Decreto Flussi: torna la lotteria del click day (e torna solo per poche ore)

La programmazione triennale degli ingressi di lavoratori stranieri sbandierata a Cutro si risolve in un portale telematico per le domande aperto solo per poche ore oggi. Il punto della nostra esperta Irene Pavlidi.

Oggi – 27 marzo 2023 – è il fatidico giorno del click day, ovvero il giorno in cui le imprese italiane possono chiedere forza lavoro dall’estero per l’anno in corso. La legge con cui si regola questa procedura si chiama Decreto Flussi ed è entrata in vigore il 26 gennaio scorso con il DPCM del 29 dicembre 2022.

Negli scorsi giorni abbiamo più volte ascoltato i principali rappresentanti del governo sostenere che  la soluzione agli sbarchi dei migranti sulle coste italiane ed ai tragici naufragi nei nostri mari sia la programmazione degli ingressi dei lavoratori stranieri regolari con un piano triennale.

L’impostazione è identica a quella che sperimentiamo da 20 anni senza grandi successi, nessun guizzo né una presa di coscienza che i presupposti sono completamente cambiati e che il mondo non è più quello di una volta. È dall’inizio di questo secolo che il governo italiano utilizza il decreto flussi per stabilire le quote annuali dedicate ai lavoratori stranieri residenti all’estero.

Il sistema presuppone infatti che il datore di lavoro invii una richiesta nominativa per un lavoratore che non conosce perché residente fuori dall’Italia. Questa complessa procedura in realtà è spesso supportata dalla catena micro-migratoria delle famiglie migranti che propongono al datore di lavoro italiano l’assunzione di un parente, come ad esempio un fratello o un figlio maggiorenne, rimasti nel Paese di origine e per cui si garantisce personalmente l’affidabilità. Altre volte è l’unico modo per “sanare” posizioni irregolari che altrimenti non si possono regolarizzare, con buona pace del governo che conosce perfettamente questi meccanismi più volte denunciati dagli esperti del settore.

Nel Decreto flussi più della metà dei posti è per un lavoro stagionale

Il provvedimento stabilisce quest’anno un numero sicuramente importante di lavoratori stranieri residenti all’estero, 82.705 unità, di cui però solo 38.705 destinate agli ingressi per motivi di lavoro subordinato e solo in determinati settori lavorativi (quando il Paese avrebbe bisogno di 250.000 lavoratori). Gli ingressi riguardano solo i settori dell’autotrasporto, edilizia e turistico-alberghiero, nonché, novità di quest’anno, meccanica, telecomunicazioni, alimentare e cantieristica navale. In realtà le altre quote sono destinate principalmente al lavoro stagionale (oltre 44.000) e le briciole, ai lavoratori autonomi e alle conversioni dei permessi da studio a lavoro o da stagionale a lavoro subordinato.

I tempi strettissimi del click day e le innovazioni (almeno sulla carta) 

Da più di un decennio, ovvero da quando la procedura è telematica, in pochi secondi dall’apertura click day le quote si esauriscono, lasciando moltissime richieste insoddisfatte. Non solo, quest’anno il portale del ministero venerdì 24 marzo ha chiuso i battenti alle ore 13 (avvisando soltanto un giorno prima) e solo le domande già complete potranno essere inviate oggi all’ora stabilita. Roba da capogiro. Per tutto il weekend il portale è stato in manutenzione straordinaria. Nemmeno la possibilità di controllare se sia tutto in ordine per i fortunati che ce l’hanno fatta a caricare tutti i documenti.

Ci sono però delle innovazioni procedurali introdotte per la prima volta lo scorso anno grazie al c.d. Decreto Semplificazioni. Particolarmente importanti perché accelerano in modo incredibile, almeno sulla carta, il rilascio dei documenti di autorizzazione e consentono all’Italia di allinearsi alla media europea: 30 giorni per il rilascio del Nulla Osta, visti di ingresso in 20 giorni per il lavoratore e via all’attività lavorativa. Tutto senza dover attendere pareri e appuntamenti in Prefettura che verranno poi fatti – appena possibile- e quando ci sarà il personale nelle Prefetture, ancora in affanno con la regolarizzazione del 2020.

Lo sconforto di chi ci prova a rientrare nel Decreto flussi

C’è da aggiungere che per una piccola/media impresa italiana, in questo momento, muoversi nel ginepraio delle procedure del decreto flussi, è davvero impegnativo. Il datore deve infatti contattare il centro per l’impiego almeno entro 15 giorni dall’invio delle richieste, un professionista o un’associazione di categoria dovrà asseverare una serie di documenti perché i controlli su quanto autocertificato in fase di presentazione delle istanze, verranno fatti ex post. Il tutto entro poche settimane.

Eh sì, perché per accelerare le procedure, si è scaricato sul datore di lavoro o sul professionista tutto l’onere di verificare i requisiti in capo all’azienda (capacità economica, regolarità contributiva, ecc), la congruità del contratto offerto, la verifica di eventuali candidati già iscritti nelle liste del Centro per l’Impiego

Vedremo cosa succederà quando le autorità preposte prenderanno in mano questi fascicoli. Se qualcosa non va, è al lavoratore che vengono revocati il visto ed il permesso di soggiorno.

Per il momento le aziende che mi hanno contattato, allertate dal click day dei flussi, sono sconfortate e probabilmente non presenteranno le domande o proveranno da sole.

Le novità dopo la tragedia di Cutro

Dopo l’ultima tragedia che si è consumata a Cutro lo scorso 26 febbraio, il Consiglio dei Ministri ha approvato un nuovo decreto (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 59/2023 come Decreto-legge 10 marzo 2023, n. 20): “Disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare“.

Per chi opera in questo settore, novità reali rispetto all’impostazione del decreto flussi regolamentato dal Testo Unico sull’Immigrazione e appena varato, non se ne vedono, se non la programmazione triennale che più che una novità, dovrebbe essere un dovere.

Sempre il nuovo decreto annuncia: “quote riservate per i Paesi che collaborano al rimpatrio dei propri cittadini. Ma anche queste ci sono da anni.

Ogni decreto infatti stabilisce quali stranieri potranno aspirare a lavorare in Italia, sempre di concerto con i Paesi di origine e quest’anno sono: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Herzegovina, Corea (Repubblica di Corea), Costa d’Avorio, Egitto, El Salvador, Etiopia, Filippine, Gambia, Georgia, Ghana, Giappone, Guatemala, India, Kosovo, Mali, Marocco, Mauritius, Moldova, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Perù, Repubblica di Macedonia del Nord, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Sudan, Tunisia, Ucraina. Questi Paesi godono già di un qualche tipo di accordo con l’Italia ed in cambio promettono collaborazione nel contrastare i flussi irregolari. E per quei Paesi che non promettono niente del genere? All’appello mancano afghani, iraniani, siriani, ma anche banalmente ecuadoriani, cinesi, turchi e molti altri.

La cancellazione della protezione speciale

Infine, sebbene l’annunciata regolamentazione triennale degli ingressi regolari si preannuncia come l’ennesimo flop, il c.d. Decreto Cutro contiene un’importante novità di cui poco si dibatte che è la cancellazione della protezione speciale rivolta agli stranieri più vulnerabili a salvaguardia della vita privata e familiare e fino a pochi giorni fa ha premiato il grado di inserimento sociale e lavorativo dello straniero.

Questo articolo del Testo Unico (l’abrogato articolo 19, 1.1 D.lgs. 286/98), introdotto nel 2020 con il Decreto Lamorgese (Decreto sicurezza n. 130/2020) aveva colmato in parte il vuoto lasciato nel 2018 dalla cancellazione per mano di Salvini del permesso per motivi umanitari. Tale protezione speciale ha consentito ai tanti stranieri e straniere di poter regolarizzare la loro posizione dopo anni di presenza sul territorio o dopo aver visto rifiutata la richiesta di protezione internazionale.

Ora solo le istanze presentate entro il 13 marzo saranno prese in considerazione, le Questure non ne stanno più accettando. Questo mentre si inaspriscono le norme sulle ONG che riscattano le persone dai flutti del mare.

I progetti che valorizzano la formazione

Oltre ad auspicare una più coraggiosa riforma degli ingressi regolari, ricordiamo che alcuni strumenti sono già presenti nella normativa italiana, ma sembrano essere poco considerati benché particolarmente virtuosi. Ci si riferisce all’articolo 23 del Testo Unico sull’immigrazione, che prevede la possibilità di riservare quote di ingresso agli stranieri non comunitari residenti all’estero che abbiano completato appositi programmi di istruzione e formazione nei Paesi di origine.

Gli ultimi 10 progetti di cui si ha traccia sui siti istituzionali, anni 2019/2020, sono stati finanziati dalla Direzione Generale Immigrazione del Ministero del Lavoro in qualità di Autorità Delegata del Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (FAMI).

Sono progetti molto interessanti e anche ben realizzati perché coinvolgono le Regioni, le rappresentanze sindacali e datoriali in un’ottica di sinergia con il paese di origine dei futuri migranti.

Qui si possono vedere nel dettaglio i destinatari di tali progetti ed il numero esiguo dei lavoratori che hanno potuto accedervi. Si tratta di poche centinaia di persone sparse nel mondo e destinatarie di programmi di formazione che potranno concretizzarsi in un’assunzione solo se gli verrà assegnata una delle 1000 quote destinate a questa categoria di stranieri per quest’anno.

La lotteria del click day del Decreto flussi non è una risposta

Forse, oltre agli annunci, dovremmo implementare questo tipo di progetti su cui abbiamo investito risorse dell’Unione Europea perché da un lato offrono una concreta opportunità di formare gli stranieri “a casa loro”, dall’altro consentono di avere qualche chance in più per coronare il sogno di vincere la lotteria del click day.

Bene le semplificazioni procedurali e la riduzione dei termini della procedura dei flussi, ma è evidente che non si risponde così al fenomeno dell’immigrazione irregolare che tanto anima l’opinione pubblica di questi giorni. Di fronte allo sdegno di buona parte degli italiani che hanno ancora le immagini della morte di quei bambini nel nostro mare, il Governo stralcia la protezione speciale che salvaguarda i diritti dei più vulnerabili.