Il nuovo Decreto flussi 2021 è stato finalmente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Firmato dal Presidente Draghi prima di Natale, se n’è data notizia tra i vari bollettini Covid ed il battage sulle prossime elezioni del Presidente della Repubblica. La determinazione annuale dei flussi di ingresso è lo strumento che molti governi europei, tra cui l’Italia, utilizzano per autorizzare l’ingresso di un certo numero di stranieri per motivi di lavoro nei loro Paesi. Tra pochi giorni, quindi, partirà il click day: le vere e proprie assunzioni riguarderanno solo gli stranieri provenienti da determinati Paesi. Inoltre le aziende italiane, che presenteranno le richieste, potranno impiegarli soltanto nei settori di trasporto, edilizia e turistico-alberghiero.
Con il nuovo Decreto flussi potranno invece richiedere la conversione dei permessi di soggiorno i cittadini stranieri già residenti in Italia ed in possesso di un permesso per studio, per tirocinio formativo o per lavoro stagionale, pronti ad entrare nel mercato del lavoro. Per queste persone sarà quindi possibile proporre istanza di conversione del permesso, già in loro possesso, in un titolo per lavoro subordinato o autonomo.
In questo caso, le quote disponibili, seppur limitate, non svaniscono in pochi secondi come nel caso delle assunzioni, ma è bene tenersi pronti per non trovarsi ad attendere tempi biblici per essere convocati
Le domande potranno essere inoltrate in via telematica a partire dal prossimo 27 gennaio fino al 17 marzo 2022 e solo con le credenziali SPID.
Senza dilungarci in un’analisi tecnica del provvedimento e nei dettagli della procedura (per approfondimenti vi rimando ai siti ministeriali e di ISMU), vorrei condividere con voi alcune riflessioni.
Da più di quindici anni faccio la consulente legale di diritto dell’immigrazione in Italia, dopo aver lavorato a Barcellona, dove mi sono formata e ho fatto esperienza sul campo come avvocatessa degli stranieri. Lì le cose erano diverse: il governo spagnolo stabiliva sì le quote annuali per l’ingresso dei lavoratori stranieri, ma le aziende potevano presentare la richiesta durante tutto il corso dell’anno senza l’imbuto del click day.
Il lavoro nel terzo settore per oltre dieci anni a Milano, in uno sportello di frontiera e all’interno di progetti rivolti alla popolazione migrante, mi hanno fatto comprendere più a fondo le dinamiche migratorie che avevo studiato sui libri e mi hanno fatto capire come il diritto degli stranieri sia complesso ma, allo stesso tempo, vivo e necessariamente in trasformazione
In Italia il Decreto flussi è regolamentato dal Testo Unico sull’immigrazione del 1998 e negli anni non vi sono sostanziali mutamenti nella sua disciplina. Invece di essere emanato annualmente e, possibilmente, ad inizio anno, è più volte successo che se ne ritardasse la pubblicazione o che non venissero previste alcune delle quote (soprattutto quelle delle assunzioni tout court).
Ogni volta che la stampa annuncia l’imminente uscita del Decreto flussi i diretti interessati vanno in fibrillazione, datori di lavoro o lavoratori che siano.
È risaputo infatti che se la domanda di assunzione non viene inviata all’ora esatta del giorno stabilito, la stessa finisce nel dimenticatoio. Da quando poi è stata introdotta la modalità di invio telematico, le quote vengono esaurite, su tutto il territorio nazionale, in pochi millesimi di secondo
Il Decreto flussi crea false aspettative
I flussi sono particolarmente attesi dalle comunità migranti che, con grandi sforzi, sperano di far assumere in Italia i figli maggiorenni, i fratelli, le sorelle, i nipoti rimasti nel Paese di origine senza prospettive di lavoro. Inoltre, fino al 2011 le quote del Decreto flussi comprendevano ogni tipo di attività lavorativa, rappresentando, con buona pace di tutti, una sorta di “sanatoria” periodica rivolta a coloro che già vivevano e lavoravano in nero nel Bel Paese.
Negli anni successivi, il Decreto flussi ha determinato invece soltanto le quote degli ingressi per il lavoro stagionale, le conversioni e il lavoro autonomo, creando false aspettative nei tanti che negli ultimi nove anni hanno sperato nell’arrivo di una sanatoria.
Solamente prima dell’estate 2020, dopo il terribile periodo di lockdown e a causa del diffondersi dell’emergenza sanitaria legata alla pandemia, il governo italiano ha approvato una regolarizzazione rivolta ai lavoratori stagionali dell’agricoltura (cui hanno aderito anche molti richiedenti asilo) ed ai collaboratori domestici (colf, badanti e baby sitter). Poco dopo, ad ottobre 2020, è stato emanato un Decreto flussi, praticamente identico all’attuale, ma con meno quote rispetto a quest’ultimo.
Il Decreto flussi 2021 è anacronistico
Se dunque da un lato possiamo plaudire di fronte alla previsione del governo Draghi di aprire gli ingressi a 69.700 lavoratori, dall’altro ci interroghiamo ancora una volta sulla reale efficacia di questo strumento e – da esperti del settore – ne presagiamo gli esiti e le criticità.
Ecco i punti che credo sia giusto evidenziare: i tempi di trattazione delle istanze: se è vero che il Decreto risponde all’esigenze hic et nunc di manodopera nei settori attualmente in sofferenza, va detto che le aziende che inoltreranno le richieste dovranno attendere mesi, se non anni, specialmente nelle Province più grandi, per poter ricevere la documentazione idonea ad autorizzare l’ingresso del lavoratore o della lavoratrice. Questi ultimi dovranno poi ritirare il visto presso la nostra Ambasciata o al Consolato nel Paese di origine, procedura piuttosto ardua nei Paesi più colpiti dalla pandemia.
Le assunzioni dei cittadini stranieri riguardano solo chi proviene da Paesi con cui l’Italia ha sottoscritto accordi di cooperazione: i 17.000 lavoratori subordinati che potranno lavorare in Italia devono avere un passaporto dei seguenti Paesi: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Herzegovina, Corea del Sud, Costa d’Avorio, Egitto, El Salvador, Etiopia, Filippine, Gambia, Ghana, Giappone, Guatemala, India, Kosovo, Mali, Marocco, Mauritius, Moldova, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Repubblica di Macedonia del Nord, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Sudan, Tunisia, Ucraina. Il provvedimento autorizzerà, per l’anno 2022, l’ingresso di soli 500 imprenditori, investitori, artisti, startupper e liberi professionisti provenienti dall’estero.
Da quando abbiamo fondato lo Studio Incipit a Milano, riceviamo moltissime richieste di assistenza in questo specifico settore dell’immigrazione e seguiamo con passione i talenti provenienti da tutto il mondo che vogliono vivere e lavorare in Italia. Non posso allora non lanciare un accorato appello ai tecnici e ai politici che determinano le quote in accordo con le altre parti sociali, affinché provino a sperimentare soluzioni più innovative, snelle ed efficaci
È infatti necessario accendere i riflettori proprio su questo canale di ingresso, che dovrebbe invogliare e favorire i profili più dinamici dell’immigrazione verso l’Italia. In questi anni abbiamo visto crescere enormemente l’interesse di cittadini stranieri che vogliono investire, non solo economicamente ma anche professionalmente, in Italia. Nell’assisterli, proviamo a dare forma ai loro sogni, ai progetti e alle ragionevoli aspettative di successo, sapendo che i loro incartamenti potrebbero finire tra le pieghe burocratiche di qualche funzionario del Ministero degli Esteri, spesso ostile e pieno di pregiudizi, o a volte addirittura impreparato al disbrigo della pratica.
Le migrazioni sono una ricchezza, non mera manovalanza
La regolamentazione di questi ingressi vanta, purtroppo, scarso utilizzo, poca giurisprudenza nel merito e ancor meno circolari interpretative che specifichino con esattezza quali siano i requisiti effettivamente da presentare, lasciando così alla discrezionalità del singolo funzionario le valutazione del caso. Inoltre, molti altri Paesi europei hanno già formulato soluzioni più accattivanti per attrarre cervelli e investitori in Italia e ci stanno battendo sul tempo (basti pensare ai talent visa di Regno Unito, Spagna, Francia, Stati Uniti, Australia, Canada, eccetera).
Consapevoli che gli uffici amministrativi soffrono, oggi più che mai, di un deficit di personale, nonché di un’enorme mole di arretrato, non possiamo che auspicare che il prossimo Decreto flussi (che potrebbe essere approvato in corso d’opera per “aggiustare” l’attuale) tenga in considerazione fattori diversi e più vicini alle esigenze della comunità, non solo nazionale, ma anche internazionale. E magari, perché no, provi a sperimentare soluzioni nuove, e non vecchie di 30 anni, per ripensare il fenomeno migratorio in un’ottica di ricchezza diffusa e non di mera manovalanza.
Irene Pavlidi vive e lavora a Milano dove, nel 2014, ha co-fondato lo Studio multidisciplinare Incipit, dove le competenze giuridiche si intrecciano con la professionalità di psicologi e psicoterapeuti e si sperimentano nuovi approcci all’assistenza delle persone. Si occupa prevalentemente di consulenza, formazione e progetti di ricerca sulle tematiche dell’immigrazione. È vicepresidente della Cooperativa Sociale Amelinc Onlus, responsabile dello Sportello stranieri della Confederazione Nazionale delle Piccole e Medie Imprese di Milano Cna world (Cna Milano) e collabora con la Fondazione Ismu per la predisposizione di report e ricerche europee comparatistiche sulle migrazioni.
Per informazioni e domande sul nuovo decreto o altre necessità rispetto alle norme vigenti, potete scrivere a irene.pavlidi@studioincipit.eu