Hanno 16 o 17 anni, vengono da diverse parti del mondo. La legge Zampa li considera soggetti fragili da accogliere e integrare. All’arrivo vengono collocati in comunità dedicate e presi in carico dai servizi sociali. Successivamente, per alcuni di loro viene nominato un tutore volontario che, pur non essendo un genitore né adottivo né affidatario, ha la responsabilità legale. Oggi i tutori hanno deciso di associarsi per gestire insieme problematiche comuni e raccontare il lavoro che svolgono.
Lo scoppio della guerra in Ucraina, avvenuto lo scorso 24 febbraio, ha posto i riflettori sul problema dei minori stranieri non accompagnati e sull’importanza dei tutori volontari, una figura poco conosciuta dai non addetti ai lavori. Ne abbiamo parlato con Chiara Baratti, presidente associazione Tutori Lombardia, e Angelica Valsecchi, membro del direttivo e operativa sulle province di Bergamo, Cremona e Mantova.
Chi sono oggi i minori stranieri non accompagnati? Come arrivano in Italia e da dove?
Chiara Baratti: «Un minore straniero non accompagnato è un ragazzo che non ha ancora 18 anni e che lascia il suo Paese senza famiglia. Arrivano generalmente da Lampedusa o dalla rotta balcanica, dopo aver fatto viaggi molto lunghi. Alcuni attraversano l’Africa, altri arrivano dal Bangladesh, dall’Afghanistan o dal Pakistan, altri ancora vengono dall’Albania o dal Kosovo. Hanno un’età che va, in media, dai 16 anni ai 17 e mezzo, a volte sono appena in tempo per entrare come minori. Questo avviene perché la legislazione europea e quella italiana in particolare (Legge Zampa n. 47/2017) considera i minorenni come assolutamente da non espellere, cosa che potrebbe invece accadere a chi ha già raggiunto la maggiore età».
Arrivando così giovani hanno un grande vantaggio, ossia la possibilità di formarsi anche come cittadini e lavoratori. Questo è il motivo per cui secondo noi dell’associazione è importantissimo accoglierli e facilitarne l’inserimento nel tessuto sociale e produttivo, cosa che sarebbe molto più difficile con immigrati adulti che devono subito andare a lavorare
Nello specifico quali sono i compiti di un tutore?
Angelica Valsecchi: «Non è facile dare una risposta univoca a questa domanda. Il tutore non è l’unico ad occuparsi del minore, ma deve coordinarsi con gli educatori della comunità ospitante e i servizi sociali. Insieme formano una rete attorno al minore che ha l’obiettivo di tutelarne il supremo interesse. La figura del tutore inizialmente non è stata benvista né dalle comunità né dagli assistenti sociali, perché lo consideravano una sorta di detective che doveva controllare come svolgevano il loro lavoro».
Le cose sono cambiate col tempo?
A.V.: «Oggi si sa che è un valore aggiunto, che può dare un importante contributo nell’accompagnamento del ragazzo nel suo percorso di integrazione, fino alla maggiore età. Le mansioni che un tutore si trova a svolgere variano in base ai territori e all’organizzazione delle comunità».
Di solito si pensa che sia il tutore a doversi occupare della richiesta dei documenti e del permesso di soggiorno. Invece a volte lo fanno le comunità stesse, dato che hanno un’esperienza consolidata in questo tipo di operazioni e sono in grado di velocizzarne le pratiche. Restano in capo al tutore altre responsabilità nei confronti del minore, come preoccuparsi del percorso scolastico che segue, verificare che si sia attivato il medico di base e gestire una serie di altre incombenze che regolano la sua vita all’interno della struttura
Tutti compiti pratici.
A.V.: «Poi c’è l’aspetto relazionale, che è da costruire gradualmente, anche dal momento che il minore a volte fa fatica a capire chi è il tutore volontario. Questo accade perché spesso noi veniamo nominati quando il ragazzo è all’interno della comunità già da alcuni mesi: magari si è creato un rapporto di fiducia prima con l’educatore di riferimento, poi con l’assistente sociale e noi arriviamo per ultimi».
L’Ucraina è un paese con un’altissima percentuale di orfani. Questo sembra aver gettato nel panico il Tribunale dei Minori che deve nominare molti tutori per i ragazzi ucraini che arrivano come profughi. Come si sta gestendo l’emergenza?
C. B.: «Il problema è che non si hanno notizie di prima mano. Si leggono informazioni che, a seconda dei giornali su cui sono scritte, pendono politicamente dall’una o dall’altra parte. Una cosa è certa: i tutori volontari, inseriti nell’albo con la legge del 2017 e formati a partire dal 2018, non sarebbero sufficienti a far fronte agli arrivi dall’Ucraina. Perciò sono stati nominati gli avvocati, che non sono tutori, ma hanno la possibilità di fare le pratiche legali. Dopodiché come stiano veramente le cose io non lo so e non penso nemmeno che sia il caso di parlare degli ucraini più di tanto».
In che senso?
C. B.: «Quello che è accaduto, ed è sicuramente positivo, è che l’arrivo degli ucraini ha sollevato il problema dei minori stranieri e della necessità di avere più tutori volontari. Finalmente si comincia a parlare di questa fascia di immigrazione, che già oggi è importante e in futuro tenderà a crescere perché aumenterà la fame nel mondo».
L’Ucraina e la Russia, infatti, erano i maggiori produttori di grano e di fertilizzanti. La loro uscita dal mercato comporterà quindi problemi economici e di accesso alle risorse ad alcuni Paesi, come quelli del Magreb. La situazione sembra sia destinata a peggiorare rapidamente e l’arrivo di minori stranieri potrebbe aumentare, quindi ci dobbiamo attrezzare
«Per fortuna in Lombardia i corsi di formazione per i nuovi tutori, che nell’ultimo anno e mezzo erano stati bloccati, dovrebbero ripartire, speriamo a breve, grazie a un nuovo bando del Garante regionale».
Per quanto riguarda gli immigrati adulti abbiamo già sentito discorsi un po’ razzisti che parlavano di profughi veri e finti. C’è il pericolo che questa discriminazione si abbatta anche sui minori?
A.V.: «Sicuramente il rischio c’è. Già dalle prime battute si è parlato di minori stranieri non accompagnati con percorsi diversi. In ogni caso concordo con Chiara, dato che il conflitto ha di fatto posto i riflettori sul fenomeno Msna e tutori volontari: vogliamo sfruttare al massimo questa situazione per far conoscere meglio il nostro lavoro e spiegarne l’importanza. Sperando che nessuno pensi di poter diventare tutore volontario solo di minori cristiani e con la pelle bianca».