moltitudine. Con la sua opera vuole rappresentare le donne che, unite, combattono una società con tendenze maschiliste e in cui una donna sola non riesce a far sentire la sua voce. Donne da ogni parte del mondo, che hanno subito discriminazione o violenza, e che insieme riescono a farsi valere e rispettare.
L’importanza del sostegno psicologico
Un fattore importante dell’iniziativa è il sostegno psicologico alle vittime, grazie anche alla presenza di figure come Valentina Pakhomova. Di origine russa, oggi vive in Portogallo ed è una psicologa. Lei stessa è vittima di violenza e nella vita ha scelto di assistere chi ha subito abusi. Partecipa all’iniziativa con il dipinto The instability, nel quale riesce a esternare le emozioni legate alle violenze del suo passato, ma anche quelle acquisite attraverso le storie dei suoi pazienti.
L’obiettivo della mostra è quello di denunciare la violenza fisica e psicologica, utilizzando l’arte come strumento espressivo ma anche elemento catartico per liberarsi dal trauma legato ad abusi presenti e passati. Al tempo stesso è un’iniziativa formativa, volta a sensibilizzare il pubblico su un tema tristemente attuale, come quello della violenza contro le donne.
L’empatia che si crea tra artista e pubblico, e tra gli stessi artisti vittime di abusi, è una sfida all’omertà che ad oggi continua a nascondere un fenomeno drammatico e largamente diffuso. Della violenza si parla sempre troppo poco, e quando lo si fa le parole non riescono ad esprimere con completezza la portata emotiva di un argomento tanto delicato. È perciò indispensabile che a farlo sia il linguaggio artistico.
(Immagine in copertina: dettaglio di Claustrophobia di Marina Kaminsky)