Sono nata a Santiago del Cile quarant’anni fa, ma non ho vissuto sempre in Cile. Nell’81 la mia famiglia si è trasferita in Messico, dove ho cominciato a frequentare una scuola con metodo Freinet, prima a Città del Messico e poi a Puebla. Mio padre era economista, mentre mia madre aveva studiato letteratura, insomma due intellettuali dissidenti che alla dittatura di Pinochet hanno preferito l’esilio. Quando il regime era agli sgoccioli siamo tornati nel nostro Paese ma intanto la mia educazione scolastica era formata, e anche la mia educazione alla vita: la scuola messicana era cosmopolita e molto aperta, con poche regole ma una grande apertura sul mondo. Anche quella che avrei frequentato al mio ritorno in Cile era sperimentale e open-minded ma più rigida e in definitiva credo che il mio modo di essere, la mia capacità di adattamento e il mio rapporto con il mondo si siano formati in quella scuola messicana e a quell’approccio devo probabilmente il mio rapporto con Cagliari, dove sono arrivata grazie a un workshop organizzato dall’università di quella città insieme a quella di Pavia e di Bahia: tre settimane di lavoro durante i quali mi sono innamorata del capoluogo sardo che per me rappresentava l’Europa, tanto che ho deciso di trasferirmi. La laurea in architettura mi ha permesso di entrare come socia in uno studio, lo Studio Professionisti Associati, ma nel frattempo lavoro su molti fronti. Dopo aver fatto il dottorato qui a Cagliari mi sono cimentata in un’altra mia grande passione sin da quando ero ragazzina e cioè l’arte. Intendo arte nella sua accezione più ampia, e cioè tutto quello che ha a che fare con questa disciplina, a partire dalla fotografia, a cui mi dedico da quando, a 15 anni, aprii un laboratorio in cui passavo ore a stampare le foto che avevo scattato in giro per Santiago.

Ultimamente mi dedico molto al disegno tessile, e credo che questo settore sia quello in cui mi esprimo con più passione, anche se le forme d’arte sono tutte legate. Dipingo ceramiche, ma soprattutto realizzo disegni per tappeti tradizionali sardi con uno sguardo contemporaneo. Con quei disegni ho vinto concorsi importanti: il primo con un disegno per un tappeto che si chiama Pecore a pascolo e un altro, in Germania, insieme al laboratorio tessile di Mariantonia Urru, con una installazione basata sui miei disegni e realizza per la reception di un albergo.                                                                                                                               

Se mi sembra strano vincere premi sulla tradizione di un luogo che non è il mio?

Per niente, non vedo il problema. Sono una progettista e posso applicare i miei progetti a qualunque luogo del mondo: qualunque processo e progetto lo affronto con lo stesso metodo, analizzando la tradizione delle varie realtà. Tra le creazioni artistiche più importanti che ho realizzato quest’anno c’è quella realizzata con Francesca Romana Motzo, al museo MACC di Calasetta, in cui lei compone le musiche senza scrittura: una partitura grafica per un arazzo, o meglio un suo lavoro che ho interpretato per un mio arazzo. Si è trattata di una composizione di suoni con le pietre, insomma un linguaggio di vento e pietra. La mostra è andata molto bene, e il giorno dopo sono partita per una residenza d’artista nell’ambito di Progetto Borca, vicino a Cortina d’Ampezzo, dove ho passato un mese durante il quale ho realizzato dei lavori che adesso sono lì, all’interno di un edificio che era un’ex colonia. Il lavoro più recente è quello per cui mi ha chiamato la regista Giuditta Sireus che, in collaborazione con Chiara Manca e l’archivio Maria Lai (la famosa artista sarda), mi ha chiesto di collaborare in qualità di designer tessile. Il mio contributo è riprodurre in disegni tecnici le facciate del monumento Andando via di Lai. Il progetto generale è uno spettacolo teatrale di cui le tessiture sono itinerari turistici e documentari su quell’arte e la Sardegna. Per realizzare la mia parte occorre che i disegni di Lai diventino arazzi, ciascuno dei quali sarà tessuto da un laboratorio diverso dell’isola. Visto che i disegni sono simili, sarà interessante vedere la differenza a seconda della lavorazione. Abbiamo fatto i sopralluoghi per adattare i disegni ai telai e alle tecniche di tessitura. Un lavoro che mi appassiona molto.

Se a Cagliari mi sono mai sentita straniera ? 

A Cagliari non mi sono mai sentita una straniera, ma neanche mi sono mai posta il problema. Se ho avuto qualche insofferenza non c’entra  la città in cui vivo e col fatto che non sia quella in cui sono nata, semmai è questione di carattere. Sono sempre alla ricerca di qualcosa e non mi sento mai completamente a casa in nessun luogo. Ammetto che qualche volta mi mancano le dimensioni di Santiago, la vitalità, il ritmo della megalopoli, ma d’altronde quale posto è perfetto?