Succedeva una settimana fa ad Atlanta, negli Stati Uniti. Un uomo armato faceva irruzione in tre sale massaggi, sparando a nove persone, uccidendone otto. Sei di loro erano donne di origine asiatica.

Non si è trattato di un caso: l’uomo accusato dell’assalto, 21 anni, era mosso da odio razziale – o meglio da una sua “variante” tutta speciale, rivolta alle donne di origine asiatica, che fonde violenza, razzismo, sessualizzazione e discriminazione. Lo si è capito a pochi minuti dai fatti, quando il capitano della contea di Cherokee, Jay Baker (subito silurato), se n’è uscito con dichiarazioni che avrebbero voluto giustificare l’attentatore:

Apparentemente ha un problema, qualcosa che considera come una dipendenza dal sesso, e quando vede questi luoghi [cioè i centri massaggi] per lui è una tentazione – una tentazione che voleva eliminare

Stop Asian Hate?

Così, mentre centinaia di donne scendevano in piazza a protestare al grido di #StopAsianHate, diverse associazioni univano i puntini e davano un nome a quanto stava accadendo: «La gente a volte sembra pensare che trattare le donne asiatiche come oggetti sessuali esotici sia in qualche modo un complimento per noi, mentre in realtà è qualcosa che semplicemente contribuisce alla violenza contro di noi», ha spiegato senza tanti giri di parole la professoressa Audrey Yap, della Victoria University, a Buzzfeed.

Intendiamoci. Quella della dipendenza da sesso è la dichiarazione sovrana che segue molti crimini che hanno per oggetto le donne, Harvey Weinstein docet. Ma in questo caso, che una forma ben radicata di razzismo fosse in via di esplosione, era ben chiaro: lo mostrano i dati del prestigioso Pew Research Center, secondo il quale negli Usa sarebbe in corso un’ondata di discriminazioni anti-asiatiche, tanto che circa tre asiatici-americani su dieci (quota superiore a qualsiasi altro gruppo o minoranza intervistata dal centro ricerche) hanno riferito di essere stati oggetto di insulti o battute a causa della loro razza o etnia dall’inizio dell’epidemia di Coronavirus. Un’associazione che da marzo 2020 sta tracciando il fenomeno, Stop AAPI Hate, da sola ha registrato 3.800 episodi di odio contro sino-americani, altri asiatici-americani e soggetti che hanno tratti assimilabili, ad esempio alcuni abitanti delle isole del Pacifico. Secondo AAPI, in particolare, il numero sarebbe fortemente sottostimato, perché spesso classificato dalle autorità come reato sessuale, invece che razziale. Le due cose, però, vanno di pari passo, ripete l’associazione, ricordando che il 70 per cento degli incidenti segnalati hanno per oggetto delle donne.

Non è solamente un’associazione di categoria a spiegarlo: anche Virulent Hate, progetto gestito dall’Università del Michigan, nelle sue analisi sul razzismo ai danni degli asiatici-americani durante la pandemia, riporta di una stretta combinazione tra molestie o e discriminazioni e linguaggio sessista e misogino. Lo conosciamo tutti, questo stereotipo

La sessualizzazione del razzismo

I ricercatori suggeriscono numerosi stereotipi dannosi nei confronti delle donne asiatico-americane, che descrivono come minute, mansuete e sottomesse – da lì all’ipersessualizzazione, il passo è breve. A maggior ragione se il feticcio culturale, ha ricordato al Los Angeles Times la professoressa Kyeyoung Park dell’università UCLA, ha trovano terreno fertile, nella storia statunitense, grazie a industrie del sesso fiorite attorno alle basi dell’esercito nelle Filippine, in Corea, Tailandia e Vietnam.

La questione ci riguarda, eccome. Oggi a fomentare l’odio e lo stereotipo sono politici e istituzioni, veicolando accuse di un “Coronavirus cinese”. Non parliamo di una censura, né di una giusta e valida preoccupazione sulla gestione del virus da parte di Pechino, e della scarsa trasparenza che ha portato alla sua diffusione – ma questo, ricorda la presidente del movimento Time’s Up Now, Tina Tchen al NYTimes, va fatto evitando di creare un facile capro espiatorio, o una profilazione sessuale e razziale:

Gli americani asiatici hanno affrontato minacce e molestie crescenti quest’anno, poiché l’ex presidente Donald Trump e altri legislatori repubblicani hanno collegato il Coronavirus alla comunità asiatica

E qui il rischio, ovvero che il movimento #StopAsianHate, a differenza di #BlackLivesMatter, finisca in una bolla mediatica di sapone, minimizzata e vittima del secondo stereotipo che colpisce le donne di origini asiatica: quello di “minoranza modello”. Operosa, di successo, dedita allo studio, benestante. Suona familiare? «È estenuante, ci dicono le donne asiatiche americane, convincere il Paese che anche loro possono essere bersagli» ammette Tchen. Se questo è vero – e sappiamo che lo è – anche in Italia, forse è tempo non solo di scoperchiare il vaso di Pandora e controllare che resti aperto.

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